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Giornata per la vita: il 4 e 5 febbraio anche a Faenza il Cav in piazza con le primule

In occasione della 45esima Giornata per la vita, domenica 5 febbraio, nelle parrocchie della Diocesi di Faenza-Modigliana e in piazza del Popolo di Faenza torna l’iniziativa “Una primula per la vita”.

Il ricavato andrà a sostegno delle attività del Centro di aiuto alla vita e del “Progetto Gemma” (adozione prenatale a distanza).

Volontarie e volontari del Cav di Faenza saranno inoltre sabato 4 febbraio dalle 8 alle 20 e domenica 5 febbraio dalle 8.30 alle 13 presso lo shopping center La Filanda. Sempre sabato e domenica, dalle 8.30 fino alle 19.00 circa, saremo anche in Piazza della Libertà. Sabato pomeriggio per tutti i bambini sarà presente una trucca bimbi, mentre domenica il pomeriggio sarà animato dai Bastardjazz.


Il 5 febbraio la Giornata per la Vita: il messaggio dei vescovi

In questo nostro tempo, quando l’esistenza si fa complessa e impegnativa, quando sembra che la sfida sia insuperabile e il peso insopportabile, sempre più spesso si approda a una “soluzione” drammatica: dare la morte. Certamente a ogni persona e situazione sono dovuti rispetto e pietà, con quello sguardo carico di empatia e misericordia che scaturisce dal Vangelo. Siamo infatti consapevoli che certe decisioni maturano in condizioni di solitudine, di carenza di cure, di paura dinanzi all’ignoto… È il mistero del male che tutti sgomenta, credenti e non. Ciò, tuttavia, non elimina la preoccupazione che nasce dal constatare come il produrre morte stia progressivamente diventando una risposta pronta, economica e immediata a una serie di problemi personali e sociali. Tanto più che dietro tale “soluzione” è possibile riconoscere importanti interessi economici e ideologie che si spacciano per ragionevoli e misericordiose, mentre non lo sono affatto.
Quando un figlio non lo posso mantenere, non l’ho voluto, quando so che nascerà disabile o credo che limiterà la mia libertà o metterà a rischio la mia vita… la soluzione è spesso l’aborto.
Quando una malattia non la posso sopportare, quando rimango solo, quando perdo la speranza, quando vengono a mancare le cure palliative, quando non sopporto veder soffrire una persona cara… la via d’uscita può consistere nell’eutanasia o nel “suicidio assistito”. Quando la relazione con il partner diventa difficile, perché non risponde alle mie aspettative… a volte l’esito è una violenza che arriva a uccidere chi si amava – o si credeva di amare –, sfogandosi persino sui piccoli e all’interno delle mura domestiche.
Quando il male di vivere si fa insostenibile e nessuno sembra bucare il muro della solitudine… si finisce non di rado col decidere di togliersi la vita.
Quando l’accoglienza e l’integrazione di chi fugge dalla guerra o dalla miseria comportano problemi economici, culturali e sociali… si preferisce abbandonare le persone al loro destino, condannandole di fatto a una morte ingiusta. Quando si acuiscono le ragioni di conflitto tra i popoli… i potenti e i mercanti di morte ripropongono sempre più spesso la “soluzione” della guerra, scegliendo e propagandando il linguaggio devastante delle armi, funzionale soprattutto ai loro interessi.

Così, poco a poco, la “cultura di morte” si diffonde e ci contagia.

