«Gesù che viene, non è solo il prototipo dell’umanità che, al pari dell’uomo di Samaria, si fa prossimo del fratello derubato, picchiato e abbandonato sul ciglio della strada. In forza del fatto che è il Verbo di Dio che si fa carne, è anche quell’umanità nuova che si prende cura dei fratelli amandoli con il cuore stesso di Dio! Noi credenti siamo chiamati, – tutti gli uomini, in verità -, a essere samaritani come Colui che è il buon Samaritano per eccellenza. Ce lo ricorda papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, che spero diventi nel prossimo anno un testo di meditazione e di riflessione per le nostre comunità, famiglie ed associazioni. Sarà fonte ispiratrice di una pastorale missionaria e della civiltà dell’amore fraterno»: queste alcune delle parole con le quali il Vescovo Mario Toso ha concluso l’omelia della Messa della Notte del Natale del Signore celebrata in Cattedrale, alla quale hanno partecipato tanti fedeli che, nel rispetto delle norme anti-Covid, hanno vissuto assieme l’attesa del «dono dei doni», Gesù Bambino.
L’omelia del Vescovo Mario
Il profeta Isaia preannuncia il Natale di Gesù con parole ispirate, colme insieme di realismo e di potenza immaginifica: «il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9, 1-6). Noi, cari fratelli e sorelle, specie in questo momento storico, siamo umanità circondata da un buio fitto. Le nostre categorie e il nostro modo di pensare vengono scossi. Spesso riteniamo di essere una superumanità, persone padrone del mondo, capaci di superare ogni ostacolo, di risolvere ogni problema. Ma basta un piccolo virus, subdolo e mortale, perché siano ridimensionate molte delle nostre velleità e scopriamo che siamo umanità fragile, che può precipitare improvvisamente nella morte, quasi fossimo fatti per la tomba. Sono eventi che conosciamo fin troppo bene, ma che non sono sempre in primo piano nei nostri pensieri. Anzi, appena possiamo, li rimuoviamo prontamente. Quando, però, ci toccano da vicino sprofondiamo nello scoramento, cresce il buio e il freddo nel nostro cuore. Quando siamo smentiti violentemente nelle nostre supposizioni e pretese, camminiamo e brancoliamo nella notte come automi. Il cielo è cupo più che mai, non è aperto. Siamo, allora, frastornati, disorientati.
L’annuncio del profeta Isaia, che la Chiesa, come questa notte, ripete da secoli ai popoli della terra, è che per noi, squassati dalle tempeste e da mali talora invincibili, rifulge una grande luce. Si tratta di una luce particolare. Non è la luce notturna degli stadi o la luce dei fari che con il loro fascio luminoso fendono le tenebre. È un Evento strepitoso e singolare che la mente umana stenta ad immaginare e a cogliere in tutto il suo spessore. Ci risolleva e ci rinfranca, moltiplica la gioia ed aumenta la letizia. «Un bambino è nato per noi». «Ci è stato dato un figlio»: il Figlio di Dio. Accogliendolo in noi, vivendo in Lui, come figli nel Figlio, siamo posti in un’altra condizione di vita e di senso. Il Bambino che è dato all’umanità non è solo un figlio d’uomo e di donna. Già questo fatto, a dire il vero, sarebbe per noi, che viviamo in tempo di povertà demografica, motivo di gioia e di speranza. Accogliere tra le braccia, coccolare i bambini che nascono nelle nostre famiglie, ci colma di felicità e ci apre ad un futuro di speranza. Nel Natale, previsto da Isaia, giunge invece a noi un bimbo unico al mondo che è, come dice san Paolo a Tito, la grazia di Dio. Egli porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà, l’opposizione a Dio, i desideri mondani, a vivere in questo mondo con sobrietà, nell’attesa della beata speranza (cf Tt 2, 