Faenza, cattedrale 17 ottobre 2021.
Cari fratelli e sorelle,
ci troviamo in un momento in cui la Chiesa, sia universale sia locale, desidera celebrare il suo essere più intimo e profondo, ossia il suo essere comunione, partecipazione, missione, il suo camminare insieme o, meglio, il suo essere sinodale. La Chiesa universale ha già iniziato a Roma il Sinodo (2021-2023). Noi, invece, come Chiesa locale, iniziamo oggi un cammino sinodale che si protrarrà per quattro anni (2021-2025). E, dunque, come Chiesa locale, Chiesa della Diocesi Faenza-Modigliana, ci troviamo qui ad intensificare il nostro essere comunione, partecipazione e missione, tre parole chiave per il cammino pastorale. Non si punta subito a celebrare un Sinodo, bensì ad acquisire uno stile sinodale permanente nelle nostre Diocesi, che probabilmente culminerà in un Giubileo o in un Sinodo (2025). In un tempo di pandemia e di successiva rinascita, occorre mettersi in ascolto della vita personale e comunitaria per intercettare nuove domande e tentare nuovi linguaggi, al fine di accompagnare la rigenerazione, di rafforzare quanto di buono e di bello si è fatto. Si tratta, soprattutto, di riaccendere la passione missionaria e pastorale, di rinnovare lo spirito e l’agire ecclesiali, mediante un costante discernimento comunitario cristiano e la preghiera allo Spirito santo, per raggiungere tutti, anche i lontani.
Siamo, dunque, chiamati al risveglio della nostra coscienza missionaria e, prima, della nostra coscienza comunitaria e trinitaria.
Sappiamo che non da oggi è iniziato il nostro essere comunione, partecipazione e missione. Noi siamo in comunione, partecipi e missionari, siamo cammino sinodale da quando la Chiesa è stata istituita da Gesù Cristo e da quando abbiamo incominciato a farvi parte concretamente con il battesimo e la confermazione. Ma dove, più precisamente, incrementiamo e rigeneriamo incessantemente il nostro essere comunione, partecipazione, missione? Nella celebrazione dell’Eucaristia. Per questo oggi, mentre intraprendiamo un cammino sinodale più intenso, con un passo più lesto, facciamo memoria dell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù Cristo.
Nella celebrazione eucaristica siamo convocati da Dio nella comunione dell’amore con Gesù Cristo e tra di noi. Anzi, siamo chiamati in una comunione più grande. Attraverso la comunione con Cristo e tra di noi, siamo inseriti nella vita di un «noi» infinito, quello della Trinità, comunità dell’amore e della missione per eccellenza. È dall’Eucaristia, che celebriamo ogni giorno e, in particolare, ogni domenica, che la Chiesa trae il suo essere costituita in unità, il suo essere partecipazione alla vita di Dio-Amore e il suo essere missionario. Per noi l’Eucaristia è fons et culmen: è fonte e vertice della comunione, della partecipazione, della sinodalità (del camminare insieme) e della missione. Celebrando l’Eucaristia comunichiamo col centro della Chiesa che è Cristo: incarnato, morto e risorto. Dall’unione con Lui deriva la nostra vita di comunione con Lui e con la sua missione. È così che la Chiesa, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II nella sua enciclica Redemptor hominis, accogliendo Cristo, celebrandoLo, percorre la sua stessa via di incarnazione e di redenzione dell’umanità, condivide la sua missione. In tal modo, la Chiesa intera, con tutte le sue componenti, diventa il lievito che fa fermentare il Regno dell’amore e della pace dentro la pasta del mondo, affinché Cristo sia tutto in tutti. Essa non intende dominare le coscienze e occupare gli spazi, bensì permearli e vitalizzarli con la pienezza della vita di Cristo, con il suo Spirito d’amore. Il nostro convenire liturgico di oggi, ma anche quello di domani, sino alla fine dei tempi, avviene per sostenere il nostro camminare insieme evangelizzante. Ne deriva una conseguenza importante per la nostra partecipazione nella vita di comunione e di missione. Senza il convenire eucaristico, senza la celebrazione eucaristica della gratuità di Cristo che muore e risorge per rinnovare le persone, e non per accumulare tesori e potere terreni, non si entra con entusiasmo e in maniera disinteressata nei vari organismi di partecipazione (consigli presbiterali, pastorali, per gli affari economici). Senza il convenire eucaristico, non si evangelizza camminando insieme, superando campanilismi, rivalità e divisioni. Permane il male più grave per i credenti, ossia la separazione tra fede e vita. Senza l’Eucaristia, il Sinodo diventa un parlamento, un discorso meramente umano, che somiglia di più ad una discussione comunitaria che dibatte problemi periferici rispetto all’annuncio di Cristo. La principale sollecitudine di un cammino sinodale è, invece, quella di portare Cristo a tutti, perché tutti vivano di Lui. È sempre attuale l’invito pressante di Cristo: «Andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli» (Mt 22,9).
Cari fratelli e sorelle, come soleva ripetere il teologo Yves Congar, mediante il cammino sinodale che ci attende, non bisogna fare un’altra Chiesa ma una Chiesa diversa da quella che viviamo stancamente, con un certo immobilismo e senza ardore. Una Chiesa nuova richiede, piuttosto, conversione e un discernimento guidato dallo Spirito. Anche per questo è stata costituita un’equipe ad hoc a cui seguirà la formazione di gruppi sinodali chiamati a confrontarsi su nuclei tematici individuati dalla Conferenza episcopale ed adattati alla nostra Diocesi. Non dimentichiamo che eravamo già posti entro un percorso sinodale, perseguendo la ristrutturazione e la conversione pastorale delle nostre parrocchie per renderle più missionarie, più partecipate da gruppi ministeriali di laici (cf M. TOSO, Nuova evangelizzazione: luoghi pastorali: Sussidio pastorale per l’anno 2020-2021, Faenza 2020), più capaci di catechesi, più popolate da giovani, costruttori della Chiesa e della società. Non a caso abbiamo celebrato il Sinodo dei giovani (cf DIOCESI DI FAENZA-MODIGLIANA, Collaboratori della vostra gioia. Documento post-sinodale, Faenza 2020). Il camminare insieme diventi principio e via di crescita, di educazione permanente alla fede, modalità distintiva del nostro servire nella comunità cristiana. Gesù Cristo ci sollecita a un tale stile di vita umile e generoso: «[…] il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (cf Mc 10, 35-45).
+ Mario Toso
Vescovo di Faenza-Modigliana