Per una “cultura di vita”

Il Signore crocifisso e risorto – ma anche la retta ragione – ci indica una strada diversa: dare non la morte ma la vita, generare e servire sempre la vita. Ci mostra come sia possibile coglierne il senso e il valore anche quando la sperimentiamo fragile, minacciata e faticosa. Ci aiuta ad accogliere la drammatica prepotenza della malattia e il lento venire della morte, schiudendo il mistero dell’origine e della fine. Ci insegna a condividere le stagioni difficili della sofferenza, della malattia devastante, delle gravidanze che mettono a soqquadro progetti ed equilibri… offrendo relazioni intrise di amore, rispetto, vicinanza, dialogo e servizio. Ci guida a lasciarsi sfidare dalla voglia di vivere dei bambini, dei disabili, degli anziani, dei malati, dei migranti e di tanti uomini e donne che chiedono soprattutto rispetto, dignità e accoglienza. Ci esorta a educare le nuove generazioni alla gratitudine per la vita ricevuta e all’impegno di custodirla con cura, in sé e negli altri. Ci muove a rallegrarci per i tanti uomini e le donne, credenti di tutte le fedi e non credenti, che affrontano i problemi producendo vita, a volte pagando duramente di persona il loro impegno; in tutti costoro riconosciamo infatti l’azione misteriosa e vivificante dello Spirito, che rende le creature “portatrici di salvezza”. A queste persone e alle tante organizzazioni schierate su diversi fronti a difesa della vita va la nostra riconoscenza e il nostro incoraggiamento.

Ma poi, dare la morte funziona davvero?

D’altra parte, è doveroso chiedersi se il tentativo di risolvere i problemi eliminando le persone sia davvero efficace.
Siamo sicuri che la banalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza elimini la ferita profonda che genera nell’animo di molte donne che vi hanno fatto ricorso? Donne che, in moltissimi casi, avrebbero potuto essere sostenute in una scelta diversa e non rimpianta, come del resto prevedrebbe la stessa legge 194 all’art.5. È questa la consapevolezza alla base di un disagio culturale e sociale che cresce in molti Paesi e che, al di là di indebite polarizzazioni ideologiche, alimenta un dibattito profondo volto al rinnovamento delle normative e al riconoscimento della preziosità di ogni vita, anche quando ancora celata agli occhi: l’esistenza di ciascuno resta unica e inestimabile in ogni sua fase.
Siamo sicuri che il suicidio assistito o l’eutanasia rispettino fino in fondo la libertà di chi li sceglie – spesso sfinito dalla carenza di cure e relazioni – e manifestino vero e responsabile affetto da parte di chi li accompagna a morire?
Siamo sicuri che la radice profonda dei femminicidi, della violenza sui bambini, dell’aggressività delle baby gang… non sia proprio questa cultura di crescente dissacrazione della vita?
Siamo sicuri che dietro il crescente fenomeno dei suicidi, anche giovanili, non ci sia l’idea che “la vita è mia e ne faccio quello che voglio?” Siamo sicuri che la chiusura verso i migranti e i rifugiati e l’indifferenza per le cause che li muovono siano la strategia più efficace e dignitosa per gestire quella che non è più solo un’emergenza?
Siamo sicuri che la guerra, in Ucraina come nei Paesi dei tanti “conflitti dimenticati”, sia davvero capace di superare i motivi da cui nasce? «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione» (Francesco, Omelia al sacrario di Redipuglia, 13 settembre 2014).

La “cultura di morte”: una questione seria

Dare la morte come soluzione pone una seria questione etica, poiché mette in discussione il valore della vita e della persona umana. Alla fondamentale fiducia nella vita e nella sua bontà – per i credenti radicata nella fede – che spinge a scorgere possibilità e valori in ogni condizione dell’esistenza, si sostituisce la superbia di giudicare se e quando una vita, foss’anche la propria, risulti degna di essere vissuta, arrogandosi il diritto di porle fine.
Desta inoltre preoccupazione il constatare come ai grandi progressi della scienza e della tecnica, che mettono in condizione di manipolare ed estinguere la vita in modo sempre più rapido e massivo, non corrisponda un’adeguata riflessione sul mistero del nascere e del morire, di cui non siamo evidentemente padroni. Il turbamento di molti dinanzi alla situazione in cui tante persone e famiglie hanno vissuto la malattia e la morte in tempo di Covid ha mostrato come un approccio meramente funzionale a tali dimensioni dell’esistenza risulti del tutto insufficiente.
Forse è perché abbiamo perduto la capacità di comprendere e fronteggiare il limite e il dolore che abitano l’esistenza, che crediamo di porvi rimedio attraverso la morte?

