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[mag 11] Omelia – Donazione dei ceri

Cari fratelli e sorelle,

la festa per la nostra Patrona, la Vergine delle Grazie, quest’anno è inserita nella celebrazione dell’Ascensione del Signore. Questa coincidenza ci permette di approfondire un grande mistero della nostra fede. Come abbiamo ascoltato «il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».

Fratelli e sorelle, non è indifferente per noi che il nostro Signore sia già con il suo corpo «alla destra di Dio». Agostino, quasi parafrasando la lettera di S. Paolo agli Efesini che abbiamo ascoltato come seconda lettura, scrive: «Discese nel mondo la nostra Vita, la Vita vera, si prese sulle sue spalle la nostra morte e l’uccise con la sovrabbondanza della sua vita. […] È asceso. Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore,dove trovarlo.Non volle rimanere a lungo con noi in modo visibile. Ma non ci ha lasciati» (Confessioni, IV, 12, 19). Vive in noi, dentro di noi, nella nostra storia.

Si è allontano, dunque, dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo. Ecco il significato profondo di questa festa: gli occhi del corpo non bastano per vedere e capire Gesù Cristo, morto e risorto. Abbiamo bisogno degli occhi del cuore, abbiamo bisogno della fede, dell’esperienza viva e reale della presenza del Signore in cielo e in terra, in ogni nostra attività, in ogni situazione di vita e di morte.

Lui non ci abbandona. Il Signore è asceso perché vuole indicarci a cosa siamo chiamati: ad una vita trasfigurata. Siamo chiamati ad una vita nuova, una vita piena di carità, di opere buone, di relazioni autentiche. Non siamo chiamati ad appiattirci su noi stessi, a ridurre i nostri orizzonti a ciò che possiamo vedere con gli occhi del corpo. Siamo chiamati ad allargare l’orizzonte del nostro sguardo, a sollevare lo sguardo. «Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo».

Con questa intima urgenza spirituale non possiamo guardare alla consegna dei ceri dei vari rioni come ad una manifestazione meramente folkloristica del Niballo. Non siamo qui in costumi belli, per fare una semplice rievocazione del passato. Questa Messa ci sollecita a guardare più in profondità.

Prendiamo il simbolo dei ceri. Si tratta di ceri che evocano il cero pasquale, il cero che arde dalla notte di Pasqua per tutto il Tempo Pasquale. I ceri che i rioni consegneranno sono simbolo di Colui che ha accettato di morire ed è risorto. I ceri vengono, allora, offerti alla Madonna, perché sono uno dei simboli più alti della nostra fede: rappresentano il Signore che, accettando il sacrificio della Croce, ha vinto la morte con la sua risurrezione, divenendo luce per noi. Sono un simbolo di tutti noi co-morti e co-risorti con Cristo. Offriamo i ceri perché anche noi ci possiamo ricordare che nella vita se non accettiamo di vivere per gli altri, se non accettiamo di essere consumati dall’amore vero, non potremo mai splendere e illuminare il mondo.

Con il dono dei vostri ceri, cari rappresentanti dei rioni, volete innanzitutto esprimere il vostro ringraziamento alla Vergine delle Grazie perché non ci ha abbandonati durante tutte le difficoltà che hanno colpito la nostra terra. Mai è mancata la speranza, mai è mancato l’aiuto concreto da parte di tante persone generose.

In secondo luogo, con l’offerta dei ceri volete anche dire che desiderate proseguire la rinascita, ormai avviata, per edificare una città sempre più bella e giusta, una città che sappia riconoscere nel valore delle relazioni solidali la sua forza. «Possiamo rialzarci solo insieme», fin da subito è stato detto. È questa la strada che dobbiamo percorrere per costruire un futuro migliore.

Che la vita di ciascuno di voi, dei vostri rioni, rigenerati spiritualmente e moralmente dopo le grandi prove, sappia ritornare al cuore delle cose, dove è sempre sperimentabile la presenza unica del Signore, dove sempre si lascia trovare.

 

                                              + Mario Toso

 


Ri-Creazione: vita da studente. Dal 15 al 19 gennaio incontri per giovani alla Biblioteca Cicognani

Venti minuti di spunti di riflessione sulla vita universitaria. Dal 15 al 19 gennaio con inizio alle 17 in aula San Pier Damiani del Seminario (presso le aule studio) viene proposto questo percorso a cura dell’Area Giovani e Vocazioni della Diocesi e dalla Biblioteca Card. Cicognani. A condurre gli incontri sarà don Michele Morandi, vicario generale e rettore del Seminario. La partecipazione è gratuita e non occorre iscriversi.


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Il 12 febbraio la Giornata del Malato, Messa in ospedale con il vescovo Mario

 

