VIA CRUCIS CITTADINA

Faenza, cattedrale 17 aprile 2019

Quest’anno nella Lettera pastorale, per comprendere il nostro compito di Chiesa, abbiamo fermato l’attenzione sul Verbo che si fa carne. Durante la via Crucis cittadina abbiamo pregato Gesù che entra nella morte per amore nostro. Con la sua incarnazione assume tutto dell’uomo, anche il momento finale della nostra esistenza terrena. Il Verbo fattosi carne entra nella morte per essere come noi, con noi, per amore nostro. Per aiutarci a passare il tunnel buio della morte, per aiutarci a superarla, prendendoci entro il vortice della sua risurrezione e renderci partecipi della sua pienezza di Vita.

La croce di Gesù Cristo è per noi credenti un segno: non solo di morte, ma soprattutto di vita, di vittoria del bene sul male, della risurrezione sulla morte. È segno della lotta di Gesù contro ciò che ci distrugge, nonché segno della sua lotta per costruire una nuova umanità, che vive in comunione con Dio.

Abbracciando la croce, portandola, cadendo più volte sotto il suo peso, venendo crocifisso su di essa, morendo ed emettendo il suo Spirito, Cristo conclude il suo combattimento. Si tratta di un combattimento particolare, bifronte, avente due facce. Infatti, Gesù mediante un tale combattimento, da una parte si oppone al Maligno, principe del male, e al peccato sino a morire, (cf FRANCESCO, Gaudete et exsultate [=GE], n. 159) dall’altra ci insegna la via per essere persone nuove, che crescono ad immagine del Figlio di Dio e sono protagoniste di una nuova creazione. Gesù lotta con tutte le sue forze, sino a morire, per consentire a noi di essere più vivi e più umani: di essere uomini e donne capaci di rifiutare la violenza, di perdonare, di costruire ponti tra i popoli; di essere una moltitudine di testimoni della verità, umanità che risponde finalmente all’amore di Dio Padre. Morendo con le braccia spalancate egli è il nuovo Sacerdote, la nuova umanità che si offre al Padre non con sacrifici di animali, ma offrendo se stessa. Il Padre non desidera il sangue di agnelli o di altri animali bensì noi, il nostro amore di figli, di figlie.

Gesù sulla croce ci mostra, dunque, uno stato permanente della vita cristiana, quello del combattimento contro il male, il peccato, l’ingiustizia, la divisione e, nello stesso tempo, quello del combattimento o della lotta per il bene, per la costruzione di una umanità fraterna, conviviale, pacifica. La vita di Gesù si manifesta a noi come un combattimento contro (non contro le persone bensì contro il disordine morale e civile) e, nello stesso tempo, un combattimento per, positivo, ossia in ordine alla trasfigurazione dell’esistenza, mediante una vita per il Padre. Partecipando al combattimento spirituale di Cristo, vivendo i misteri della sua vita, ossia unendoci alla sua morte e risurrezione in modo unico e personale, morendo e risorgendo continuamente con Lui, diventiamo gente santa, popolo di sua conquista, comunità audace ed appassionata del bene. Mentre respingiamo le frecce infuocate del maligno (cf Ef 6,16), siamo sollecitati a intensificare il combattimento positivo di Cristo e a riprodurre in noi i diversi aspetti della sua vita: vita di preghiera, vita comunitaria in Dio Trinità, vicina agli ultimi, povera, vita secondo le beatitudini (che implica un andare controcorrente), vita di parresia, di fermezza nel dono.

L’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo imprime un dinamismo di trasfigurazione alla storia, di divinizzazione della nostra umanità. Il disegno del Padre ha questo obiettivo: che Cristo viva in noi e noi in Lui (cf GE n. 21). Meglio: che Cristo ami in noi e noi amiamo in Lui, come Lui, nella nostra esistenza quotidiana: mentre lavoriamo, curiamo gli anziani, gli ammalati, visitiamo le persone sole, viviamo la nostra vocazione di evangelizzatori, di persone consacrate, dedite alla costruzione dell’edificio spirituale che è la Chiesa, alla costruzione di una società fraterna, giusta e pacifica. La meditazione sulla passione del Figlio incarnato ci fa capire che la misura della nostra santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito santo, modelliamo la nostra vita di servizio (nei vari ambiti) sulla vita del Signore. Più siamo vivi in Cristo che muore e risorge, e più redimiamo e trasfiguriamo la nostra vita, nelle sue varie modalità esistenziali. Più siamo di Cristo che muore e risorge più siamo fermento di Dio nella famiglia, nella comunità cristiana e in quella civile e politica.

Con la croce, eretta sul Golgota, l’amore di Cristo è piantato in terra, nell’umanità. È così si instaura una grande lotta cosmica tra il bene e il male. Come canta l’inno dell’esaltazione della Croce: «Le potenze sotterranee, avversarie della croce, tremano di fronte a quel segno». Esso è vessillo di vittoria, di sviluppo pieno, di sconfitta del male e di ogni corruzione spirituale (cf EG nn. 164-165).

L’amore redentore di Cristo, accolto in noi, susciti nelle nostre vite e nelle nostre contrade rinnovamento nello spirito. Frantumi le paure, le solitudini dei nostri anziani. Aiuti a risanare le nostre famiglie spesso divise dall’indifferenza. Concorra a migliorare la nostra civiltà imperniandola sull’asse della libertà responsabile e non tanto dei diritti individuali, semmai sull’asse dei diritti connessi a rispettivi doveri. La sua crocifissione ci faccia capire che sul Calvario «Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non protegge dalla morte, ma nella morte. Non libera dalla croce, ma nella croce» (Bonhoeffer). Dalla contemplazione del volto del Dio crocifisso continui a derivare la vitalità del nostro cristianesimo, la vera civilizzazione, la generatività della nostra presenza. Il Dio che lava i piedi ai suoi discepoli e non gli basta; il Dio che dà da mangiare il suo corpo; il Dio che pende dalla croce nudo e disonorato, ed è protagonista della più grande storia d’amore del mondo, chiama noi suoi discepoli ad andare controcorrente, produce sommovimenti morali e spirituali per saziare la sete e la fame di giustizia di credenti e non credenti.

Grazie, Signore Gesù!

+ Mario Toso
vescovo