Rinnovare l’impegno

La Giornata per la vita rinnovi l’adesione dei cattolici al “Vangelo della vita”, l’impegno a smascherare la “cultura di morte”, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse. Rinvigorisca una carità che sappia farsi preghiera e azione: anelito e annuncio della pienezza di vita che Dio desidera per i suoi figli; stile di vita coniugale, familiare, ecclesiale e sociale, capace di seminare bene, gioia e speranza anche quando si è circondati da ombre di morte.


Sinodo dei Giovani work in progress: lunedì 6 febbraio ultimo incontro alla parrocchia del Paradiso

Lunedì scorso alla parrocchia di San Michele di Bagnacavallo si è tenuto il secondo incontro di Sinodo dei Giovani: work in progress.
Come per il primo incontro a Modigliana, anche questo ha visto la partecipazione del vescovo monsignor Mario Toso e di Riccardo Pollini, laureato in Scienze dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, che ha presentato la sua tesi dedicata proprio al Sinodo dei Giovani di Faenza 2017-19.

Da questa tesi è nata anche una pubblicazione Esperienze sinodali edito dall’Istituto Universitario Salesiano di Venezia con introduzione del vescovo monsignor Mario Toso. Il volume è disponibile alla libreria Cultura Nuova di Faenza (piazza XI Febbraio, 13,90 euro).

Gli incontri, aperti a tutti, hanno un taglio interattivo e vogliono lanciare ulteriori stimoli in un contesto di Cammino sinodale.
Il terzo e ultimo incontro di questo ciclo si terrà lunedì 6 febbraio alle 20.45 alla parrocchia del Paradiso di Faenza.

 

“Maria, madre di Misericordia”. Pellegrinaggio in Polonia dall’11 al 15 marzo

Da sabato 11 a mercoledì 15 marzo viene proposto un Pellegrinaggio in Polonia, dal titolo Maria, madre di Misericordia guidato da don Tiziano Zoli, incaricato regionale dell’Ufficio turismo e pellegrinaggi. Partendo in aereo da Forlì, e prendendo spunto dal tempo quaresimale si visiteranno tra l’altro Czestokowa, Cracovia e il santuario della Divina Misericordia, i luoghi natali di san Giovanni Paolo II e il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Per informazioni e iscrizioni entro il 3 febbraio è possibile rivolgersi all’Agenzia Viaggi Brasini (ufficio di Faenza o di Lugo 0546 680867).

Giornata per la vita: all’incontro con Costanza Miriano presentato il percorso “Monastero WiFi Faenza”

Tanta partecipazione venerdì scorso all’incontro a Faventia Sales con la giornalista Costanza Miriano, organizzato dal Centro Aiuto alla Vita di Faenza, dal titolo Avrò cura di te. Accogliere la vita nel mondo attuale. Volersi bene nella vita e nel dolore, superando le fatiche di ogni giorno e accogliendo il dono dell’altro nel matrimonio: da qui è partita la riflessione di Miriano, che ha offerto tanti spunti concreti e quotidiani. «È importantissimo in una famiglia quando i figli vedono che i genitori sanno perdonarsi a vicenda, rispettando i tempi e i limiti dell’altro. È questa la capacità di amare come Gesù ci ama, senza misure. Si parte da lì, accogliendo debolezze e fatiche».

