Author: samuelemarchi

VIDEO / Rapporto Povertà e Risorse 2021: in 1.500 persone hanno chiesto aiuto alla Caritas diocesana

toso caritas

Comprendere le cause che portano alla povertà del nostro territorio ed essere più consapevoli su come intervenire. A distanza di due anni dall’inizio della pandemia, il contesto sociale del territorio faentino è ancora molto fragile, come testimonia il Rapporto Povertà e Risorse della Caritas diocesana inerente al 2021. I numeri delle persone che hanno richiesto servizi alla Caritas sono in calo rispetto ai momenti più complessi della pandemia, ma se confrontati con il periodo precedente al Covid, sono più alti come numero di accessi. Nel 2021 in 1.500 persone hanno chiesto aiuto alla Caritas tramite i diversi servizi che offre (dalla mensa del Centro di Ascolto, all’accoglienza notturna a San Domenico fino al supporto delle Caritas parrocchiali). Nel 2016 sono stati dati 4.500 pasti, nel 2019 erano 6.505, nel 2021 si è arrivati a 9mila (30 al giorno), un numero inferiore rispetto al 2020, ma ancora molto elevato rispetto al periodo pre-Covid. Sono stati 3.003 gli accessi al dormitorio maschile, 586 all’accoglienza femminile. Dagli scenari illustrati emerge un contesto che presenta ancora forti criticità.

Non solo stranieri. A chiedere aiuto anche tanti italiani, e 1 su 4 ha anche un lavoro

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La mensa del Centro di Ascolto diocesano.

Il Rapporto è stato presentato il 30 settembre scorso alla sala Fellini di Faenza. L’incontro è stato aperto dal vescovo monsignor Mario Toso. «Dopo aver letto il Rapporto in me si è confermata una convinzione, che è condivisa dagli operatori della Caritas – ha detto il vescovo – e cioè che nella Diocesi di Faenza-Modigliana esiste per davvero un grande tesoro in umanità e in grazia». Il titolo del Rapporto 2021 è La relazione, chiave di volta del costruire. «La relazione è sempre centrale – spiega Maria Chiara Lama, responsabile dell’Osservatorio Caritas -. Noi stessi, come uomini, realizziamo la nostra identità solo in un rapporto con gli altri e con il creato. La sensazione comune a più volontari è che, mentre il mondo si stravolge, noi ritroviamo la nostra essenza solo confrontandoci con l’altro. Quindi Caritas diventa luogo e momento di relazioni che nutre soprattutto l’anima». Non è raro, spiegano gli operatori, che alcune persone sole cerchino la Caritas per avere prima di tutto un contatto umano, oltre che supporto materiale.

Cresce anche il ruolo delle 25 Caritas parrocchiali che, grazie alla loro prossimità al territorio, possono creare più facilmente un rapporto diretto e continuativo con le persone più ai margini. A queste realtà si sono rivolte 990 persone. Il 35% sono italiani, la nazione più rappresentata, a seguire Marocco, Albania, Nigeria e Senegal. L’età media è 48 anni. Il 65% sono donne, il 68% vive in famiglia. Le persone che si sono presentate invece al Centro di Ascolto diocesano di via D’Azzo Ubaldini, in centro a Faenza, nel 2021 sono state 485.

Accoglienza Ucraina, la Diocesi ha ospitato 140 profughi

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Profughi ucraini al monastero Santa Chiara

Quattro i temi principali del Rapporto che vi avevamo anticipato sullo scorso numero de il Piccolo: Alloggi, Lavoro, Accoglienza Ucraina e Giovani. Sul lavoro, il Rapporto evidenzia come si può essere poveri anche se si sta lavorando. Una persona su quattro ha un lavoro che non è sufficiente al bilancio familiare, senza considerare le situazioni di lavoro grigio. A ottobre 2021 erano 390 persone nella Romagna faentina a ricevere il reddito di cittadinanza (280 a Faenza, 36 a Brisighella, 13 a Solarolo) e solo cinque persone sono poi risultate non idonee. «Per quanto riguarda l’accoglienza Ucraina – spiega don Marco Ferrini, direttore Caritas- a Faenza sono state ospitate circa 300 persone in tutto, numeri più contenuti, fortunatamente, rispetto a quelli preannunciati. La nostra Diocesi ha aperto le braccia a queste persone e ne ha accolte 140. Oggi sono presenti ancora 72 persone, e ci si è attivati per trovare una prima occupazione a una trentina di loro, mentre 37 minori sono stati accolti nelle scuole. Le accoglienze più numerose sono presso il monastero di Santa Chiara, che è arrivato a ospitare fino a 29 persone, ad oggi 25, e Villa Bersana, che a oggi ospita 21 persone. Anche le accoglienze parrocchiali sono state fondamentali per fronteggiare l’emergenza».

Samuele Marchi


Giovani a Gamogna: alcuni scatti dell’ultima edizione

L’area Giovani e Vocazioni della Diocesi di Faenza-Modigliana ha aperto il nuovo anno pastorale con l’immancabile appuntamento di “Giovani a Gamogna”. La due giorni si è svolta sabato 8 e domenica 9 ottobre.

 


Messa dei Popoli: la celebrazione diocesana domenica 25 settembre a San Marco

La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914 e ogni anno la celebra l’ultima domenica di settembre. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide, e per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Il titolo scelto dal Papa per il suo messaggio annuale è Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati. Quindi, nella Diocesi di Faenza-Modigliana domenica 25 settembre alle 11 sarà celebrata la Santa Messa dei Popoli nella chiesa di San Marco di Faenza, curata dalla Pastorale Migranti diocesana, preceduta dalle prove dei canti alle 9.45.


