Con la messa in Cattedrale del 5 novembre scorso il vescovo, monsignor Mario Toso, ha dato il via alla Visita pastorale che durante l’anno toccherà le 18 unità pastorali della Diocesi. “Non per applicare il Diritto canonico – ha detto il vescovo -, ma per incontrare e ascoltare le persone, per rinnovare e confermare nella fede e nell’amore a Gesù Cristo il cammino cristiano delle comunità. Inserita nel tempo del Cammino sinodale della Chiesa italiana, la visita sarà una preziosa occasione per vivere concretamente il Sinodo: guardare con profondità la situazione, leggerla alla luce della fede, proporre e attuare, confermati dal vescovo, azioni di annuncio, formazione e comunione per costruire e rafforzare comunità cristiane missionarie”. Durante la messa, monsignor Toso ha istituito nuovi lettori e accoliti che arricchiscono la nostra comunità: si tratta del lettore Alessandro Golinelli della parrocchia di Santa Maria in Alfonsine e degli accoliti Laura Tampieri della parrocchia di San Procolo alla Pieve Ponte, Leo Fusaroli della parrocchia del SS. Cuore di Gesù in Alfonsine e Valeria Braccioli della parrocchia del SS. Crocifisso in Santa Cristina. Di seguito riportiamo l’omelia del vescovo Mario.
L’omelia del vescovo Mario
Il Vangelo ci aiuta a mettere i nostri passi sulla strada giusta. Orienta la nostra volontà e le nostre forze a ciò che davvero conta: Uno solo è il nostro Maestro e noi siamo tutti fratelli. […] Uno solo è il Padre nostro, quello celeste. Una sola è la nostra Guida, Gesù Cristo (cf Mt 23, 1-12). Con voi, dunque, anche il vescovo si pone con amore in ascolto di Colui che è il Maestro, la Guida, perché è Via, Verità e Vita. Assieme a voi riconosco la bellezza e la verità del capovolgimento da Lui proposto: il più grande è colui che serve, colui che si svuota, si spoglia, assume la condizione di schiavo (Fil 2, 5-7) e ama di più. Cristo stesso ce lo insegna con la sua incarnazione, con la sua vita e la sua morte in croce. «Da ricco che era si fece povero per noi» (2Cor 8,9), dice san Paolo. Cristo Gesù ha accettato di essere Servo, piegando il suo Spirito sino ad una libera sottomissione d’amore e di obbedienza al Padre. È così che è divenuto simile a noi e ha vissuto la sua passione donando tutto sé stesso, svuotandosi per renderci partecipi della sua vita divina, della sua risurrezione. In Cristo, uomo nuovo, noi siamo resi creature nuove, nelle quali non trova più posto la grandezza esteriore, il potere, il prevalere sull’altro, bensì il servizio, il dono totale del proprio essere e della propria volontà sino al culmine della croce.
Come ha detto sant’Agostino, vescovo di Ippona, con voi sono discepolo dell’unico Signore, per voi sono pastore. E come ogni pastore che a volte precede, a volte accompagna, a volte segue il gregge con la cura e la preoccupazione che nessuna si perda lungo la strada, oggi in questa Eucaristia, intendo esprimere nuovamente il mio desiderio di incontrarvi. Faccio mie le parole di san Paolo, con la chiara coscienza della mia pochezza, nonostante la buona volontà di essere servo di Cristo, servo del presbiterio, servo di tutti voi. Ecco le toccanti e suggestive espressioni dell’apostolo Paolo:
«Fratelli, siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così, affezionati a voi, avremmo desiderato trasmettervi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio. […] Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti» (1Ts 2, 7-9. 13).