La sfida interiore: i 7 vizi capitali

Durante l’incontro con Costanza Miriano è stata presentata l’iniziativa Monastero WiFi Faenza, che offre incontri mensili di preghiera e formazione cristiana. Gli incontri, partiti nell’ottobre scorso e guidati da don Paolo Bagnoli, si svolgono alla chiesa di Santo Stefano (via XX Settembre, 9) dalle 20.45 alle 22 e prevedono un momento di catechesi, adorazione eucaristica guidata e una preghiera conclusiva. Il percorso di catechesi quest’anno sviluppa il tema dei sette vizi capitali. Il prossimo appuntamento è venerdì 27 gennaio dove si affronterà il peccato di gola. Seguirà venerdì 17 febbraio un momento di catechesi dedicato al peccato di lussuria. Per gli altri appuntamenti si può consultare la pagina facebook Monastero WiFi Faenza. Il percorso si concluderà a giugno. Info: Roberta Ravaglioli Montevecchi monasterowifi.faenza@gmail.com.

Partiti gli incontri “Sinodo dei giovani: work in progress”. In tanti all’evento di Modigliana

Si è svolto martedì scorso, 16 gennaio, a Modigliana nel salone parrocchiale il primo dei tre incontri dedicati allo studio delle linee guida emerse dal Sinodo dei Giovani che la Diocesi di Faenza-Modigliana ha vissuto nel triennio 2017-19 e che fu poi bloccato, nella sua fase attuativa, dalla pandemia. Tre anni dopo l’occasione di ripartire nasce dal prezioso lavoro svolto da Riccardo Alberto Pollini, studente di 24 anni che attualmente vive l’esperienza della “Fraternità Giovani” presso il Seminario di Faenza, e dalla sua tesi di laurea triennale in Scienze dell’Educazione conseguita presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia nell’ottobre 2021: una ricerca approfondita e ricca proprio sull’esperienza del nostro “Sinodo dei Giovani” a partire da 18 interviste ad altrettanti giovani dai 18 ai 30 anni, dei quali nove direttamente coinvolti nell’organizzazione e nelle commissioni di lavoro del Sinodo e nove che hanno invece vissuto l’evento dal di fuori come residenti in diversi comuni della nostra Diocesi. Dalla tesi è stato poi pubblicato il libro Esperienze sinodali. Giovani e Chiesa in cammino edito dall’Istituto Universitario Salesiano di Venezia con introduzione del vescovo monsignor Mario Toso. Il volume è disponibile alla libreria Cultura Nuova di Faenza (piazza XI Febbraio, 13,90 euro).

L’incontro è partito dalla ricerca svolta da Riccardo Pollini che ha intervistato diversi giovani

Oltre 40 i partecipanti al primo dei tre incontri interattivi progettati direttamente da Riccardo: fra loro giovani, educatori, catechisti, genitori, nonni e rappresentanti delle istituzioni fra i quali anche il sindaco di Modigliana Jader Dardi. La serata, dopo un breve momento frontale di presentazione della struttura del lavoro di ricerca svolto, è proseguita con quasi tre quarti d’ora di confronto vivo e appassionato fra i presenti, suddivisi in piccoli gruppi e accompagnati da alcuni stralci delle 18 interviste presenti nel libro.

Molteplici i temi emersi successivamente in un breve momento di confronto comunitario, i quali sono stati raccolti e argomentati dalle conclusioni del vescovo Mario che ha presenziato con attenzione e passione a tutta la serata. “Raccolgo come uno dei doni più preziosi di questa serata la passione e l’intensità del lavoro di confronto svolto nei gruppi” – uno dei passaggi delle considerazioni del vescovo – “che dimostra quanto sia urgente e all’attenzione di tutti la necessità di mantenere vivo un legame fra i giovani e le nostre realtà parrocchiali e diocesane. Sono tanti i germogli nati dall’esperienza del Sinodo, ma deve essere un compito avvertito da tutti come proprio quello di impegnarsi a far conoscere e a proseguire il lavoro svolto, specialmente dopo lo stop imposto dalla pandemia”. Ringraziamenti finali arrivati, oltre a Riccardo, anche al parroco di Modigliana don Marco Corradini e ai membri dell’equipe di Pastorale Giovanile che presenziano e coordinano l’organizzazione logistica degli incontri.