Giornata per la custodia del creato, la celebrazione all’Engim di Ravenna: “Gesù ci insegna a pregare al plurale”

Il pane come dono della terra, come frutto del lavoro di tanti. Il pane frutto del sacrificio di Cristo che, lasciandosi spezzare, diventa un dono da condividere. E’ stato questo il tema portante della 17esima Giornata per la custodia del creato che, nel nostro territorio, è stata celebrata oggi pomeriggio nella nuova sede didattica dell’Engim Marani.

Un momento di preghiera e di riflessione dalle diocesi di Ravenna-Cervia e Faenza-Modigliana e dalla Fondazione Engim, in collaborazione con Coldiretti Ravenna e Comando Gruppo Carabinieri Forestale di Ravenna. Un sentito momento di ringraziamento per quanto ancora la terra sa produrre, grazie al lavoro di tutta la società, guidato dall’arcivescovo di Ravenna-Cervia monsignor Ghizzoni, accompagnato dal vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso, dai diaconi Luciano Di Buò e Edo Miserocchi, dai rappresentanti della chiesa ortodossa, padre Daniele e padre Alexei.

Quante cose sa dirci un pezzo di pane. Basta saperlo ascoltare. Purtroppo il pane ci sembra scontato: lo troviamo ogni giorno sulla nostra tavola e lo mangiamo senza pensarci, quasi meccanicamente, senza badarci. Quel pane “per il quale Gesù ha avuto un’attenzione speciale – ha ricordato monsignor Ghizzoni nella sua omelia -. I Vangeli riportano una o due moltiplicazioni dei pani e ina di queste si dice chiaramente che Gesù ha compiuto non un gesto magico, ma che prese il pane, rese grazie, lo diede ai discepoli e lo spezza e nello spezzare fa sì che ci sia pane per tutti”.

“Il pane quotidiano, necessario, viene da Dio e ce lo fa dire al plurale come tutto il Padre Nostro. Gesù ci insegna a pregare al plurale, col noi, vuole che sia la comunità a pregare e non semplicemente l’individuo che cerca di sopravvivere e di avere il necessario per sé. Gesù ci ha insegnato a pregare come fratelli, perché la prima parola è padre e il noi non è il noi di un’aggregazione spontanea, di gente che simpatizza o che condivide semplicemente un obiettivo, è un noi di persone che riconoscono tutte insieme il medesimo padre e quindi necessariamente sono indotti a considerarsi fratelli. Quando noi preghiamo il padre nostro – ha poi aggiunto – e chiediamo il pane quotidiano, il pane essenzialenecessario per vivere, noi diamo voce a tutti i nostri fratelli e sorelle sparsi in ogni parte del mondo”.

Tre momenti simbolici nel corso della cerimonia: la consegna di un pezzo di pane, l’esposizione davanti al celebrante di un pannello che riporta il simbolo del roveto ardente come segno dell’intenzione della comunità di togliersi simbolicamente i sandali in riconoscimento della terra come Santa terra, e la consegna al tavolo dei celebranti di un vasetto pieno di terra nel quale vengono piantati semi.

consegna del pane

Accompagnato dai canti del coro di San Biagio, guidato dal maestro Migliavacca, il momento di preghiera e riflessione si è concluso con i saluti istituzionali di monsignor Toso, di padre Antonio Lucente, presidente della Fondazione Engim, che ha ricordato come la Fondazione abbia “deciso di strutturare percorsi formativi per operatori agricoli, inserendosi nella sfida che la Chiesa offre ai giovani di riscattare il loro presente e il loro futuro”, di padre Daniele, di Anna Mazzini, comandante dei Carabinieri del Gruppo Nucleo Forestale di Ravenna, che ha ricordato i tanti impegni e compiti che il Nucleo Forestale porta avanti nella sua missione di difesa e tutela dell’ambiente e degli animali, e di Nicola Dalmonte, presidente di Coldiretti Ravenna. Quest’ultimo ha messo in guardia da due minacce: da un lato “il rischio di perdere la principale fonte di sostentamento, che è il pane” e dall’altro quella “della dieta sintetica a cui i potenti della terra vogliono spingere. Con Coldiretti stiamo cercando di portare a conoscenza di tutti il peso di queste minacce e di combatterle”. Per il Comune di Ravenna ha portato i saluti l’assessore Livia Molducci.

coro San Biagio

Gettare le reti per costruire il Regno di Dio. La Nota pastorale a cura del Vescovo Mario

Di seguito viene pubblicata la Nota Pastorale “Gettare le reti per costruire il Regno di Dio” a cura di S. Ecc. Mons. Mario Toso. La Nota è stata redatta in occasione dell’ultimo giorno della Tre Giorni del Clero, giovedì 15 settembre scorso.

Nota pastorale

GETTARE LE RETI PER COSTRUIRE IL REGNO DI DIO

 

Premessa

Nel mese di settembre 2022 è stato inviato il Vademecum per il secondo anno del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia, realizzato dal Gruppo di Coordinamento Nazionale e appena approvato dalla Presidenza CEI.

Il documento rappresenta una sorta di sussidio metodologico con cui presentare la proposta dei “cantieri sinodali” e della loro restituzione alla fine del secondo anno della “fase narrativa” e sarà oggi stesso inoltrato a tutti i referenti diocesani.

