Qui a Russi si è abituati a celebrare la festa della Beata Vergine Addolorata invitando i sacerdoti originari di questa parrocchia o che vi hanno prestato servizio pastorale. Questo ci consente di riflettere su Maria, Madre dei sette dolori – così è venerata in questa Chiesa dei Servi -, con riferimento ai presbiteri e al loro ministero sacerdotale e parrocchiale. Come ci ha ricordato il versetto del canto al Vangelo, la beata Vergine Maria, senza morire, sotto la croce del Signore, meritò la palma del martirio. Per il Figlio fu un martirio cruento, per Lei incruento, ossia il martirio della sua anima di Madre, ripetutamente ferita. Pur non essendo inchiodata sulla croce è come se lo fosse stata. Le sofferenze del Figlio si riflettono su di Lei. Sono sperimentate dalla Madre. Ella, vive intimamente l’offerta sacerdotale del Figlio al Padre. Condivide lo strazio e il disprezzo che subisce il Figlio mentre agonizza per la redenzione del mondo. Gesù, il Sommo Sacerdote, che non compie sacrifici offrendo animali ma immolando se stesso come vittima gradita, santa ed immacolata, ha accanto sua Madre.
Cari fratelli e sorelle, allorché facciamo della nostra vita sacerdotale – vi è un sacerdozio comune e un sacerdozio presbiterale – un dono alla comunità cristiana e al Padre, sentiamo accanto a noi la presenza e la partecipazione di Maria. Vediamola come Colei che ci accompagna nella nostra passione d’amore, nel servizio ai fratelli, nel dono di Lui al mondo, affinché sia Tutto in tutti. Come Lei, viviamo accanto ai nostri fratelli e sorelle, specialmente gli ammalati e coloro che sono soli, crocifissi, perché calpestati nella loro dignità, emarginati e abbandonati. Impariamo da Lei quella fecondità spirituale che diventa maternità generativa di una nuova umanità, di un nuovo popolo, il popolo di Dio. Apprendiamo quella spiritualità vittimale che ha fatta propria anche Benedetta Bianchi Porro. Sabato scorso è stata beatificata a Forlì ed è stata indicata a tutti noi, presbiteri, diaconi, suore, christifideles laici quale modello di crocifissa, vivente d’amore per Dio e per i fratelli. Carissimi, la sofferenza inclusa in ogni apostolato, il sacrificio delle persone consacrate che rendono sacra la loro vita, non devono essere considerati periferici rispetto all’affermazione del Regno di Dio. Essi sono preziosi. Essi danno compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella nostra carne, a favore del corpo di Cristo, che è la Chiesa (cf Col 1, 24-2,3). Sono necessari per aprire varchi di speranza in coloro che debbono essere liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel regno del Figlio di Dio, nella sua pienezza di vita.
Riflettiamo anche, come ci sollecita il Vangelo odierno, sulle parole che Gesù dalla croce rivolge al discepolo Giovanni: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. Maria, dopo la morte e risurrezione del Figlio, e l’inizio per i discepoli di un tempo nuovo, contrassegnato da una diversa presenza del loro Signore, mediante il suo Spirito di verità e di amore, continua a vivere in mezzo a loro. Vive nella e con la Chiesa, che si diffonde nel mondo, attraverso i tempi, portando il lieto annunzio. Vive unita al gruppo degli apostoli, sempre più Madre della Chiesa. È stata Madre nel Cenacolo, ove lo Spirito santo scende e rinfranca il gruppo traumatizzato dei discepoli. Continua ad esserlo incoraggiando ad andare dal Figlio, a portarLo tra i popoli, nelle famiglie, entro i cuori, nelle culture. Maria è Madre non di una Chiesa eterea, astratta, ridotta ad una nozione teologica. È Madre del popolo di Dio che, seminato nei solchi della storia, irriga i terreni aridi e germoglia nuovi umanesimi, libera dagli idoli. Ma, come è noto, non tutto è agevole, senza contrasti e senza opposizioni. Pensiamo alla desertificazione spirituale crescente, alle persecuzioni che continuano. Pensiamo al neopaganesimo che si diffonde tra gli stessi credenti. Non dimentichiamo il rimpicciolimento delle comunità nei Paesi di lunga tradizione cristiana. Non trascuriamo il relativismo e l’individualismo libertario assolutizzati, che costituiscono un vero e proprio ostacolo alla seminagione e alla fioritura del Vangelo nello spirito soprattutto delle nuove generazioni. Da ultimo, pensiamo che per la Madre di Cristo e della Chiesa sono una spada le divisioni tra i fedeli che si schierano per «Paolo», per «Apollo», per «Cefa», costituendo gruppi a sé. È, forse, diviso il Cristo, si chiedeva già l’Apostolo delle genti, agli inizi della Chiesa (cf 1Cor 1, 11-13)? Non siamo, piuttosto, tutti membra diverse di un unico corpo, il corpo di Cristo che è la Chiesa? Rispetto a ciò è importante il ministero dei presbiteri. Essi sono chiamati a tenere unito il corpo di Cristo, recuperando l’apprezzamento reciproco, mettendo al centro Cristo Signore.
Ai piedi della Madre esprimiamo il nostro grazie per la sua sollecitudine, perché ci accompagna ad essere un Cenacolo ove un unico Spirito rende i discepoli comunione-comunità di amore.
+ Mario Toso
Vescovo di Faenza-Modigliana