Comprendere le cause che portano alla povertà del nostro territorio ed essere più consapevoli su come intervenire. A distanza di due anni dall’inizio della pandemia, il contesto sociale del territorio faentino è ancora molto fragile, come testimonia il Rapporto Povertà e Risorse della Caritas diocesana inerente al 2021. I numeri delle persone che hanno richiesto servizi alla Caritas sono in calo rispetto ai momenti più complessi della pandemia, ma se confrontati con il periodo precedente al Covid, sono più alti come numero di accessi. Nel 2021 in 1.500 persone hanno chiesto aiuto alla Caritas tramite i diversi servizi che offre (dalla mensa del Centro di Ascolto, all’accoglienza notturna a San Domenico fino al supporto delle Caritas parrocchiali). Nel 2016 sono stati dati 4.500 pasti, nel 2019 erano 6.505, nel 2021 si è arrivati a 9mila (30 al giorno), un numero inferiore rispetto al 2020, ma ancora molto elevato rispetto al periodo pre-Covid. Sono stati 3.003 gli accessi al dormitorio maschile, 586 all’accoglienza femminile. Dagli scenari illustrati emerge un contesto che presenta ancora forti criticità.
Non solo stranieri. A chiedere aiuto anche tanti italiani, e 1 su 4 ha anche un lavoro
Il Rapporto è stato presentato il 30 settembre scorso alla sala Fellini di Faenza. L’incontro è stato aperto dal vescovo monsignor Mario Toso. «Dopo aver letto il Rapporto in me si è confermata una convinzione, che è condivisa dagli operatori della Caritas – ha detto il vescovo – e cioè che nella Diocesi di Faenza-Modigliana esiste per davvero un grande tesoro in umanità e in grazia». Il titolo del Rapporto 2021 è La relazione, chiave di volta del costruire. «La relazione è sempre centrale – spiega Maria Chiara Lama, responsabile dell’Osservatorio Caritas -. Noi stessi, come uomini, realizziamo la nostra identità solo in un rapporto con gli altri e con il creato. La sensazione comune a più volontari è che, mentre il mondo si stravolge, noi ritroviamo la nostra essenza solo confrontandoci con l’altro. Quindi Caritas diventa luogo e momento di relazioni che nutre soprattutto l’anima». Non è raro, spiegano gli operatori, che alcune persone sole cerchino la Caritas per avere prima di tutto un contatto umano, oltre che supporto materiale.
Cresce anche il ruolo delle 25 Caritas parrocchiali che, grazie alla loro prossimità al territorio, possono creare più facilmente un rapporto diretto e continuativo con le persone più ai margini. A queste realtà si sono rivolte 990 persone. Il 35% sono italiani, la nazione più rappresentata, a seguire Marocco, Albania, Nigeria e Senegal. L’età media è 48 anni. Il 65% sono donne, il 68% vive in famiglia. Le persone che si sono presentate invece al Centro di Ascolto diocesano di via D’Azzo Ubaldini, in centro a Faenza, nel 2021 sono state 485.
Accoglienza Ucraina, la Diocesi ha ospitato 140 profughi
Quattro i temi principali del Rapporto che vi avevamo anticipato sullo scorso numero de il Piccolo: Alloggi, Lavoro, Accoglienza Ucraina e Giovani. Sul lavoro, il Rapporto evidenzia come si può essere poveri anche se si sta lavorando. Una persona su quattro ha un lavoro che non è sufficiente al bilancio familiare, senza considerare le situazioni di lavoro grigio. A ottobre 2021 erano 390 persone nella Romagna faentina a ricevere il reddito di cittadinanza (280 a Faenza, 36 a Brisighella, 13 a Solarolo) e solo cinque persone sono poi risultate non idonee. «Per quanto riguarda l’accoglienza Ucraina – spiega don Marco Ferrini, direttore Caritas- a Faenza sono state ospitate circa 300 persone in tutto, numeri più contenuti, fortunatamente, rispetto a quelli preannunciati. La nostra Diocesi ha aperto le braccia a queste persone e ne ha accolte 140. Oggi sono presenti ancora 72 persone, e ci si è attivati per trovare una prima occupazione a una trentina di loro, mentre 37 minori sono stati accolti nelle scuole. Le accoglienze più numerose sono presso il monastero di Santa Chiara, che è arrivato a ospitare fino a 29 persone, ad oggi 25, e Villa Bersana, che a oggi ospita 21 persone. Anche le accoglienze parrocchiali sono state fondamentali per fronteggiare l’emergenza».
Samuele Marchi