Essendo intensamente impegnati nel cammino sinodale è parso opportuno non predisporre una Lettera pastorale da parte del Vescovo. Piuttosto si è pensato di proporre – in linea con l’impegno dell’annuncio, asse centrale nella partecipazione alla missione di Gesù Cristo – alcune riflessioni sul compito dell’evangelizzazione e su alcuni pericoli in cui può incorrere l’operaio del Vangelo.

Vi è oggi, infatti, da parte dei cristiani e delle loro comunità, la tentazione di rinchiudere l’annuncio entro le mura e il recinto delle chiese, delle aggregazioni e dei movimenti. L’imperativo di Gesù: Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete (Gv 21,6) cosa dice ad ogni fedele ed a singole comunità di fede? Oggi il cristiano che vive nel mondo e vuol essere coerente con il Vangelo, un vero missionario, deve liberarsi da alcuni mali che ledono la vita cristiana e non permettono di ascoltare e vivere la parola di Dio. Si accenna qui ad alcuni mali: la superficialità spirituale, l’individualismo, l’attivismo, il razionalismo, la frattura tra Parola e vita.

Uscire dalla superficialità spirituale

La vita cristiana, per superare la situazione odierna di smarrimento, di stanchezza e di crisi, particolarmente in alcuni ambienti ecclesiali e di comunità, deve obbedire alla parola di Gesù di gettare la rete nel mare del mondo, cioè deve scuotersi energicamente, deve uscire da quel torpore spirituale intimistico, che rappresenta anche super­ficialità spirituale. Ogni comunità ecclesiale deve fare qualcosa per costruire il Regno di Dio e porsi in cammino con la parola del Signore. Gesù invita i discepoli, scoraggiati e delusi dalla pesca infruttuosa, a rientrare in sé stessi, a confessare la propria debolezza ed a riprendere con coraggio il lavoro apostolico, non confidando su progetti umani e persona­li, bensì sul progetto di Dio: un progetto aperto a tutti, non solo ad un «piccolo gregge». Si tratta di vivere la quotidianità cristiana secondo la fede, e far leva sulla forza e sull’iniziativa gratuita e misericordiosa di Dio, sulla sua Parola e sull’azione dello Spirito Santo, pronto con il suo amore a guidare la Chiesa e a fare di tutti i popoli della terra un’unica famiglia, la famiglia di Dio. Soltanto una fede che poggia su convinzioni solide, fondata su una scelta personale e su un recupero d’interiorità, permette di superare l’asfissia spirituale di singoli e di comunità che, spesso, sono prese dal vortice delle cose esteriori e dall’immediato. Anche il cristiano conduce talvolta la sua vita come persona alienata, estranea al suo compito, tutto proteso all’esterno, in un attivismo sterile, nella realizzazione di progetti individuali o di successo momentaneo. La più grande minaccia che il credente deve affrontare, afferma Papa Francesco, è «il grigio pragmatismo della vita quotidiana della Chiesa, nel quale tutto apparentemente procede nella normalità, mentre in realtà la fede si va logorando e degenerando nella meschinità».[1] Occorre progredire, invece, nella vita spirituale per testimoniare al mondo con convinzione sincera l’appartenenza a Dio, a colui che ha amato per primo ogni uomo. Il Dio cristiano è un Dio vicino, un Dio che è entrato nella vita dell’umanità, si è avvicinato di persona all’uomo, non si stacca mai da lui e tutti possono toccare questa sua vicinanza, poggiando sulla sua forza e non sulla debolezza e superficialità umana. Prima di ogni altra cosa va creduto e annunciato che Dio si è incarnato e con ciò si è avvicinato a noi. È venuto ad abitare in noi, che così siamo stati graziati, «misericordiati». Prima di ogni nostra parola su Dio c’è la sua Parola per noi, c’è la sua presenza in noi, che continua a dirci: «Non temere, sono con te. Ti sono vicino e ti starò vicino»,[2] per camminare accanto a te nella vita spirituale, superando ogni forma di superficialità e di mondanità.

Superare l’individualismo

Il discepolo del Signore, per approfondire sem­pre più il senso della sua vocazione missionaria nel mondo, deve superare lo scoglio pericoloso dell’individualismo, che è sempre in agguato, e rende sterile qualsiasi attività in tema di evangelizzazione. L’individualismo consiste nel considerare soltanto sé stessi, le proprie intenzioni e le proprie condizioni, il proprio gruppo, il circolo ristretto, con l’esclusione più assoluta di ogni altro apporto. Ci si trova in tale stato d’animo quando si proietta all’esterno il proprio modo di concepire la vita senza fare attenzione alle esigenze dei fratelli e delle sorelle; quando si è schiavi di tutto ciò che si vuole esclusivamente per sé stessi, per il proprio tornaconto, che è il proprio egoismo camuffato da missione ecclesiale, senza cogliere il grido di dolore del mondo circostante, in particolare quello dei poveri e degli indifesi. Papa Francesco nella Lettera Enciclica Fratelli tutti ci ricorda che: «L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli, perché la mera somma degli interessi individuali non è sufficiente per creare un mondo migliore per tutta l’umanità e non può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. L’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni individuali, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune».[3] Non è difficile guardare nell’ambiente dove si vive, nell’attività pastorale e constatare quanti rapporti tendono all’individualismo: quelli di convenienza e quelli di rivalità. La ragione vera è che molte volte nelle relazioni umane non vi è una radice profonda. Si rimane sempre alla superficie degli avvenimenti. Non si arriva a toccare il proprio cuore e quello degli altri: si è affamati di amore, di verità e di vita e non si comprende che l’amore, la verità e la vita sono in Dio, nell’evento dell’Eucaristia, nella Parola fatta carne, accolta, interiorizzata e donata agli altri. I discepoli del Signore, invece, si comportano in modo del tutto diverso: «Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia ad un uomo che guarda il proprio volto allo specchio, ed appena s’è guardato se ne va, e subito dimentica come era» (Gc 1,22-24). Ciò che essi hanno voluto insegnare è stato detto dal Padre della Chiesa Martino di Braga: «Se volete iniziare qualche buona azione, non fatelo con il proposito di acquisire fama, ma con la cura ed il desiderio di fare del bene. Quando, poi, l’avrete portato a termine, sorvegliate il vostro cuore con la maggiore attenzione possibile, in modo da non compiacervi con voi stessi, consentendo alle approvazioni degli uomini e stimandovi troppo, o cercare la gloria in qualunque cosa facciate, poiché la natura della gloria è come l’ombra del corpo: se la seguite fugge, se fuggite, vi segue. Consideratevi sempre, invece, inferiori a tutti, e ricordare che qualsiasi provvidenza la vita vi abbia riservato, dovete attribuirla non a voi che l’avete ricevuta, ma a Dio che ve l’ha data».[4]

