Un’esperienza di meditazione e spiritualità dedicata ai giovani per riscoprire il rapporto con Dio e con gli altri in un ambiente di silenzio e preghiera.
Un’opportunità di riflessione per i giovani
La Pastorale Vocazionale della Diocesi di Faenza-Modigliana organizza un ritiro spirituale per giovani, un’occasione per prendersi una pausa dalla frenesia quotidiana e avvicinarsi al Vangelo e alla preghiera in un contesto di silenzio e meditazione. L’evento, intitolato“Gesù e suo Padre e le nostre relazioni”, si terrà dal 15 al 17 novembre 2024 alla Casa di preghiera Stabat Mater a Valdragone, San Marino.
Un weekend di silenzio e ascolto
Il ritiro avrà inizio alle 20 di venerdì e si concluderà con il pranzo di domenica. Durante questi giorni, i partecipanti saranno guidati da don Ottorino Rizzi in un percorso spirituale che prevede momenti di ascolto interiore, meditazione e riflessione sul proprio rapporto con Dio, con se stessi e con gli altri. L’incontro offrirà ai giovani un’occasione unica per rigenerarsi attraverso un’esperienza di spiritualità e introspezione, lontano dai ritmi stressanti della vita quotidiana.
Come iscriversi
Le iscrizioni sono aperte fino al 9 novembre. I posti sono limitati, per cui è consigliabile registrarsi il prima possibile. Per informazioni e iscrizioni, contattare don Mattia al numero 328 248 1149 o via email all’indirizzo mattia.gallegati@gmail.com.
Questo ritiro rappresenta un’opportunità per chiunque desideri approfondire la propria fede e le proprie relazioni in un contesto di condivisione e preghiera.
Continua la Visita pastorale del Vescovo, S.E. Monsignor Mario Toso, alle parrocchie. In questi giorni Monsignor Toso sta incontrando le realtà dell’Unità pastorale Faenza nord (San Savino in Città, SS. Crocifisso in S. Cristina, S. Procolo alla Pieve Ponte, S. Maria della Pace, S. Pietro Apostolo in Biancanigo).
Dopo l’assemblea iniziale e l’incontro con le realtà educative, il vescovo Mario assieme ai vari parroci è stato in visita a Villa Maria dei Cappuccini, Casa novella di Biancanigo) e Casa del sole / I tigli.
Di seguito riportiamo parte dell’intervento del vescovo, monsignor Mario Toso, martedì scorso al primo degli Incontri del clero.
Teologi e sociologi ci dicono che viviamo in una nuova fase della missione della Chiesa. Senza giri di parole, detto in maniera sintetica, ci troviamo in un contesto di post-cristianità. Ossia non viviamo più nella cristianità che molti di noi hanno conosciuto e sperimentato anni fa. È, infatti, divenuto evidente il passaggio di un regime di cristianità quale si è vissuto nel secolo scorso e che già mostrava segni di cambiamenti considerevoli. Basti pensare solo, nella nostra Diocesi, al fervore della ricostruzione delle chiese distrutte durante la Seconda guerra mondiale; all’innalzamento del nuovo Seminario sito in Viale Stradone e a ciò che è seguito poco tempo dopo per lo spopolamento delle zone montane, per una progressiva scristianizzazione, per il calo dei fedeli e dei seminaristi. Tutto ciò ha richiesto e richiede un cambiamento di mentalità pastorale, una nuova organizzazione delle istituzioni ecclesiali, testimoniata dalla pronta riforma della Curia e, già prima, dalla nascita delle Unità pastorali.