“Ho partecipato con piacere all’incontro sul Sinodo dei Giovani, organizzato presso il salone del Circolo Parrocchiale di Modigliana, a cui era presente anche monsignor Mario Toso – ha commentato il sindaco Dardi – Un’interessante occasione di confronto e approfondimento sulle attività svolte nell’ambito del Sinodo, che ha aperto uno sguardo verso i giovani, chiamandoli all’impegno e alla partecipazione sociale e pastorale”.

Il prossimo incontro di Sinodo dei GiovanI: Work in progress sarà lunedì 30 gennaio alla parrocchia di San Michele di Bagnacavallo con inizio alle 20.45.

Mattia Brienza


Il vescovo Mario: “Grazie Benedetto, ci hai insegnato ad amare Cristo e la sua Chiesa con umiltà e dolcezza, nella ragionevolezza della fede”

Tanta partecipazione in Cattedrale a Faenza, martedì 3 gennaio, per la messa in suffragio del papa emerito Benedetto XVI, morto il 31 dicembre scorso a 95 anni. La celebrazione è stata presieduta dal vescovo, monsignor Mario Toso, di cui riportiamo di seguito l’omelia.

L’omelia del vescovo Mario

Cari fratelli e sorelle, siamo qui a pregare per Benedetto XVI, papa emerito, amato e anche osteggiato, non possiamo negarlo: qualcuno l’ha definito martire della Verità. Grande teologo, ma soprattutto testimone esemplare della fede cristiana, di una vita che nasce in Cristo, fiorisce in Lui, con Lui, per Lui.

La sua vita di sacerdote, di studioso, di esperto al Concilio Vaticano II, di vescovo, di Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, di pontefice, di papa emerito, si presenta a noi, prima di tutto, come un’esperienza profonda di fede, di amore, di speranza nel Signore Gesù. Benedetto XVI va ricordato anzitutto come maestro provetto di riflessione sapienziale, come catecheta insuperabile nella trasmissione della fede. È emblematica l’affermazione: «La Chiesa non grava gli uomini di un qualcosa, non propone un qualche sistema morale. Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui».[1]

Più si conosce la figura di Benedetto XVI più ci appare evidente che egli è stato un credente in cui viene dato il primato all’esperienza dell’incontro con Cristo rispetto all’essere teologo, studioso, pontefice. In lui si è mostrato a noi un metodo di vita, di essere studiosi, pastori e testimoni, che si potrebbe definire metodo realista della fede.[2] Si tratta di un metodo di conoscenza e di interpretazione, che si struttura a partire dalla radicazione e dalla comunione di vita con Cristo, con il suo amore pieno di verità (cf Caritas in veritate). Un tale metodo di vita cristiana è indicato e proposto nel suo testamento spirituale. Vi è una particolare consonanza tra quanto afferma il suo testamento spirituale e il brano che abbiamo udito, tratto dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi. In questa Lettera paolina i credenti sono sollecitati a rimanere saldi nel Signore, a vivere radicati nella vita trasfigurata che il Risorto ha guadagnato definitivamente per loro (cf Fil. 3, 20-4,1). Nel suo testamento spirituale Benedetto XVI così incoraggia tutti coloro che sono stati affidati al suo servizio: «rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere!». Rimanete vivi in Cristo, che «è veramente via, verità e vita». «La Chiesa, pur con tutte le sue insufficienze, è veramente il Suo corpo». In definitiva, occorre andare al di là delle molteplici riflessioni sull’esperienza originaria che abbiamo della fede in Cristo, dell’incontro con Lui. Occorre andare al di là delle interpretazioni proposte dalle varie scienze bibliche, teologiche, spirituali, per ritornare sempre alla fonte originaria della nostra vita cristiana, che è l’unione con il Cristo reale, intero, ossia col Verbo incarnato, presente nell’umanità e nella storia, asceso al cielo.

