Introdotto nell’anno liturgico come tempo di preparazione al Natale, l’Avvento è diventato anche il tempo dell’attesa del Regno di Dio, un tempo caratterizzato dalla virtù della speranza.
A Verona il Rabbino capo ha ricordato ai convegnisti con la profezia di Zaccaria (9,12) che siamo ‘prigionieri della speranza’. Siamo costretti a sperare, non con senso di angoscia, ma con grande senso di liberazione. E la nostra speranza è in quel Bambino che ci apprestiamo ad accogliere ancora una volta nel prossimo Natale.
Vivere l’Avvento come tempo di preparazione, di purificazione e di attesa. Fare l’esperienza di avere bisogno di qualcosa, di non avere sempre tutto, di sapere che anche noi siamo attesi (forse da qualcuno che aspetta da noi un gesto o una parola); superare la pesantezza della assidua sazietà per cui finiamo per non desiderare più nulla; può essere che una qualche rinuncia possa aiutarci; ma soprattutto dobbiamo rifare il cuore puro, per vedere Dio.
L’Avvento non è però una attesa infinita di qualcosa che arriverà chissà quando; c’è una venuta quotidiana di Dio nella nostra vita, che va colta con la semplicità del piccoli, che si meravigliano di fronte a tutto. E hanno ragione loro.
Ci accompagnano in queste settimane le figure-modello dell’attesa: il profeta Isaia, San Giovanni Battista, la Vergine Maria, San Giuseppe. La Liturgia ce li presenta nelle domeniche che precedono il Natale perché ci lasciamo guidare dal loro esempio, dalla loro fede, dal loro coraggio, dalla loro pazienza. Può essere più facile aspettare quando la stessa attesa si fa presenza, presenza di Colui che stiamo cercando, presenza di Colui che sta cercando noi: chi cerca il Signore lo ha già trovato.
Con questo spirito ci incamminiamo nel tempo dell’Avvento, lasciandoci condurre dalla luce che la speranza ci fa intravedere in fondo al tunnel, dove brilla luminosa la stella di Natale
Avvento: tempo di speranza
Messaggio in occasione dell'Avvento 2006
03-12-2006