La Visita pastorale che intraprenderò nelle varie comunità cristiane non avverrà solo per conteggiare le iniziative pastorali, bensì per rafforzare la loro qualità evangelizzatrice e, per conseguenza, per alimentare il fuoco d’amore per Gesù Cristo. Se il nostro cuore non arde per Lui rischiamo, come i discepoli di Emmaus, di averlo vicino, di camminare con Lui, ma di non riconoscerlo e di non amarlo. Rischiamo di non avere un cuore che vive per Cristo e che, quindi, non prova una passione d’amore nell’annuncio e nella testimonianza di Lui. Il vescovo viene, pertanto, a incontrare le comunità, le famiglie, gli organismi di partecipazione ecclesiale, le associazioni e le aggregazioni non tanto per puntare il dito sui limiti dell’azione pastorale o per trovare fragilità nelle relazioni comunitarie, bensì per incoraggiare, per suscitare nei discepoli la nostalgia della misericordia di Dio, dell’essere vera famiglia di Dio, popolo in cammino verso la Gerusalemme celeste. Nella sua visita il vescovo intende mettere in risalto, prima di tutto, la stupefacente bellezza del Vangelo, la magnificenza del dono che Egli ci fa della sua Vita divina. Sollecita all’incontro con la persona di Gesù, più e prima che con la sua dottrina. In sostanza vuole far risuonare la buona notizia del Vangelo e, con ciò stesso, confermare nella fede i passi – certo, a volte faticosi e pieni di dubbi – che stiamo intraprendendo per metterci sempre più alla sequela di Cristo. Egli è il Maestro, l’unica e grande Guida della Chiesa: nell’annuncio, nella celebrazione e nella carità.
Il vescovo non viene, dunque, a visitarvi per consegnarvi primariamente dei compiti da fare o per impartire lezioni teologiche o ecclesiologiche. Viene per dirvi, anzitutto che, se dal Vescovo fino all’ultimo dei battezzati non ci si mette in cammino, non si intraprende una convinta conversione comunitaria a Cristo, potremo avere tutti i registri e i conti in ordine, potremo proporre le iniziative più coinvolgenti e partecipate, ma tutto ciò sarà poca cosa. Perché? Perché saremo mancanti dell’unica cosa che può dare vita, che può far compiere un salto di qualità alla missionarietà delle nostre comunità, che può dare senso e sapore alle attività umane, ossia saremo poveri del suo Amore unico e increato. Solo se si prova un amore intenso e appassionato per Gesù Cristo si diventerà solleciti nell’edificare infaticabilmente il corpo di Cristo, si sarà attenti e solerti nel gestire i beni della Chiesa per fini ultimamente pastorali, nel tenere in ordine anche i registri, nel dar vita – in particolare – a una catechesi più aggiornata, più coinvolgente non solo i giovani ma anche le loro famiglie; nel mettere in campo un’evangelizzazione non solo dello spirito ma anche delle relazioni sociali, delle istituzioni culturali e pubbliche. Solo se si vive un amore di tenerezza nei confronti di Cristo ci si candida ad essere Lettori, Accoliti come stanno facendo coloro che questa sera il vescovo istituirà nel loro ministero.
In questo ci potrà confermare la chiara e suggestiva testimonianza di santa Teresa del Bambino Gesù che in alcuni suoi appunti ha scritto: «La carità mi diede la chiave della mia vocazione. Capii che, se la Chiesa ha un corpo composto da diverse membra, l’organo più necessario, più nobile di tutti non le manca; capii che la Chiesa ha un cuore e che questo cuore arde d’amore. Capii che l’amore solo fa agire le membra della Chiesa: se l’amore si spegnesse, gli Apostoli non annunzierebbero più il Vangelo, i martiri rifiuterebbero di versare il loro sangue. Capii che l’amore racchiude tutte le vocazioni. Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, esclamai: “Gesù, amore mio, la mia vocazione l’ho trovata finalmente: la mia vocazione è l’amore! Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, Dio mio, me l’avete dato voi! Nel cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’amore. Così sarò tutto”» (Ms B, 3 v°: 223).[1]
Pertanto, riconfermo che davvero desidero incontrarvi, desidero ascoltare la vostra voce, specie in un momento in cui la nostra Diocesi è stata colpita da violenti fenomeni atmosferici, dal terremoto, che hanno accresciuto il carico di sofferenza umana e spirituale della nostra gente. Sono convinto che la visita pastorale ci aiuterà ad approfondire in chiave spirituale il cammino sinodale che stiamo vivendo. In questo senso, ritengo che la coincidenza della Visita pastorale con la fase sapienziale del Cammino sinodale sia una felice opportunità da valorizzare. Ai coordinatori delle Unità pastorali, ai quali è delegato il coordinamento della Visita nelle varie realtà, è stato consegnato un metodo, che non è nulla di nuovo, nulla di diverso rispetto a quanto già dovremmo fare nel cammino sinodale: vedere, giudicare, agire, celebrare. Cosa vuol dire?
