PROFESSIONE SOLENNE DI SUOR CATERINA THONGNI, DI SUOR AITIHUN THONGNI E DI SUOR RISUKDASHISHA LYNGDOH
Faenza, cattedrale 26 agosto 2023.
Care sorelle e fratelli, viviamo in questa Messa prefestiva un momento importante per la nostra Chiesa, in particolare per le monache benedettine vallombrosane di santa Umiltà di Faenza. La Chiesa continua a vivere e ad essere «giovane», perché è solo Cristo perennemente giovane che rende appassionata la nostra vita, nonostante le difficoltà e le ferite dell’anima. Pietro alla domanda di Gesù ai suoi discepoli – «Ma voi chi dite che io sia?» – così risponde: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16). Ovvero: Tu sei Colui che fa viva la mia vita, il miracolo che la fa potente, inesauribile, felice. È grazie alla forza attrattiva del Signore e all’incontro con Lui che sorgono ancora nuove vocazioni alla vita religiosa. Questa sera assisteremo, infatti, alla professione solenne di suor Caterina Thongni, di suor Aitihun Thongni, di suor Risukdashisha Lyngdoh. Una tale professione ricorda il nostro molteplice legame con Gesù Cristo, beatitudine di ogni persona. Lo sposalizio dell’essere umano, in corpo e anima, si compie con Gesù Cristo, entro quel Corpo mistico, che è la Chiesa, nella quale viviamo e siamo nutriti per il pellegrinaggio verso l’eterno Amore. Provenienti dall’India (Bengalûru), dopo la professione perpetua nell’anno scorso di altre due monache vallombrosane, suor Alfonsa e suor Giacinta, tre giovani donne emettono la loro professione perpetua. Con tale professione anelano ad un’intensa unione mistica col Signore Gesù. Intendono vivere il fuoco d’amore della comunione trinitaria, in un incessante struggersi verso di essa.
Da questa sera, suor Caterina, suor Aitihun e suor Risukdashisha, saranno membra e parte, in forma piena, con pieno diritto, della Comunità di Santa Umiltà: una donna che fu sempre attratta dall’ideale di un’unione radicale col Signore, anche dopo il suo matrimonio, giungendovi assieme alla conversione di suo marito. Le nostre giovani monache benedettine Vallombrosane con la loro vita religiosa diverranno professioniste dell’amore di Dio. Saranno dedite in maniera totale alla contemplazione della comunità trinitaria. Vivranno immerse nello spirito di preghiera, gareggiando nel servizio concreto alle sorelle e all’umanità intera. Non esiteranno a dare il loro aiuto a quanti busseranno alla porta della loro casa alla ricerca del Signore, ma anche di un pezzo di pane.
Come insegnava san Giovanni Gualberto, per loro sarà prioritario l’Amore comunitario, ossia quel vincolo di Carità che unisce, in un’intensa comunione, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. La stessa Santa Umiltà immaginava la vita delle sue figlie come un’esistenza piena di luce. Non una luce propria, bensì una luce derivante dall’intimo, abitato da Dio, contemplato ed amato. Devota di san Benedetto, pensava che la comunità delle sue monache dovesse essere una famiglia in cui non si antepone nulla all’amore di Dio. Contemplando la comunità di Dio, una comunità non chiusa in sé stessa, bensì aperta ed innestata nell’umanità e nella sua storia, grazie all’incarnazione di Gesù Cristo, le suore di santa Umiltà sono naturalmente convocate, come tutti i credenti, a contemplare e a vivere l’amore del Verbo che si fa carne ed assume l’umanità per trasfigurarla e per ricapitolarla nella pienezza divina. E così, esse amano un Dio non estraneo all’umanità. Amano e adorano Dio che si spoglia della sua ricchezza per donarla nel Figlio all’umanità povera, sedotta dal male, per renderla colma della sua vita, per dare inizio ad una «nuova creazione».
E così le monache di santa Umiltà meditano una Parola di Dio che non è nell’iperuranio, distante da questo mondo, ma è molto «vicina» a noi (cf Dt 30, 10-14). Si tratta di una Parola di Dio intima ed interiore a noi più di quanto non lo siamo noi a noi stessi. Nella creazione di Dio, prima, e poi con l’incarnazione del Verbo, tutte le cose, tutte le persone, sono create per mezzo di Cristo e in vista di Lui (cf Col 1, 15-20). Associati all’opera della nuova creazione, in forza del battesimo e del dono dello Spirito santo, christifideles laici e religiosi, siamo chiamati a far sì che in tutte le cose, in tutte le persone incontrate, in tutte le attività e le relazioni umane vissute, esista la pienezza trasfigurante dell’amore del Signore Gesù.
Care sorelle della comunità monastica benedettina vallombrosana di santa Umiltà di Faenza, la Chiesa ancora una volta vi invia per essere persone consacrate al Signore. Siate gioiose e felici di essere di Cristo, servo dei servi. Il suo amore crocifisso è per il trionfo della vita nel mondo. Pregate perché tutti possano essere uniti nella comunione della Chiesa, sposa di Cristo. Siate pietre vive su cui Cristo edifica la sua Chiesa.
+ Mario Toso