Uscire da sé stessi, pertanto, significa realizzarsi, avere orizzonti ampi nel compiere la vocazione di discepoli per il Vangelo. È saper individuare ed abbracciare i progetti di salvezza che Dio ha preparato per ogni uomo. La motivazione di ogni azione apostolica, dunque, va trovata nell’unione con il Signore in modo che la vita cristiana del singolo e di ogni comunità sia animata da quella stessa carità e da quello stesso zelo per le anime che spinse Gesù al dono della sua vita per tutti. Non è possibile intraprendere un cammino di vita cristiana indipendentemente dagli altri fratelli di fede e senza ascoltare con essi la parola di Dio. Si tratta di disporsi alla fatica ed alla gioia del cooperare con i fratelli e le sorelle per la causa del Vangelo e del Regno, e dar vita così alla famiglia dei figli di Dio e alla civiltà dell’amore, per cui si possa dire con l’apostolo: «Vi esorto, pertanto, fratelli, per il nome del nostro Signore Gesù Cristo ad essere tutti uniti nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire» (1Cor 1,10). Giovanni Crisostomo lascia intendere bene il senso di tale esortazione: «È possibile concordare nei pensieri, ma non negli intenti, come quando, pur avendo la stessa fede, non si è uniti nell’amore. Molto spesso siamo uniti nei pensieri ma non negli intenti. Ciò accadeva anche agli inizi, poiché venivano scelti come guide delle singole Chiese chi l’uno e chi l’altro. Paolo proprio per tal motivo scrive che bisogna essere uniti nel pensiero e negli intenti».[5] Ciò vuol dire liberarsi dall’individualismo e ritrovare tutti insieme il senso dei gesti semplici ed evangelici, ponendo in Cristo, nei fratelli e nelle sorelle di fede una fiducia completa e gioiosa.

Liberarsi dall’attivismo     

Un altro aspetto debole dell’operaio del Vangelo che rischia sempre più di svuotare la sua azione pastorale a servizio di Dio e del prossimo è il pericolo dell’attivismo e dell’esteriorità. Il profeta Geremia così presenta questo pericolo: «Il loro orecchio non è circonciso, non sono capaci di prestare attenzione» (Ger 6,10). L’accadere di tale condizione, particolarmente nella società odierna dell’efficienza, della fretta e dell’usa e getta, rende sterile e vuota la vita cristiana, limita l’azione pastorale agli aspetti organizzativi ed istituzionali e rende la pratica quotidiana della lettura orante della Parola un’attività tra le tante. Di fronte all’attivismo che impoverisce la vita di fede, va contrapposta la necessità della preghiera e dell’ascolto della parola di Dio. Papa Benedetto XVI con forza ha insegnato: «È venuto il momento di riaffermare l’importanza della preghiera di fronte all’attivismo ed al secolarismo incombente».[6] Anche papa Francesco afferma che si vince l’attivismo con la preghiera e la Parola, quando afferma: «Attraverso la preghiera, la parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa. La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, ci dà serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate ‘storte’ e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno».[7]

 

All’azione pastorale deve essere privilegiata sempre la Parola pregata, perché è da questa che l’agire apostolico trova lo slancio e la forza nella Chiesa. La cura dell’identità cristiana, anche di fronte alle molte incombenze pastorali che la vita frenetica d’oggi richiede, deve avere sempre il primo posto, perché l’essere discepoli del Signore ha una radice divina che supera ogni istanza umana: «A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12,7). Al riguardo si può dire con Basilio di Cesarea: «Chi riceve un dono non lo riceve soltanto per sé stesso, ma anche per i fratelli, onde nella vita comunitaria la forza dello Spirito Santo concessa ad un solo fratello diventa di tutti. Chi vive per sé stesso può, forse, avere un carisma, ma lo rende inutile per il suo modo di vivere egoistico, per cui lo seppellisce in sé stesso, e voi tutti che leggete il Vangelo sapete il pericolo che costui corre. Chi, al contrario, vive, la vita della comunità, gode del suo proprio carisma e l’amplifica, perché ne rende partecipi i fratelli e riceve beneficio dai carismi altrui come se fossero divenuti suoi».[8] Giovanni Paolo II ha espresso su questo punto un concetto molto chiaro: «Il primo dovere è quello di essere con Cristo. Un pericolo costante per gli operai apostolici è di farsi coinvolgere talmente dalla propria attività per il Signore, da dimenticare il Signore di ogni attività».[9] Dio, quindi, deve trovarsi al centro di tutto ciò che il credente o la comunità cristiana fa o dice, perché «il Signore soltanto è riconosciuto giusto, e non c’è altri al di fuori di lui […] e tutto obbedisce alla sua volontà» (Sir 18,2-3).

