La comunicazione è diventata un problema da quando è troppa, nel senso che vi sono tanti strumenti, che normalmente sfuggono al nostro controllo e sembrano avere un grande potere.
Il problema della comunicazione non è la quantità, ma la qualità.
Comunicare significa essere in relazione e risponde alla natura sociale dell’uomo. Si può comunicare con i gesti, le immagini e le parole. La comunicazione è vita.
Attraverso la comunicazione si trasmettono eventi, emozioni, sentimenti che influiscono sugli altri e in qualche modo li cambiano; si può usare per vincolare o per favorire la libertà personale. Si comunica anche se non si vuole, e ci può essere la sorpresa di un evento o di una parola.
Imparare a governare i mezzi della comunicazione, prima che essi governino noi. Subire il contatto con lo strumento; prolungare la bocca e l’orecchio con protesi stabili; dipendere dalla notizia come da una droga: ecco il rischio della bulimia nella comunicazione.
Tutto ciò con cui entriamo in comunicazione, in qualche modo educa, nel bene e nel male. Ovviamente ci sono modi più o meno efficaci; per esempio un conto è una relazione interpersonale e un conto è una trasmissione televisiva; un conto è avere migliaia di contatti tramite un social network e un conto è avere alcuni amici veri.
Essenziale alla relazione educativa è la reciprocità, nel senso di una relazione interpersonale in cui chi educa e chi viene educato sono entrambi presi all’interno di un processo che li comprende e li costituisce. In questo senso l’ideale di umanità, di personalità compiuta che si pone come fine dell’educazione, non è uno schema o una definizione che il genitore impone al figlio o il maestro all’allievo, ma è un tendere comune che coinvolge l’educatore non meno di colui che viene educato.
La comunicazione a lunga gittata non deve farci trascurare l’importanza della relazione interpersonale, anche per educare all’uso corretto dei media.
Se il problema chiave resta quello della credibilità dell’insegnante, della sua capacità di trasmettere efficacemente la conoscenza, di sapersi immedesimare nelle attese e nei problemi dei suoi ragazzi, di essere profondamente attento e coinvolto nella relazione educativa, uno strumento (tra gli altri) che la scuola può mettere a disposizione degli studenti è la costruzione di una competenza comunicativa quale parte integrante del loro bagaglio culturale.
Si tratta di inserire tra i saperi previsti dai programmi della scuola dell’obbligo la media education, intesa non solo come alfabetizzazione ai linguaggi dei media, ma anche come promozione della autonomia critica e della capacità di utilizzare i media per formarsi una propria opinione sugli eventi, i problemi, i processi sociali e per poter decidere autonomamente.
Le famiglie restano però l’ambito primario della relazione educativa. Per questo occorre attrezzare le famiglie affinché siano in grado di estendere la loro funzione educativa anche a un uso positivo e critico dei media, come supporti e non antagonisti del loro compito educativo.
+ Claudio Stagni, vescovo