Per questa Messa di suffragio abbiamo scelto il Vangelo di Giovanni in quel brano ove si legge: «Dopo che si fu manifestato risorto ai suoi discepoli, quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?” Gli rispose: “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”. Gli disse: “Pasci i miei agnelli”» (Gv 21, 15-19). Gesù chiese a Pietro una seconda volta se l’amava. E Pietro, risponde ancora che gli vuole bene. Lo stesso avvenne per la terza volta. Ma a Pietro che ribadisce di volergli bene, e non giunge a dirgli che lo ama, Gesù non rinuncia di affidargli il compito di pascere le sue pecore e gli chiede di seguirlo: «Seguimi!», gli dice.

Il brano citato del Vangelo di Giovanni è lo stesso che il cardinale Ratzinger commentò alle esequie di Giovanni Paolo II in piazza san Pietro. Pensando, poi, a quanto ci è stato riferito, e cioè che il papa emerito Benedetto XVI, nelle ultime ore della sua vita ha pregato così: «Signore, ti amo», viene spontaneo collegare le sue parole alla domanda che Gesù rivolse a Pietro: «mi ami tu?». Le ultime parole di Benedetto XVI appaiono una risposta alla domanda che Gesù pose a Pietro. Papa Ratzinger, fine intellettuale, teologo mirabile, umile servitore nella vigna del Signore, sembra proprio rispondere alla domanda che Gesù pone a Pietro, con un amore temprato dagli studi, da un lungo servizio alla Santa Sede, dalle sofferenze e dalle responsabilità del popolo di Dio. Mi piace pensare che papa Benedetto abbia avuto, alla conclusione della sua vita terrena, la forza di darci una testimonianza unica, intensa. A Cristo che lo chiama a vivere eternamente con Lui, a 95 anni, risponde, ancora una volta: «Signore, ti amo», cosa che ha certamente fatto altre volte. In tal modo, il papa emerito, in questa sua singolare posizione, dichiara il suo amore al Risorto, sino alla fine. Si era preparato a questo. Più volte ha scritto che egli, ritirato nel monastero Mater Ecclesiae, non viveva e «non si preparava per una fine, ma per un incontro». È sempre il realismo di una fede accolta, vissuta, testimoniata al massimo grado. Che papa Benedetto – che osiamo sperare già nella casa del Padre -, ci benedica! Ci aiuti ad amare la Chiesa come lui l’ha amata. Quella Chiesa che, come gli ha insegnato il teologo Romano Guardini, non è un’istituzione escogitata e costruita a tavolino…, ma una realtà vivente lungo il corso del tempo, in divenire. Nella sua natura rimane sempre la stessa. Il suo cuore è Cristo. È corpo vivo, animato dallo Spirito. Vive realmente dalla forza di Dio. Essa è nel mondo, ma non è del mondo: è di Dio, di Cristo, dello Spirito. La Chiesa vive, cresce e si risveglia nelle anime che, come la Vergine Maria, accolgono la Parola di Dio e la concepiscono per opera dello Spirito santo; offrono a Dio la propria carne e, proprio nella loro povertà e umiltà, diventano capaci di generare Cristo oggi nel mondo. Attraverso la Chiesa, il Mistero dell’incarnazione rimane presente per sempre.[3] Grazie, papa Benedetto, che ci hai insegnato ad amare Cristo e la sua Chiesa con umiltà, con dolcezza, nella ragionevolezza della fede: ossia con una fede sostenuta dalla ragione e una ragione illuminata dalla fede. Noi preghiamo per te, ma tu prega per noi.

                                                        + Mario Toso

[1] Benedetto xvi, Luce del mondo. Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi, Una conversazione con Peter Seewald, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2010.

[2] Su questo si veda M. Toso, Il realismo dell’amore di Cristo. La Caritas in veritate: prospettive pastorali e impegno del laicato, Edizioni Studium, Roma 2010.