Il cristianesimo e la cultura da esso generata non costituiscono più un presupposto ovvio del vivere comune, della società, delle famiglie, delle associazioni ecclesiali e di ispirazione cristiana. Anzi, vengono spesso negati, emarginati, sminuiti. Molti cristiani non posseggono più l’alfabeto della fede che si nutre e si esprime mediante la liturgia. Occorre ripensare le grandi vie dell’evangelizzazione della cultura e dell’inculturazione del Vangelo, che rappresentano due dinamismi pastorali che vanno sempre insieme. Tutto ciò richiede il continuo ripensamento dell’annuncio, della catechesi, dell’educazione, della formazione dei credenti, della liturgia, della carità. Occorre condurre per mano, con pazienza, i fedeli nell’esperienza cristiana esistenziale dei misteri della salvezza, affinché essi vivano una profonda unità tra fede e vita. L’alternativa è rappresentata da quelle nefaste separazioni che vanificano la totalità dell’incarnazione di Cristo. In questo contesto, si innestano le molteplici prospettive ecclesiali avviate e sviluppate negli ultimi anni. Senza aver la pretesa di essere esaustivo, accenno a quei momenti di grazia che sono stati il Sinodo dei Giovani, il potenziamento della Comunità Propedeutica, il rinnovamento della Curia e dei Settori pastorali, che va di pari passo al cammino non sempre facile di un aggiornamento pastorale in chiave missionaria. Molto c’è ancora da intraprendere. Occorre una nuova stagione di intensa preparazione e formazione, specie di professionisti dell’annuncio e della speranza cristiani.
Da questo dobbiamo riconoscere l’urgente necessità di un impegno rinnovato nella comunicazione, nella formazione spirituale e culturale, accessibile a tutti, centrata sui bisogni concreti delle nostre comunità ecclesiali e della società plurale. Il Cammino sinodale, peraltro, ha fatto emergere questo: le persone non chiedono nuove cose, nuove iniziative, nuove “trovate” pastorali: è emerso il desiderio che quanto già dovrebbe contraddistinguere il nostro essere Chiesa (annuncio – liturgia – carità) sia fatto in modo nuovo, vitale, attuale, autentico. Non cose nuove, ma le cose essenziali espresse in maniera diversa.
Allo stesso modo, in questi anni abbiamo riconosciuto, sempre in linea con l’ascolto sinodale, l’importanza di un tessuto relazionale capace di dialogo con la molteplicità delle religioni e delle culture. La corresponsabilità è una diretta conseguenza: dove si vivono relazioni autentiche e libere, le persone sono disposte a donarsi, caricandosi di responsabilità concrete, in aiuto ai pastori. Anche per questo dobbiamo continuare ad investire nei gruppi ministeriali.
Cammino sinodale
Il Cammino sinodale è strettamente intrecciato a tutti questi cambiamenti ecclesiali. Lunedì 16 settembre avremo l’occasione di rilanciare la fase profetica a livello diocesano con la presenza di monsignor Erio Castellucci. In sostanza, la fase profetica implica il trovare le modalità per realizzare quanto è emerso, quanto è già stato oggetto di un discernimento ecclesiale. Sul sito diocesano è consultabile da tutti una sintesi con varie proposizioni molto concrete che delineano alcune prospettive sulle quali dovremo lavorare nei prossimi anni. Sottolineo solo il fatto che dovremmo lavorare tutti, nessuno escluso. La dimensione diocesana è strettamente integrata col cammino nazionale. Anche a livello nazionale, infatti, inizia la fase finale del sinodo nazionale nel quale siamo chiamati a prendere delle decisioni. La Cei sta organizzando due Assemblee per votare delle linee concrete di azione: io stesso parteciperò alla prima delle due Assemblee nazionali, in programma a novembre, insieme ai Referenti diocesani.