Non cadere nel razionalismo

Ogni discepolo, come ogni comunità, per ritrovare la sinergia tra la vita cristiana e l’azione apostolica ordinata alla riaffermazione del senso autentico della vocazione ricevuta, deve uscire dal vortice di un clima culturale sovrabbondante e vuoto, nonché da quant’altro che possa essere causa di distrazione. Ciascuno deve sottrarsi anche al pericolo di parole vuote e troppo umane, che non sono sempre comprensibili e fa­cili da tradurre nella vita quotidiana, mentre deve ancorarsi alla cultura sapienziale della parola del Vangelo. Questo è il motivo per il quale Paolo ha fatto della carità il punto fondamentale della sapienza evangelica: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come un bronzo che rimbomba o come un cembalo che strepita» (1Cor 13,1). Origene fa intendere molto bene il senso di tale testo: «Come il bronzo sonante produce un suono inarticolato, come il cembalo tintinnante non dà nessun suono chiaro, allo stesso modo una lingua senza amore, anche se fosse una lingua di angeli che si trovassero tra gli uomini, sarebbe priva di significato. Niente, infatti, quanto l’amore, rende chiare le parole degli uomini o degli angeli. Se, invece, esso manca vien detto: Non vale nulla».[10] Si tratta di fidarsi e di credere in Gesù che ha parole di vita eterna (cf Gv 6,68-69), e di uscire da un razionalismo fatale, tipico della cultura occidentale, che uccide lo Spirito d’amore e di verità e non permette di entrare con sapienza nel cuore delle Scritture. Si è inondati da radio, giornali, Tv, strumenti digitali e da un martellare di notizie e di parole superficiali spesso senza senso. Si tratta, invece, di obbedire, come gli apostoli, alla parola del Signore, anche quando essa diviene esigente e faticosa. La Parola sia posta al centro di ogni scelta pastorale ed apostolica nella convinzione che è il Vangelo da mettere nel cuore dell’uomo d’oggi, e purificare il linguaggio umano per aprirlo all’amore pieno di verità (cf Caritas in veritate di Benedetto XVI), a parole sagge e di alta moralità. Gesù chiede a tutti i discepoli di ieri e d’oggi di ascoltare e di vivere la sua Parola con piena disponibilità e di fondare in lui, che è l’unico Maestro, ogni iniziativa apostolica, perché egli soltanto può aprire orizzonti nuovi di luce spirituale e di senso dell’esistenza.

La Bibbia, infatti, quale libro sapienziale, nasce come parola vissuta e come testimonianza scritta della vita di un popolo. Essa è il riflesso del cammino di fede dell’antico Israele (AT) e della Chiesa primitiva (NT), ed è altresì un modello di vitalità e di confronto per ogni comunità di fede presente e futura. Anche il credente incontra sulla sua via il Signore della storia e progressivamente fa maturare nel proprio cuore una risposta di fede. Il Nuovo Testamento, infatti, non è solo opera dell’uomo, poiché raccoglie le ventisette opere inviateci dallo Spirito Santo delle quali i compositori ne sono stati soltanto gli amanuensi ispirati. La Bibbia è la parola di Dio incarnata prima nella storia del popolo ebraico, e poi in quella di Gesù e dei suoi discepoli. Come esempio basta ricordare le grandi assemblee del popolo di Dio nell’Antico Testamento (cf Gs 24; Dt 27; 2 Cr 34; Esd 8). Si può affermare, quindi, con tutta certezza per ciascun libro della Bibbia ciò che Karl Rahner ha scritto: «I libri del Nuovo Testamento sorgono come processi vitali della Chiesa; sono il deposito di ciò che viene tramandato e predicato in essa e per mezzo suo, come sua fede. Sono scritti che sorgono quali affermazioni della fede della Chiesa, come lettere, esortazioni, prediche…».[11]  La Chiesa, pertanto, nasce, vive ed opera per alimentare non tanto l’intelligenza umana, ma l’intelligenza sapienziale della Parola, che è fin dall’inizio una pagina sacra, nonché l’esperienza di Dio in ciascuno di noi e nella comunità di fede.