Che secondo il principio di Incarnazione, alla scuola dell’unico Maestro che, con la sua discesa dal cielo, ha scelto di porre l’amore trascendente di Dio nel nostro cuore, nella storia umana, le nostre scelte dovranno orientarci a portare Cristo dentro le nostre famiglie, dentro l’umanità, nelle città, nelle culture, negli umanesimi.
Il Sinodo parla dei ponti con i quali dobbiamo mettere in comunicazione il tesoro inesauribile che è Cristo con le realtà che viviamo oggi. I ponti sono in certo modo le tappe, concatenate tra di loro, del discernimento: vedere, giudicare, agire, a partire dal celebrare tutti insieme il memoriale della morte e risurrezione di Cristo! Con il percorrere tali passi, durante la preparazione e la realizzazione della Visita, troveremo i punti essenziali di una conversione sinodale e missionaria sul piano comunitario.
Il vescovo desidera ascoltare da voi cosa vedete, cosa vivete o state vivendo concretamente. Insomma, desidera sentirvi parlare della vostra esperienza di Chiesa, di Cristo, del vostro discernimento. È a partire da questa esperienza unica che si potrà leggere insieme e in profondità la nostra storia, quanto viviamo. È sempre a partire da questa esperienza primaria ed originaria della comunità che fa discernimento che si può capire ciò che è conforme o difforme dal Vangelo, ciò che merita di essere confermato e sviluppato, ciò che non può più essere dilazionato rispetto all’annuncio, alla celebrazione e alla testimonianza della carità.
Solo dopo un discernimento secondo lo Spirito sarà più facile capire ciò che si dovrà attuare, tutti insieme – fedeli, Pastori e Vescovo – secondo le responsabilità di ciascuno.
Non si tratta di aggiungere cose ad altre cose. Si tratta di compiere meglio ciò che già siamo chiamati a svolgere come Chiesa che vive nella comunione di una stessa missione. Conosciamo già le modalità pratiche per sviluppare la sinodalità, ma molte volte non le viviamo appieno e si tende ad andare ognuno per conto proprio. Dobbiamo, dunque, investire le nostre migliori energie non tanto nel fare tante cose nuove, ma piuttosto nel fare nuove le cose essenziali e fondamentali che già sono proprie della nostra esperienza di Chiesa. La Chiesa, non dimentichiamolo, è chiamata a riflettere sempre meglio l’unica luce delle genti, Gesù Cristo. Solo Lui è garanzia di una nuova umanità, di una nuova cultura, della vera pace.
A conclusione di quanto detto, viene spontaneo volgere lo sguardo alla nostra Madonna delle Grazie, Patrona di tutta la Diocesi. Ci accompagni in questa Visita. Ci aiuti a viverla come un’occasione feconda per rinnovare l’amore verso Cristo e tutti i nostri fratelli. Susciti nelle nostre comunità giovani che sappiano lasciare tutto per seguirlo. Doni alla nostra terra e al mondo la pace vera, quella che il mondo non può dare. Ci aiuti, pertanto, a orientare a Cristo la nostra vita. Così sia.
Mario Toso, vescovo
[1] FRANCESCO, Esortazione apostolica C’est la confiance, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2023, pp. 36-37.