Riflettendo sulle tentazioni di Gesù impariamo da Lui come affrontarle, a non entrare in dialogo con il Tentatore e, in particolare, quale discernimento praticare nella nostra vita, per essere suoi veri discepoli, protagonisti di una nuova creazione. Gesù è tentato tre volte dal diavolo. La prima volta lo invita a trasformare una pietra in pane; poi, gli prospetta di diventare un messia potente e glorioso; infine, gli chiede di buttarsi giù dall’alto del tempio di Gerusalemme per manifestare in maniera spettacolare la sua potenza divina, strumentalizzando Dio a proprio vantaggio. Si tratta di strade che, nonostante le apparenze, non ci consentono di ottenere successo e felicità. Non ci avvicinano a Dio, a Gesù Cristo. Anzi, ci allontano, ci separano da Loro, dalla loro vita, dal loro progetto di salvezza. Percorrendo le strade delle tentazioni portiamo il mondo e noi non alla pienezza umana, bensì alla distruzione. Le tentazioni sono strade di rovina, di disumanizzazione.
Ma non dimentichiamo che Gesù Cristo è stato sottoposto a tentazione sino agli ultimi momenti della sua vita, non solo nel deserto di cui ci parla il brano evangelico odierno. Mentre era sulla croce, ad esempio, viene deriso e provocato dai capi del popolo, dai soldati: «Salvi se stesso!» (cf Lc 23, 35.37.39). In sostanza: se vuole essere nostro capo rinunci a comportarsi secondo la sua logica. Si comporti secondo una logica di dominio, la logica del mondo: scenda da quella croce e sconfigga i nemici con la forza. Se è Dio, come dice di essere, dimostri potenza e superiorità. Prevalga non amando gli altri sino a morire, bensì amando se stesso. Cambi il mondo facendo leva sulla difesa del proprio io e non sullo svuotamento di se stesso. In altri termini, secondo il demonio che tenta, per cambiare davvero la storia non bisogna amare gli altri, perdonarli, bensì occorre piegarli, sottometterli con la violenza.
A ben capire, le tentazioni che Cristo ha subito sino alla fine sono un attacco alla sua vita d’amore, di dono totale, a Dio e all’umanità. Sono, se pensiamo a noi come suoi discepoli, anche un attacco alla sua futura Chiesa, un volerla finita, prima ancora del suo inizio. L’esperienza delle tentazioni subite da Gesù ci debbono insegnare a capire che l’assalto del demonio continua. Le tentazioni e le risposte di Gesù ad esse sono un ammaestramento. Ci insegnano quel discernimento che dobbiamo esercitare ogni giorno per non venire meno alla nostra vocazione, per non soccombere come popolo di redenti, chiamati a continuare l’incarnazione di Cristo nel mondo. Ci offrono quelli che debbono essere i criteri delle nostre scelte in quanto cristiani: non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio; adorerai il Signore Dio tuo, a Lui solo renderai culto e ti prostrerai, mantenendoti umile e fiducioso nel Padre, rinunciando agli idoli del denaro, del successo e del potere; non mettere il Signore tuo Dio alla prova, non lo tirerai dalla tua parte, per soddisfare il tuo orgoglio. Il discernimento che ci insegna ad avere Gesù Cristo, nostro Fratello e Maestro, è per vivere, con la dignità dei figli di Dio, la missione di annunciatori e di testimoni dell’Amore del Padre e del suo perdono. È discernimento per la lotta al male, al peccato, a tutto ciò che ci allontana dall’amore fraterno, dalla giustizia e dalla pace, ossia da tutto ciò che trasfigura la terra, la umanizza liberandola dall’egoismo, dall’odio, dalla violenza. È discernimento per la denuncia di ciò che non va bene. È discernimento per la profezia della fraternità e della speranza. È discernimento per l’annuncio di un nuovo mondo. In questa Eucaristia facciamo comunione con Colui che morendo e risorgendo è costituito principio di redenzione e di rinnovamento della storia.
+Mario Toso