Cari fratelli e sorelle, questa celebrazione eucaristica avviene in un contesto particolare, ovvero il Convegno Nazionale FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), avente per tema Colori d’Europa. Le sfide del terzo millennio. Ma sullo sfondo sta anche sia il 120° anniversario di edizione de Il Piccolo della Diocesi di Faenza-Modigliana sia il 100° anniversario di edizione de Il Momento della Diocesi di Forlì-Bertinoro. E, dunque, in vista del rilancio dell’impegno della comunicazione relativamente all’evangelizzazione e alla testimonianza cristiana, siamo a celebrare la santa Messa, momento generativo e comunicativo vertice tra Chiesa ed evento eucaristico, tra Eucaristia e cultura: la Chiesa fa l’Eucaristia e questa fa la Chiesa; l’Eucaristia genera una cultura comunionale, relazionale, di condivisione, di apertura al Trascendente.
Gli Atti degli apostoli, poi, ci pongono di fronte all’azione comunicativa della prima comunità cristiana, che annuncia agli uomini della sinagoga di Antiochia di Pisidia la Buona notizia. Quali i contenuti di tale Buona notizia, della loro comunicazione-evangelizzazione? Essenzialmente questi: nella morte e nella risurrezione di Cristo, Dio compie tutto ciò che aveva promesso al suo popolo. Gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi non hanno riconosciuto Gesù e, condannandolo, hanno portato a compimento le voci dei Profeti. Dopo aver adempiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro. Ma Dio lo ha risuscitato dai morti. La promessa fatta ai padri è stata così realizzata da Dio. Incomincia così una nuova storia. Nasce un nuovo popolo che fermenta nella cultura il concetto cristiano di persona, ma anche di libertà religiosa, delle libertà umane (libertà dalla schiavitù, libertà di non indifferenza nei confronti del vero, del bene e di Dio, libertà di opinione e di insegnamento, ecc.), di laicità. Nel brano del Vangelo di Giovanni (cf Gv 14, 1-6) Gesù, invece, rincuora i suoi discepoli facendo loro conoscere la via per raggiungere il «luogo» ove sta andando, ovvero presso il Padre: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me». Chi segue Gesù cammina verso il Padre, che non è un luogo spazio-temporale. Questo è il messaggio che Gesù lascia ai suoi discepoli. Siamo chiamati ad andare verso la casa che è il Padre, verso la comunione eterna tra Lui e il Figlio. Chi vive Cristo e dimora in Lui, possiede più vita e verità, è naturalmente proteso verso la comunione eterna col Padre, con la Trinità. È posto in essa, in un mondo di comunicazione perfetta, di relazionalità generativa.
I mass media, i social, quando siano abitati e vissuti in Cristo, nel suo Amore, sono resi partecipi della forza trasfiguratrice di Colui che è venuto sulla terra per far nuove tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. I credenti prolungano l’incarnazione redentrice di Cristo nel creato e, quindi, anche nei mezzi di comunicazione. Ciò facendo liberano, umanizzano i mass media. Li pongono a servizio della crescita umana in pienezza, secondo la misura di Cristo. Ugualmente, li mettono a servizio della crescita del Regno di Dio, del Corpo di Cristo, di quella convivialità umana che è sempre più somigliante alla comunione trinitaria. Gli operatori che partecipano all’Eucaristia sono sollecitati ad animare i media con quell’Amore pieno di verità che è il dono più grande dato da Dio all’umanità ed è celebrato nella stessa Eucaristia. Proprio perché si tratta di un Amore pieno di verità consente di valorizzare in pieno la Carità e di darle piena sostanza, senza svilirla. I media, dunque, trovano nell’Eucaristia ciò che li redime ma anche ciò che li anima nella comunicazione. Che tipo di amore deve, dunque, presiedere ai media? Ecco quanto l’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate scrive in proposito e può essere programmatico per il servizio dei media alla persona, alla società, al cristianesimo, all’Europa che appare in preda ad una cultura che relativizza e destruttura ciò che è vero e buono e chiude gli orizzonti della trascendenza: «Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta. La verità è luce che dà senso e valore alla carità. […] Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L’amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell’amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario. La verità libera la carità dalle strettoie di un emotivismo che la priva di contenuti relazionali e sociali, e di un fideismo che la priva di respiro umano ed universale. Nella verità la carità riflette la dimensione personale e nello stesso tempo pubblica della fede nel Dio biblico, che è insieme « Agápe » e « Lógos »: Carità e Verità, Amore e Parola. Perché piena di verità, la carità può essere dall’uomo compresa nella sua ricchezza di valori, condivisa e comunicata. La verità, infatti, è “lógos” che crea “diá-logos” e quindi comunicazione e comunione. La verità, facendo uscire gli uomini dalle opinioni e dalle sensazioni soggettive, consente loro di portarsi al di là delle determinazioni culturali e storiche e di incontrarsi nella valutazione del valore e della sostanza delle cose. La verità apre e unisce le intelligenze nel lógos dell’amore: è, questo, l’annuncio e la testimonianza cristiana della carità. Nell’attuale contesto sociale e culturale, in cui è diffusa la tendenza a relativizzare il vero, vivere la carità nella verità porta a comprendere che l’adesione ai valori del Cristianesimo è elemento non solo utile, ma indispensabile per la costruzione di una buona società e di un vero sviluppo umano integrale. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. In questo modo non ci sarebbe più un vero e proprio posto per Dio nel mondo. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività» (BENEDETTO XVI, Caritas in veritate, nn. 3-4).
Caritas in veritate è il principio che guida l’impiego etico dei media. Dalla nostra partecipazione all’Eucaristia attingiamo un amore pieno di verità. Solo così potrà crescere una civiltà digitale commisurata alla dignità della persona e alla sua trascendenza.
+ Mario Toso