Verso il Giubileo
Il Santo Padre Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo 2025, Spes non confundit, scrive: «Ora è giunto il tempo di un nuovo Giubileo, nel quale spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza viva dell’amore di Dio»[1], e «il prossimo Giubileo sarà un Anno Santo caratterizzato dalla speranza che non tramonta, quella in Dio».[2] Il Giubileo è un tempo favorevole per fare l’esperienza viva dell’amore di Dio, un amore che si manifesta nella carne del Verbo fatto uomo, immolato sulla croce e vivente in eterno, vero fondamento della speranza che mai tramonta. Infatti: «La speranza nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal Cuore di Gesù trafitto sulla croce».[3]
Il principio dell’Incarnazione è una chiamata a concretizzare la speranza in segni eloquenti che sappiano testimoniare la gioia e l’importanza della vita in Cristo, a livello comunitario e personale. Il gesto concreto per eccellenza dell’Anno giubilare sarà il pellegrinaggio: un’azione semplice e allo stesso tempo capace di stimolare la relazione e il dialogo, il silenzio e l’apertura interiore, la fatica e il desiderio di una meta. La meta centrale è Roma, le quattro Basiliche maggiori. In esse ci saranno le uniche Porte sante di questo Giubileo. Ad esse siamo chiamati a convergere in maniera prioritaria.[4]
Altra dimensione fondamentale del Giubileo è l’esperienza della grazia e della misericordia che i fedeli potranno vivere accostandosi al Sacramento della Riconciliazione, per ottenere l’indulgenza e il perdono del Padre buono. «La Riconciliazione sacramentale non è solo una bella opportunità spirituale, ma rappresenta un passo decisivo, essenziale e irrinunciabile per il cammino di fede di ciascuno»[5] scrive sempre Papa Francesco. Questo elemento chiama in causa in maniera prioritaria la Diocesi e in particolare la Chiesa Cattedrale. Essa sarà il luogo diocesano in cui convergere. Il presbiterio è già stato informato che saranno organizzati a livello vicariale dei momenti di preparazione e di pellegrinaggio in Cattedrale. Vi invito fin da ora ad offrire il vostro aiuto perché in Cattedrale sia assicurato una più ampia presenza di confessori.
Mi permetto di segnalarvi alcuni momenti diocesani imprescindibili:
domenica 29 dicembre 2024, domenica della Sacra Famiglia, in cui per l’Apertura diocesana del Giubileo ho deciso di convocare tutta la Diocesi nella chiesa di S. Francesco in Faenza alle 17.30, per poi andare in pellegrinaggio fino alla Cattedrale per celebrare l’Eucaristica. Domenica 8 giugno 2025, Pentecoste, alle 18 in Cattedrale, tutta la Diocesi è convocata per una celebrazione giubilare a conclusione dell’anno pastorale, per celebrare l’effusione e il mandato missionario dello Spirito Santo alla Chiesa. Domenica 28 dicembre 2025, domenica della Sacra Famiglia, vivremo, infine, la chiusura diocesana del Giubileo. Concludo l’elenco segnalando che ogni Vicariato vivrà un pellegrinaggio organizzato e coordinato dal vicario foraneo, nel Tempo di Quaresima. Esso prevederà la proposta di un cammino verso la Cattedrale, un segno di carità, una celebrazione penitenziale con la possibilità della confessione, la celebrazione dell’Eucaristia con il vescovo, che sarà anche la celebrazione conclusiva della Visita pastorale per ogni Vicariato.
Visita Pastorale
Concludo il mio intervento per ringraziarvi delle energie spese per l’organizzazione e la buona riuscita della Visita pastorale. Nei prossimi mesi visiterò le ultime Unità pastorali. Ritengo che sia stata un’occasione per lavorare insieme o, meglio, per far lavorare insieme le comunità e le persone al loro interno. Rilevo che non sempre la dimensione diocesanaè valorizzata al meglio e che emerge sempre la tentazione di frammentare il contesto ecclesiale in campanilismi controproducenti. È il tempo del camminare insieme, della coralità, dell’armonia e delle sinergie pastorali.
Ho notato la capacità di molte comunità nel saper leggere la realtà odierna, nel comprendere che è necessario una conversione in chiave missionaria e vocazionale: non tanto per colmare i vuoti tra le fila dei presbiteri e le realtà laicali, ma per servire meglio la nostra realtà diocesana.
la festa per la nostra Patrona, la Vergine delle Grazie, quest’anno è inserita nella celebrazione dell’Ascensione del Signore. Questa coincidenza ci permette di approfondire un grande mistero della nostra fede. Come abbiamo ascoltato «il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio».
Fratelli e sorelle, non è indifferente per noi che il nostro Signore sia già con il suo corpo «alla destra di Dio». Agostino, quasi parafrasando la lettera di S. Paolo agli Efesini che abbiamo ascoltato come seconda lettura, scrive: «Discese nel mondo la nostra Vita, la Vita vera, si prese sulle sue spalle la nostra morte e l’uccise con la sovrabbondanza della sua vita. […] È asceso. Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore,dove trovarlo.Non volle rimanere a lungo con noi in modo visibile. Ma non ci ha lasciati» (Confessioni, IV, 12, 19). Vive in noi, dentro di noi, nella nostra storia.
