Il Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2016 ci sollecita a vivere un’esistenza nuova non solo mediante parole o gesti formali ma coi fatti, con la conversione del cuore. Per questo il sottotitolo del Messaggio è «Misericordia io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13). Si tratta di un Messaggio che ripropone ai credenti le opere di misericordia corporali e spirituali.
Trasformato dall’esperienza della misericordia di Dio, il popolo cristiano diventa capace, a sua volta, di misericordia. L’accoglienza della misericordia vivente, che è Cristo, ci rende più simili a Dio, persone abitate dagli stessi sentimenti e dallo stesso Spirito di Gesù, che noi riusciamo a manifestare nei confronti dei nostri fratelli e sorelle in umanità e nella fede. Il Messaggio ci invita, in particolare, a non separare le opere corporali da quelle spirituali e viceversa. «Se mediante quelle corporali tocchiamo la carne del Cristo nei fratelli e sorelle, bisognosi di essere nutriti, vestiti, alloggiati, visitati, quelle spirituali – consigliare, insegnare, perdonare, ammonire, pregare – toccano più direttamente il nostro essere peccatori».
La misericordia va vissuta, pertanto, a trecentosessanta gradi, come la giustizia più grande. Non può essere rinserrata solo nelle opere caritative e di assistenza. Tocca tutte le dimensioni della vita. Va vissuta, come spiegato anche nella Lettera pastorale di quest’anno, in tutti i luoghi dell’esistenza, non esclusa la famiglia, ma anche nel lavoro, nella finanza, nell’economia, nella politica, nei mezzi di comunicazione sociale, nei rapporti con il creato, nella cultura, nella scuola, nell’impegno della cura della salute.
Non dimentichiamo il digiuno quaresimale, per meglio vivere la misericordia. Pratichiamo l’astinenza dal cibo, dall’uso eccessivo della televisione e di tutti i nuovi mezzi di comunicazione. Quest’ultimi non vanno demonizzati, ma non si può ignorare che possono farci perdere il contatto con le persone reali e concrete, di distoglierci dalla preghiera, di rinchiuderci entro un mondo surreale. Abbiamo, invece, bisogno di un incontro e di una comunicazione più profondi con le persone, con la realtà, con i problemi stessi. La superficialità, l’uniformarsi ai luoghi comuni non consentono di penetrare fin nelle giunture del tessuto sociale, dell’animo umano, della coscienza.
Non vale, allora, il digiuno dalle opere di misericordia! Non vale il digiuno dallo studio, dall’impegno di conoscere, di distinguere ciò che bene e ciò che è male! Non vale il digiuno dal vivere Cristo e dall’essere testimoni credibili e, quindi, coerenti con il Vangelo!