Unire la frattura tra la Parola e la vita

Un aspetto ulteriore di debolezza e di carenza nella vita cristiana è quello della separazione tra la fede e la vita quotidiana.[12] Il cristiano d’oggi, spesso, non è educato a coniugare la fede e la vita, a viverla nelle sue attività quotidiane e ad operare scelte evangeliche forti, sia a livello personale sia a livello comunitario. Tale dissociazione è molto accentuata anche tra i fedeli impegnati nella vita cristiana e religiosa: altro è la lettura della parola di Dio ed altro è viverla nel quotidiano. Si ha l’impressione che persista in molti cristiani una forma d’intellettualismo gnostico, quasi che ba­sti conoscere o comprendere una verità per credere già di vi­verla e di praticarla. Portare la Parola nella vita quotidiana richiede fedeltà, impegno, ascesi e confronto continuo. Il contatto tra tali real­tà, cioè tra la parola di Dio e la vita quotidiana, ancora non avviene con facilità e spontaneità nei discepoli di Gesù. Si costata spesso, al contrario, che la stra­da che si percorre per vivere la Parola, come l’annuncio del Vangelo, la catechesi, lo studio della teologia, la stessa meditazione e così via, vada su binari diversi da quelli che si percorrono nella realtà. Non viene ancora facile e spontaneo cantare nel proprio cuore: «Dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne, in terra arida, assetata, senz’acqua» (Sal 63,2), perché il vero impedimento è proprio il deserto morale, privo di valori e di virtù della vita quotidiana. La meditazione di tanti credenti, ad esempio, è spesso più un fare esercizio della parola di Dio, un abban­donarsi a forme d’intellettualismo e di psicologismo piuttosto che offrire disponibilità spirituale al dono della Parola ed all’iniziativa dello Spirito. Se si operasse in modo opposto, il credente si aprirebbe alla contemplazione ed all’interiorizzazione della Parola che verrebbe posta subito in atto nella vita giornaliera, secondo il monito già ricevuto: «Custodisci i miei precetti e vivrai. Acquista la sapienza, acquista l’intelligenza; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene mai. Non abbandonarla ed essa ti custodirà; amala e veglierà su di te» (Pr 4,4-6).

La meta che propone la parola di Dio al fedele è di fondare la vita su Cristo, quale punto unico di riferimento sul piano della mentalità e dell’azione, come canta il Salmista: «Beato l’uomo che nella legge del Signore trova la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo, le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene» (Sal 1,1-3). Questo è un modo di orientarsi che, facendosi progressivamente esplicito ed interiorizzato, aiuta a conoscere lo stato personale di fragilità spirituale e di peccato. Aiuta, inoltre, a riconsiderare il senso dell’esistenza ed a concepire la storia come la concepì il Signore; a giudicare la vita secondo la logica del Vangelo, ad amare e sperare come insegna Cristo. Ogni persona nel cammino spirituale deve assumersi le proprie responsabilità e ricercare il significato ultimo della propria esistenza. Il cristiano, quale partecipe di un popolo di credenti, deve vivere con libertà la sua fede, annunciarla e celebrarla con gioia nella vita quotidiana, fino a far maturare quegli atteggiamenti che lo portano ad aprirsi sinceramente alla verità ed all’amore per ogni fratello. La parola di Dio, invero, aiuta a fare un tutt’uno con il ritmo della vita quotidiana e con la vita stessa della Chiesa. Afferma Benedetto XVI: «È importante che ogni modalità di annuncio tenga presente, innanzitutto, la relazione intrinseca tra la comunicazione della Parola di Dio e la testimonianza cristiana, Da ciò dipende la stessa credibilità dell’annuncio. Da una parte, è necessaria la Parola che comunichi quanto il Signore stesso ci ha detto. Dall’altra, è indispensabile dare, con la testimonianza, credibilità a questa Parola, affinché non appaia come una bella filosofia o utopia, ma piuttosto come una realtà che si può vivere e che fa vivere».[13]

Conclusione

L’Europa è immersa in un clima culturale in buona parte sfavorevole alla fede cristiana, tanto che negli ultimi tempi ha acquisito una tradizione filosofica di stampo agnostico con presenze forti di ateismo. Ci si chiede: le comunità cristiane potranno essere pro­fetiche in un ambiente siffatto con riguardo alla missione pastorale della Chiesa, che propone la fede come un processo continuo? Come potranno esserlo le comunità che dovrebbero rinnovare la fede in aree culturali spesso indifferenti se non ostili? Oggi è necessario riconsiderare la cultura religiosa al livello popolare, al fine di renderla accessibile a tutti i ceti sociali per superare bar­riere d’ogni genere. Dev’essere riproposta la necessità di una inculturazione della fede, che dia un senso alla vita, e faccia conoscere la bellezza del messaggio evangelico. L’esercizio di tale virtù, però, deve essere la conseguenza di convinzioni profonde e personali, particolarmente negli strati sociali in cui la religione non occupa più una po­sizione dominante. La fede deve essere in grado, sempre e comunque, di affermarsi anche in areopaghi atei o pa­gani e, pertanto, occorre ritornare a san Paolo, il quale nell’areopago di Atene diceva: «Osservando i vostri monumenti sacri ho trovato anche un altare con l’iscrizione: ad un Dio ignoto. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio» (At 17,22-23). La società pluralista europea, invero, ha bisogno di Dio e della sua Parola, quale espressione suprema di fratellanza, di amore e di giustizia. Appaiono evidenti, per realizzare tutto ciò, alcuni impegni e compiti pastorali che coinvolgono tutte le strutture ecclesiali e tutti i fedeli, e tener conto, inoltre, di due fattori di cui si valse anche Gesù nella sua missione apostolica. Il primo concerne l’ascolto delle aspettative dell’uomo di oggi, determinate dalla sua cultura e della sua sensibilità, al fine di conoscere i desideri più profondi e nascosti del suo cuore. Dio, infatti, è presente in ogni uomo che desidera avvicinarsi a lui con sincerità di cuore. Ma parimenti è necessario presentare all’uomo d’oggi, con trasparenza e coraggio evangelico, la bellezza e la trascendenza della Parola di Dio. San Paolo ci ricorda in modo luminoso tale realtà di fede: «Il vangelo da me annunziato non segue un modello umano; infatti, io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo» (Gal 1,11-12).

 

15 settembre 2022.