Si è allontano, dunque, dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo. Ecco il significato profondo di questa festa: gli occhi del corpo non bastano per vedere e capire Gesù Cristo, morto e risorto. Abbiamo bisogno degli occhi del cuore, abbiamo bisogno della fede, dell’esperienza viva e reale della presenza del Signore in cielo e in terra, in ogni nostra attività, in ogni situazione di vita e di morte.
Lui non ci abbandona. Il Signore è asceso perché vuole indicarci a cosa siamo chiamati: ad una vita trasfigurata. Siamo chiamati ad una vita nuova, una vita piena di carità, di opere buone, di relazioni autentiche. Non siamo chiamati ad appiattirci su noi stessi, a ridurre i nostri orizzonti a ciò che possiamo vedere con gli occhi del corpo. Siamo chiamati ad allargare l’orizzonte del nostro sguardo, a sollevare lo sguardo. «Si è allontanato dagli occhi affinché tornassimo al cuore, dove trovarlo».
Con questa intima urgenza spirituale non possiamo guardare alla consegna dei ceri dei vari rioni come ad una manifestazione meramente folkloristica del Niballo. Non siamo qui in costumi belli, per fare una semplice rievocazione del passato. Questa Messa ci sollecita a guardare più in profondità.
Prendiamo il simbolo dei ceri. Si tratta di ceri che evocano il cero pasquale, il cero che arde dalla notte di Pasqua per tutto il Tempo Pasquale. I ceri che i rioni consegneranno sono simbolo di Colui che ha accettato di morire ed è risorto. I ceri vengono, allora, offerti alla Madonna, perché sono uno dei simboli più alti della nostra fede: rappresentano il Signore che, accettando il sacrificio della Croce, ha vinto la morte con la sua risurrezione, divenendo luce per noi. Sono un simbolo di tutti noi co-morti e co-risorti con Cristo. Offriamo i ceri perché anche noi ci possiamo ricordare che nella vita se non accettiamo di vivere per gli altri, se non accettiamo di essere consumati dall’amore vero, non potremo mai splendere e illuminare il mondo.
Con il dono dei vostri ceri, cari rappresentanti dei rioni, volete innanzitutto esprimere il vostro ringraziamento alla Vergine delle Grazie perché non ci ha abbandonati durante tutte le difficoltà che hanno colpito la nostra terra. Mai è mancata la speranza, mai è mancato l’aiuto concreto da parte di tante persone generose.
In secondo luogo, con l’offerta dei ceri volete anche dire che desiderate proseguire la rinascita, ormai avviata, per edificare una città sempre più bella e giusta, una città che sappia riconoscere nel valore delle relazioni solidali la sua forza. «Possiamo rialzarci solo insieme», fin da subito è stato detto. È questa la strada che dobbiamo percorrere per costruire un futuro migliore.
Che la vita di ciascuno di voi, dei vostri rioni, rigenerati spiritualmente e moralmente dopo le grandi prove, sappia ritornare al cuore delle cose, dove è sempre sperimentabile la presenza unica del Signore, dove sempre si lascia trovare.
Venti minuti di spunti di riflessione sulla vita universitaria. Dal 15 al 19 gennaio con inizio alle 17 in aula San Pier Damiani del Seminario (presso le aule studio) viene proposto questo percorso a cura dell’Area Giovani e Vocazioni della Diocesi e dalla Biblioteca Card. Cicognani. A condurre gli incontri sarà don Michele Morandi, vicario generale e rettore del Seminario. La partecipazione è gratuita e non occorre iscriversi.
Mercoledì 11 ottobre è in programma la presentazione del percorso diocesano post-cresima “5 tappe verso la professione di fede”. L’appuntamento sarà in Seminario (ingresso da via degli Insorti, 56). Info don Massimo 328 6016435.
Si cercherà, nel limite delle possibilità e capacità, di coinvolgere quanti più volontari si offrono disponibili e di offrire supporto a chi ne ha necessità.