Il messaggio di papa Francesco

La celebrazione della Giornata mondiale del malato (11 febbraio, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes), è momento propizio per riservare una speciale attenzione alle persone malate e a coloro che le assistono, sia nei luoghi deputati alla cura sia in seno alle famiglie e alle comunità.
Nel suo messaggio per questa giornata papa Francesco ricorda che: «La malattia fa parte della nostra esperienza umana. Ma essa può diventare disumana se è vissuta nell’isolamento e nell’abbandono, se non è accompagnata dalla cura e dalla compassione. Quando si cammina insieme, è normale che qualcuno si senta male, debba fermarsi per la stanchezza o per qualche incidente di percorso. È lì, in quei momenti, che si vede come stiamo camminando: se è veramente un camminare insieme, o se si sta sulla stessa strada ma ciascuno per conto proprio, badando ai propri interessi e lasciando che gli altri si arrangino».
Il Papa prosegue riferendosi al Libro del profeta Ezechiele (34,15-16): «L’esperienza dello smarrimento, della malattia e della debolezza fanno naturalmente parte del nostro cammino: non ci escludono dal popolo di Dio, anzi, ci portano al centro dell’attenzione del Signore, che è Padre e non vuole perdere per strada nemmeno uno dei suoi figli. Si tratta dunque di imparare da Lui, per essere davvero una comunità che cammina insieme, capace di non lasciarsi contagiare dalla cultura dello scarto».
Ed ancora, «L’enciclica Fratelli tutti ... propone una lettura attualizzata della parabola del Buon Samaritano. L’ho scelta come cardine, come punto di svolta, per poter uscire dalle “ombre di un mondo chiuso” e “pensare e generare un mondo aperto” (cfr n. 56). … La persona malmenata e derubata, abbandonata lungo la strada, rappresenta la condizione in cui sono lasciati troppi nostri fratelli e sorelle nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto. …Ogni sofferenza si realizza in una “cultura” e fra le sue contraddizioni.
Ciò che qui importa, però, è riconoscere la condizione di solitudine, di abbandono. Si tratta di un’atrocità che può essere superata prima di qualsiasi altra ingiustizia, perché – come racconta la parabola – a eliminarla basta un attimo di attenzione, il movimento interiore della compassione.
…Fratelli, sorelle, non siamo mai pronti per la malattia. E spesso nemmeno per ammettere l’avanzare dell’età. … Fatichiamo infatti a rimanere in pace con Dio, quando si rovina il rapporto con gli altri e con noi stessi. Ecco perché è così importante, anche riguardo alla malattia, che la Chiesa intera si misuri con l’esempio evangelico del buon samaritano, per diventare un valido “ospedale da campo”: …Tutti siamo fragili e vulnerabili; tutti abbiamo bisogno di quell’attenzione compassionevole che sa fermarsi, avvicinarsi, curare e sollevare. La condizione degli infermi è quindi un appello che interrompe l’indifferenza e frena il passo di chi avanza come se non avesse sorelle e fratelli.
La Giornata mondiale del malato, in effetti, non invita soltanto alla preghiera e alla prossimità verso i sofferenti; essa, nello stesso tempo, mira a sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie e la società civile a un nuovo modo di avanzare insieme. … La conclusione della parabola del Buon Samaritano, infatti, ci suggerisce come l’esercizio della fraternità, iniziato da un incontro a tu per tu, si possa allargare a una cura organizzata. La locanda, l’albergatore, il denaro, la promessa di tenersi informati a vicenda (cfr Lc 10,34-35): tutto questo fa pensare al ministero di sacerdoti, al lavoro di operatori sanitari e sociali, all’impegno di familiari e volontari grazie ai quali ogni giorno, in ogni parte di mondo, il bene si oppone al male».
Il Papa cita gli anni della pandemia: «Il Covid-19 ha messo a dura prova questa grande rete di competenze e di solidarietà e ha mostrato i limiti strutturali dei sistemi di welfare esistenti» augurandosi che sorgano «le strategie e le risorse perché a ogni essere umano sia garantito l’accesso alle cure e il diritto fondamentale alla salute.
Abbi cura di lui (Lc 10,35) è la raccomandazione del Samaritano all’albergatore … e alla fine ci esorta: Va’ e anche tu fa’ così. Come ho sottolineato in Fratelli tutti, la parabola ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune» (n. 67). Infatti, siamo stati fatti per la pienezza che si raggiunge solo nell’amore. Vivere indifferenti davanti al dolore non è una scelta possibile (n. 68)».
Volgendosi al Santuario di Lourdes come a una profezia, una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità conclude «… le persone malate sono al centro del popolo di Dio, che avanza insieme a loro come profezia di un’umanità in cui ciascuno è prezioso e nessuno è da scartare.
All’intercessione di Maria, salute degli infermi, affido ognuno di voi, che siete malati; voi che ve ne prendete cura in famiglia, con il lavoro, la ricerca e il volontariato; e voi che vi impegnate a tessere legami personali, ecclesiali e civili di fraternità.
A tutti invio di cuore la mia benedizione apostolica».

papa Francesco

Qualche suggerimento

– Curare le significative celebrazioni e le belle iniziative già presenti nelle comunità parrocchiali per sensibilizzare a farsi carico di persone disabili, sofferenti e malate.
– Valutare l’opportunità di qualche iniziativa informativa/formativa su questioni etiche di attualità o situazioni “critiche” che mettono maggiormente a repentaglio la salute.
– Monitorare la presenza di malati, in particolare cronici, diversamente abili o altro, presenti nel territorio.
– Curare e sostenere la presenza dei Ministri straordinari dell’Eucaristia, dei Ministri della consolazione e di ‘gruppi di sostegno’ per famiglie in difficoltà.


Pastorale della Disabilità: scarica le preghiere in CAA

In occasione del Natale la Pastorale della Disabilità della Diocesi di Faenza-Modigliana propone tre preghiere in CAA (Comunicazione aumentativa alternativa) per dare a tutti la possibilità di imparare le preghiere assieme. I testi dell’Ave Maria, Padre Nostro Gloria sono inoltre proposte in dialetto romagnolo. La Comunicazione Aumentativa Alternativa  è un approccio dai vari volti, ma dallo scopo univoco di offrire alle persone con bisogni comunicativi complessi la possibilità di comunicare tramite canali che si affiancano a quello orale.

Ave Maria

Padre Nostro

Gloria


Il Vangelo di Betania


Vangelo di Luca

Lc 10, 38-42

 

Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno . Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”.

 

 

 

Un approfondimento: → Lectio di don Maurizio Marcheselli