APPENDICE ALLA NOTA PASTORALE

 

Istituzione del ministero laicale del catechista e catecumenato per i fidanzati

Approfitto di ricordare che nelle nostre parrocchie occorre impostare dei percorsi formativi in accordo con gli incaricati diocesani in vista della preparazione di ministri per il catechismo.

Nella nuova configurazione delle Unità pastorali, specie nelle attuali condizioni di rarefazione della presenza dei giovani e di eclissi degli adulti nella trasmissione della fede e nell’educazione ad essa, diventa più cogente l’annuncio del Vangelo da parte di tutti, l’accompagnamento delle famiglie, la formazione della dimensione sociale della fede, la catechesi, specie dei giovani e degli adulti. Papa Francesco ci ha invitati ripetutamente a prestare l’attenzione su questo ultimo aspetto. Con una lettera apostolica recante il titolo Antiquum ministerium ha istituito il ministero laicale di catechista. Questo ministero possiede una forte valenza vocazionale che richiede il dovuto discernimento da parte del Vescovo e si evidenzia con il Rito di istituzione. La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha pubblicato il testo del Rito dellistituzione dei catechisti nel dicembre 2021. Inoltre, come ben sapete, il pontefice ha incoraggiato tutte le comunità nell’organizzare un catecumenato per i fidanzati in vista del matrimonio.[14]

 

Desiderio desideravi. Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio

Non possiamo dimenticare la Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio. Questa Lettera è stata oggetto di riflessione e di meditazione nell’incontro tenutosi a Modigliana lo scorso 4 agosto 2022 ed è stato distribuito ai presenti. Esso rappresenta, con la sua forma semplice e accessibile, un valido strumento per l’animazione liturgica delle nostre comunità. Il documento, indirizzato a presbiteri e diaconi, persone consacrate e fedeli laici, nasce per condividere con loro una riflessione sulla Liturgia nella vita della Chiesa e di ogni singolo credente. Pur nella vastità del tema, il papa offre alcuni spunti per contemplare la bellezza e la verità del celebrare cristiano. Bellezza e verità che derivano innanzitutto dal suo essere un incontro reale con Cristo che ci fa vivere l’«oggi» della storia della salvezza. La Liturgia è antidoto al veleno della mondanità spirituale. È luogo ove si gode dello stupore per il mistero pasquale.[15]

 

 

INFORMAZIONI

 

  1. Altre informazioni rispetto al presbiterio.

Don Stanislao Rafalko ha assunto l’ufficio di amministratore parrocchiale, quanto alla cura delle anime, sia di Rossetta sia della parrocchia del Ss. Cuore di Gesù di Alfonsine, mantenendo anche l’incarico di vicario parrocchiale di S. Maria in Alfonsine.

Dopo la morte del professore don Antonio Baldassari, don Tarcisio Dalle Fabbriche è stato nominato amministratore parrocchiale cura animarum delle parrocchie di S. Biagio in Cosina e dei Ss. Apollinare e Mamante in Oriolo.

Mons. Pietro Scalini, come è già stato comunicato, si trasferirà in Russia per esservi incardinato a partire dal 1° ottobre.

Sempre a fare data dal 1° ottobre, Don Antonio Samorì entrerà in previdenza integrativa e gli subentrerà Don Davide Ferrini quale amministratore parrocchiale di S. Margherita in Ronco. Don Antonio Samorì continuerà a celebrare la S. Messa e ad amministrare i Sacramenti in base alle richieste dei Parroci della nostra Diocesi.

Il 4 settembre scorso nella cattedrale di Faenza si è tenuta l’ordinazione diaconale di Matteo Babini e di Luca Ghirotti con grande concorso e partecipazione delle parrocchie di provenienza e di impegno pastorale dei nostri due ordinati.

  1. Nuova denominazione delle Unità Pastorali.

Non si tratta di un semplice cambio di denominazione, ma anche di un nuovo modo di essere Chiesa sul territorio: valorizzare i carismi delle singole realtà parrocchiali, mettere in rete centro e periferia, proseguire un cammino di formazione comune che abbia al centro l’Annuncio. Con il decreto firmato dal vescovo il 20 luglio scorso cambiano le denominazioni delle Unità pastorali. Con tale Decreto le si vogliono rendere più riconoscibili e protagoniste. Nelle nuove denominazioni prevale l’aspetto territoriale. È a partire da questo che le parrocchie, riunite nelle varie Unità pastorali, proseguono un cammino comune con il quale condividono percorsi, risorse, celebrazioni. La cooperazione tra le comunità parrocchiali deve qualificare il loro Annuncio. L’importanza delle Unità pastorali è già stata sottolineata nel sussidio pastorale 2020-21 Nuova evangelizzazione luoghi pastorali: «Proprio per meglio portare il Vangelo vicino al Popolo, vivente nelle mutate circostanze – si legge -, la parrocchia è chiamata a realizzare una nuova esperienza comunitaria, a ripensare il ministero e la missione dei sacerdoti, dei diaconi, dei fedeli laici, dei religiosi, delle associazioni e dei movimenti. Tale compito non costituisce un peso da subire, ma una sfida da accogliere con entusiasmo al fine di essere una comunità evangelizzatrice, che possiede come criterio guida per il rinnovamento la missione». Le Unità pastorali da tempo vanno in questa direzione: diversi gli esempi virtuosi messi a frutto in questi anni, come la Caritas del Monticino a Brisighella, che mette in rete le parrocchie nel sostegno e animazione caritativa alla vallata. Oppure Pieve Ponte, dove è stato possibile avviare un percorso legato ai gruppi ministeriali.