[3] Cf Saluto di congedo del santo Padre Benedetto XVI agli Eminentissimi Cardinali presenti in Roma (28 febbraio 2013).


Le iniziative per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 18-25 gennaio

preghiera unità cristiani Gesù
Per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in Italia il consiglio delle chiese cristiane di Milano ha introdotto e arricchito il sussidio preparato a livello mondiale dalle chiese del Minnesota (USA) , una regione che ha patito alcune delle peggiori discriminazioni razziali dai tempi della esecuzione di massa degli indigeni Dakota nel 1862 al recente omicidio del giovane afro-americano, George Floyd per mano di un agente di polizia di Minneapolis, che ha fatto scendere in piazza gente in ogni parte del mondo.
La preghiera per l’unità sarà proposta in città a Faenza secondo il calendario raccolto in questa locandina

Il 17 gennaio la Giornata del dialogo ebraico-cristiano: incontro a San Francesco

Martedì 17 gennaio alla chiesa di San Francesco di Faenza si terrà un incontro per la XXXIV Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Ospiti saranno Miriam Camerini, esperta in ebraismo e in collegamento da Gerusalemme, Lidia Maggi e Angelo Reginato, pastori della Chiesa Battista. Purtroppo, diversamente da quanto annunciato, per motivi di salute non riuscirà invece a essere rabbino capo di Ferrara Luciano Caro.

L’incontro, promosso dall’Ufficio Ecumenismo delle Diocesi di Faenza e Imola, ha il patrocinio del Comune di Faenza.

La giornata del 17 gennaio, che prelude alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, avrà quest’anno un respiro ecumenico, e sarà sempre il profeta Isaia ad accompagnare le riflessioni delle due iniziative passando dalla consolazione del capitolo 40 all’austerità del capitolo 1.
Scrive il consiglio dell’assemblea rabbinica nel sussidio promosso insieme alla CEI:
Nel calendario ebraico, si celebra d’estate un periodo speciale, particolarmente austero, di tre settimane, che inizia con un digiuno (il 17 di Tamuz) e finisce con un altro digiuno, ancora più rigoroso, quello del nove di Av. In questo giorno si ricordano le distruzioni del primo e del secondo Santuario di Gerusalemme e molte altri eventi luttuosi che hanno funestato la storia ebraica. Nel sabato che precede il 9 di Av si legge, con melodia struggente, il capitolo 1 di Isaia, quello della “Visione”, severa e minacciosa. Nel sabato successivo l’atmosfera cambia, è il momento della ripresa, della consolazione, il brano scelto per segnalarlo è proprio Isaia 40, che inizia con le parole Nachamù nachamù ‘amì, “Consolate, consolate il Mio popolo”. Questa volta la melodia è solenne e festiva. […]. Il popolo di Israele, pur colpito da sciagure, sa che dopo il lutto viene la consolazione, la vita riprende, il legame con il Signore torna ad esprimersi su toni più sereni, nell’attesa fiduciosa della completa redenzione, su questo percorso il messaggio è sempre valido. Tanto radicata è la consuetudine di quel brano, che si presta pure, nel linguaggio dialettale degli ebrei italiani, a un proverbio meteorologico: “Nachamù, nachamù e l’estate non c’è più”.
Nel sito si possono trovare i sussidi predisposti a livello nazionale per le iniziative. Per l’approfondimento e lo sviluppo dei dialogo con gli ebrei ci sono vari materiali qui

 


Gmg Lisbona 2023: Domenica 15 gennaio serata di presentazione in Seminario

Domenica 15 gennaio in Seminario a Faenza si terrà la serata diocesana di presentazione alla Giornata mondiale della Gioventù 2023 di Lisbona. Un incontro per tutti i giovani, gli educatori, i sacerdoti che vogliono conoscere il programma dettagliato del nostro pellegrinaggio a Lisbona. Il percorso di preparazione e tutte le info per vivere questa esperienza con papa Francesco e tutti i giovani del mondo.