Sabato 20 novembre a Russi si è svolta la Gmg diocesana. Nel corso della serata, dopo la veglia di preghiera, i giovani 18enni hanno dichiarato la loro Professione di Fede. Ecco la riflessione che ha rivolto ai giovani il vescovo, monsignor Mario Toso.
Riflessione del vescovo Mario
Il cieco Bartimeo è guarito da Gesù. Vede di nuovo e segue Gesù lungo la strada. Bartimeo non è solo guarito ma è trasformato, tant’è che segue Gesù. Approfondiamo l’ultima frase del Vangelo di Marco appena proclamato: «E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada» (Mc 10, 52). Dividiamo la nostra riflessione in due brevi momenti.
Il primo momento: «e subito vide di nuovo». La fede è più che un semplice vedere persone, cose. È più che conoscere e capire idee e concetti. La fede che noi professiamo è non solo conoscere Gesù, il suo Vangelo. È di più. È essere innamorati di Lui. È vederlo come Colui che abita in me. È pensarlo come Chi è al centro dei miei pensieri, delle mie aspirazioni. Io, battezzato e cresimato, eucaristizzato, sono chiamato non solo a conoscere, ma a vivere Cristo. San Paolo ha scritto: «Per me il vivere è Cristo» (Fil 1, 21). Ciò vuol dire che lo Spirito di Cristo che accolgo e che mi pervade interamente mi inclina e mi fa gravitare verso il nuovo Adamo, fa sì che io sia proteso a raggiungere la misura della pienezza umana di Cristo (cf Ef 4, 11-14). La fede che mi fa vivere Gesù Cristo, mentre unifica tutto il mio essere in Lui, tende a rendere la mia vita conforme a quella di Gesù.
Detto diversamente, la fede, come vita in Gesù, tende a far sì che ciascuno di noi sia chiamato a vivere l’essere figlio o figlia, a vivere lo studio, l’amicizia e l’affettività, il fidanzamento, la professione, l’impegno sociale, l’esperienza della malattia e della morte come momenti tutti vivificati dall’amore di Cristo, come momenti di vita con Gesù, in Gesù, per Gesù, il mio Tutto. E questo durante tutta la nostra esistenza. Solo così si possiede una fede più compiuta. Spesso si vivono tutti i momenti appena elencati senza l’amore di Gesù Cristo, senza Lui. In sostanza, si vive portando dentro di noi una crepa, la separazione tra la fede, tra la vita di Gesù e la vita quotidiana: tra fede e studio, tra fede ed affettività, tra fede ed impegno sociale, per cui la fede e Gesù sono estromessi dalle nostre scelte abituali, non ne costituiscono l’anima che le permeano e le orientano. Più di una volta ci si comporta come se Cristo e la sua Chiesa fossero estranei rispetto a quello che facciamo. In tal modo, la fede non conforma, non unifica le varie dimensioni del nostro vivere. Non esiste così in noi unità di vita. Domina divisione, frammentarietà a livello di identità. Non si vive come soggetti unitari, bensì scissi, in un certo modo schizofrenici.
Nel momento in cui si fa e si rinnova la professione di fede, chiediamo al Signore Gesù la grazia dell’unità tra fede e vita. Il vescovo, in occasione del rinnovo della professione di fede, vi affida un impegno: leggere e meditare i tratti più salienti della conversione di san Paolo e della sua missione.
Il secondo momento: «e lo seguiva lungo la strada». Il cammino sinodale, nei suoi tre momenti costitutivi – comunione, partecipazione, missione – ci sollecita a seguire Gesù, percorrendo la sua via di Incarnazione nel mondo, per redimerlo e trasfigurarlo, per farlo nuovo. Seguire Gesù, Verbo che si fa carne, in ultima analisi, vuol dire essere missionari come Gesù, essere chiesa, un noi comunione, che imbocca la via percorsa da Lui, la via dell’incarnazione di Gesù, per realizzare la nuova creazione. Seguire Gesù nella sua incarnazione, vuol dire che siamo chiamati ad essere lievito di vita nuova in tutti gli ambienti, in tutte le relazioni – con Dio, con noi stessi, con gli altri e con il creato -, grazie al suo Amore. Ecco, allora, il secondo impegno che vi affida il vescovo: fate il proposito di essere una missione, affinché Cristo sia tutto in tutti; rivitalizzate la vostra fede vivendo con costanza e con autenticità l’Eucaristia, il sacramento della comunione, della partecipazione e della missione. Pensate questo: guai a me se non evangelizzo, se non sono missionario o missionaria. Impoverirei il mondo, l’umanità. Ma sarebbe anche evidente che sarei un credente spento, senza ardore.