In noi e in don Leonardo da giovane, l’orientamento a Cristo non è avvenuto in maniera repentina ed irresistibile, bensì nella gradualità, passo dopo passo. Anche don Leonardo è giunto a toccare il cuore di Cristo, ha sentito che Cristo, sempre più affettuosamente, toccava il suo cuore con un Amore attrattivo, «seducente». Tant’è che fece la scelta di divenire sacerdote, alter Christus. Venne ordinato il 29 giugno 1951, assieme a don Alfio Alpi e don Luigi Maretti. In seguito fu cappellano qui a Tredozio con il pievano Bandini, poi vescovo. Nel 1956 divenne parroco di san Cesario in Cesata. Nel tempo, dopo il progressivo spopolamento della sua parrocchia, era generosamente disponibile, con la celebrazione dei sacramenti e la sua colta e sapida predicazione nella valli dell’Unità pastorale «Madonna delle Grazie», ma anche a San Severo e a Felisio, per diversi anni. Note costanti del suo servizio pastorale sono state: la passione nella fede, il coraggio dell’annuncio, sulle orme di don Antonio Tabanelli, il don Alfonso descritto da don Poggiolini in uno dei suoi preziosi volumetti editi da “Il Piccolo”; la convinzione del fermento civilizzatore del cristianesimo, che genera nella storia rinascimenti, umanesimi aperti alla trascendenza; l’impegno per la giustizia e la pace, come esigenza intrinseca dell’amore a Cristo; l’indispensabilità delle istituzioni cattoliche (scuole, circoli, persino banche) per l’incarnazione del Vangelo nella vita degli uomini. Don Poggiolini ha coltivato i valori del cattolicesimo sociale e, soprattutto, ha inverato in sé una delle principali caratteristiche dell’apostolato di san Paolo: sentirsi inviato, mandato, essere apostolo di Cristo (1 Cor 1,1): «tutto io faccio per il Vangelo, […] guai a me se non lo predicassi» (1 Corinzi 9, 16.19.22-23). Chi sente di appartenere a Cristo, comprende di essere inviato a redimere la vita umana, la storia, a trasfigurarle, proprio con l’Amore di Cristo.
La missione sacerdotale ha aiutato don Leonardo a vivere in maniera intensa e originale la sua stessa passione di pittore, scultore, di scrittore. Personalità davvero poliedrica, possedeva un eccezionale spirito di osservazione, vivacità intellettuale, capacità espressiva. Gli splendidi scenari della sua terra erano interiorizzati e rivissuti. Li esprimeva, poi, a livello artistico, con una fantasia brillante e creatrice. Infondeva nelle sue tele e nella materia, nei suoi scritti, una trasfigurazione unica, la risignificazione del creato, dell’uomo e della donna, della vita sociale. La chiesa di Ottignana, a un paio di chilometri da Tredozio, in un’altra sua pubblicazione, l’Atelier, è definita «civettuola», perché a vederla dalla strada pare occhieggi ai passanti col suo piccolo rosone per suscitare in loro un pensiero al buon Dio (cf L’Atelier, p. 2). Una perla di saggezza della sua esperienza educativa può essere considerata l’affermazione: «Rifare le teste, occorrerebbe non raffazzonarle con rinzaffi[1] di calce culturale slavata» (Ib., p. 31). In sostanza, bisognerebbe ricominciare dalle fondamenta, costruendo menti granitiche e aperte, con una cultura robusta, non superficiale. La guida spirituale, cresciuta in lui, raccontando di quel monaco ignorante della Tebaide, visitato e inutilmente istruito dall’Archimandrita che voleva aiutarlo a pregare con proprietà di formule, l’ha portato a concludere: «Nella preghiera è lo spirito che conta» (ib., p. 32). Se non si riesce a memorizzare perfettamente tutte le parole, conta il cuore.
Don Leonardo, che si dedicava ad organizzare mostre in varie parti d’Italia, per esporre i suoi quadri e i suoi lavori plastici, non ha mai cessato, celebrando l’Eucaristia, di offrire il pane disceso dal cielo, il pane che fa vivere in eterno, di cui ci parla il Vangelo di Giovanni (cf Gv 6, 52-59). Non si tratta del pane materiale, ma di Cristo stesso. Se il pane vivo, disceso dal cielo, il Figlio di Dio incarnato, non entra in noi, non ci alimenta, soprattutto non facciamo comunione profonda con la divinità, con la sua vita e la sua capacità di Amore. Per amare come ama Lui, per vivere con quell’Amore da cui proveniamo e per il quale ci muoviamo e siamo stati fatti, dobbiamo nutrirci di Cristo. Egli diventa cibo per noi sulla mensa. La comunione con Cristo ci mette in comunione con i fratelli e le sorelle e, quindi, anche con don Leonardo, con tutti i defunti per i quali celebriamo l’Eucaristia. La Beata Vergine delle Grazie, della quale don Leonardo era devoto e della quale stiamo celebrando la festa diocesana come nostra Patrona, lo accolga e lo accompagni nella Gerusalemme del cielo.
+ Mario Toso
[1] Il rinzaffo è uno strato di intonaco costituito da malta piuttosto liquida con sabbia molto grossa. Ha lo scopo di rendere più ruvida la superficie di fondo, di migliorare l’adesione dello strato di intonaco da realizzare successivamente e di livellare le irregolarità della muratura.