11-14). Il Bimbo Unicissimo, che Dio ci dona, mediante la Vergine Maria, porta in noi pienezza di vita, desiderio di riscatto, perdono, redenzione. Ci dà un cuore nuovo, mette in noi uno spirito nuovo. Toglie da noi il cuore di pietra, ci dona un cuore di carne. Proprio perché il Bambino Gesù, che nasce in questa notte, è dono della vita di Dio all’uomo, diventa per noi Luce. È la Luce. È, tra tutti i doni che riceviamo, il Dono più grande. Attorno alla Festa di Natale, che ricorda la nascita di Cristo, e in particolare ai doni per eccellenza che i re Magi fecero a Gesù Bambino (oro, incenso e mirra), si è costruita la tradizione dello scambio dei doni. In occasione del Natale c’è la corsa a comprare doni ed anche una gara gioiosa nel farli. In questo tempo frenetico di compera e di omaggio di doni, di luci che adornano negozi e case, non dobbiamo dimenticare, cari fratelli e sorelle, che il dono più grande è Gesù. Non lo si compra, ma lo si accoglie stupiti, estasiati. Non lo si vende, come se fosse una statuina che va acquistata sulle bancherelle. Lo si dona agli altri, perché prima ci si dona a Lui. Lo si offre con il cuore traboccante di gioia missionaria, che Lui stesso accende nel nostro cuore. Ai nostri bambini, cari papà e mamme, insegnano che Gesù è il Dono più grande da ricevere e da donare: a Lui dobbiamo donare la nostra vita, tutto noi stessi, senza limiti. Non dobbiamo solo ricevere doni, ma farne. Dobbiamo accogliere il Dono per farci dono, per offrire al mondo Colui che è Dono.
In questa notte beata, non dimentichiamo anche che il Bambino Gesù, generato da Maria per guarirci dai nostri mali, dal peccato, per redimerci, e per inaugurare una nuova creazione, è per noi, umanità ferita, il buon Samaritano per eccellenza. Egli viene per soccorrerci e per prendersi cura di noi. In questi giorni, la Coldirettie la Confartigianato, in occasione dei tradizionali auguri natalizi hanno donato al vescovo una statuina del presepe fatta in ceramica, raffigurante una operatrice sanitaria, realizzata da un noto presepista napoletano. Con questa iniziativa, a carattere nazionale, Coldiretti e Confartigianato, hanno voluto rendere evidente il sentimento di gratitudine e di affetto verso chi ha affrontato e affronta in prima linea la pandemia, alla maniera di moderni samaritani. Ma non dimentichiamo: Gesù che viene, non è solo il prototipo dell’umanità che, al pari dell’uomo di Samaria, si fa prossimo del fratello derubato, picchiato e abbandonato sul ciglio della strada. In forza del fatto che è il Verbo di Dio che si fa carne, è anche quell’umanità nuova che si prende cura dei fratelli amandoli con il cuore stesso di Dio! Noi credenti siamo chiamati, – tutti gli uomini, in verità -, a essere samaritani come Colui che è il buon Samaritano per eccellenza. Ce lo ricorda papa Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti, che spero diventi nel prossimo anno un testo di meditazione e di riflessione per le nostre comunità, famiglie ed associazioni. Sarà fonte ispiratrice di una pastorale missionaria e della civiltà dell’amore fraterno.
Durante questa Messa della notte di Natale ringraziamo il Bambino Gesù perché venendo in noi, tra noi, ci porta la vita stessa di Dio, la sua pienezza d’essere, la sua trascendenza, il suo cuore, che ci consente di amare i nostri fratelli e sorelle, in particolare i più poveri, con lo stesso Amore di Dio: amore commisurato all’altissima dignità dei figli e delle figlie di Dio. Per tutto questo, cari fratelli e sorelle, sia gloria a Dio nel più alto dei cieli, sia pace su tutta la terra! Buon Natale a tutti!
+ Mario Toso
Vescovo di Faenza-Modigliana