  1. Settimana sociale dei cattolici e comunità energetiche

Sono già stati pubblicati gli Atti della 49a Settimana sociale dei cattolici 21-24 ottobre 2021: Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso (Edizioni Palumbi, Teramo 2022). Quattro sono gli obiettivi concreti proposti dalla Settimana sociale di Taranto: 1) costruire comunità energetiche; 2) diventare una società carbon free e votare col portafoglio per premiare le aziende capaci di intrecciare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale; 3) promuovere e utilizzare prodotti caporalato free; 4) creare alleanze intergenerazionali e con la società civile.

In seguito agli orientamenti offerti dall’ultima Settimana sociale dei cattolici ho formalmente nominato in data 12 settembre 2022, una specifica Commissione per la costituzione delle comunità energetiche che è così composta: Ing. Massimo Alberti, Giorgio Erbacci, Don Davide Ferrini, Dott. Maurizio Ghini, Ing. Luca Ghirotti, Fabrizio Liverani, Dott. Andrea Pazzi, Dott.ssa Giovanna Randi, Dott. Flavio Venturi, Ing. Pier Luigi Zanotti. La Commissione ha il compito di esaminare la situazione, riunire competenze multidisciplinari, elaborare progetti che possano rappresentare per le nostre comunità ecclesiali uno stimolo alla costituzione di comunità energetiche le cui coordinate siano quelle umanistiche e comunitarie. Alla Commissione, che nel corso della prima riunione si darà una struttura organizzativa, ci si potrà rivolgere per formulare richieste di chiarimenti sulle complesse tematiche coinvolte.

La scelta di costruire comunità energetiche è una scelta etica, frutto di un cammino di riflessione a partire dall’enciclica Laudato sì (=LS) e fondato sulla consapevolezza che l’umanità è chiamata a prendersi cura della «casa comune». La stessa LS indica l’esistenza di cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. In tale processo è auspicabile che siano coinvolte le parrocchie e le scuole cattoliche. Si tenga anche presente che nell’attuale contingenza di crisi energetica la scelta di costruire comunità energetiche non corrisponde solo ad una scelta etica, ma anche ad una precisa necessità di carattere economico per evitare il default di nostre realtà parrocchiali, educative, scolastiche, aggregative. Questa situazione comporterà la necessità di valutare attentamente l’utilizzo di spazi e locali, siano essi chiese, aule oratoriali, teatri, in generale i luoghi di incontro e di aggregazione, anche se concessi in uso a terzi.

Il quadro normativo: il decreto legislativo 199/2021

A distanza di nove mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo 199/2021, approvato dal Parlamento italiano in recepimento della direttiva europea 2018/2001 con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili, mancano ancora i provvedimenti attuativi necessari per l’effettiva applicazione della legge. Tale ritardo sta frenando la diffusione di uno strumento fondamentale per combattere la povertà energetica e l’emergenza climatica. Da qui nasce l’appello al governo lanciato da 77 realtà tra associazioni, diocesi, fondazioni e movimenti per sbloccare la «svolta» delle comunità energetiche.

La nuova legge regionale 27 maggio 2022 n. 5

La Regione Emilia Romagna ha approvato la legge regionale 27 maggio 2022 n. 5 su Promozione e sostegno delle comunità energetiche rinnovabili e degli autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente.

È così giunto al termine l’iter legislativo finalizzato a sostenere lo sviluppo delle Cer (comunità energetiche rinnovabili) e dell’autoconsumo collettivo: gruppi di persone fisiche, imprese, enti territoriali, di ricerca e formazione, religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale che decidono di agire collettivamente per produrre, distribuire, scambiare, accumulare energia a impatto zero attraverso impianti di energia rinnovabile.

L’obiettivo, come detto sopra, è quello di contribuire in maniera concreta al raggiungimento della piena decarbonizzazione e di ridurre le emissioni di gas nocivi (climalteranti in atmosfera). Per raggiungere tali obiettivi è necessario un maggiore sfruttamento del potenziale delle fonti di energia rinnovabile, promuovendo un sistema energetico decentrato e interconnesso, anche grazie ad un ruolo più attivo dei clienti finali.

Le comunità energetiche consentiranno di incrementare la produzione, l’utilizzo e l’accumulo delle energie rinnovabili valorizzando progetti e azioni di coesione sociale, per ridurre il consumo di energia dalla rete e per contrastare la povertà energetica. Cittadini, imprese, enti locali, associazioni, enti ecclesiastici potranno essere al centro della transizione energetica e protagonisti di un cambiamento senza precedenti. La Regione dichiara che avrà un particolare riguardo per i progetti a forte valenza sociale e territoriale che coinvolgano i soggetti svantaggiati associati tra loro, ma anche per le opportunità che si potranno creare per il mondo economico, con particolare riferimento alle piccole e piccolissime imprese commerciali e artigianali.

La legge individua le azioni di sistema e le misure di sostegno e promozione dell’autoconsumo collettivo e delle comunità energetiche, prevedendo l’erogazione di contributi e strumenti finanziari che accompagnino le comunità dalla costituzione e progettazione, fino all’acquisto e all’installazione degli impianti di produzione e di accumulo. Inoltre, sono previste: iniziative di comunicazione, informazione e partecipazione dei cittadini sui temi dell’energia rinnovabile, dell’autoconsumo e della condivisione dell’energia anche in collaborazione con le agenzie per l’energia; formazione delle professionalità coinvolte; accordi con i Comuni e con l’Anci Emilia-Romagna finalizzati alla diffusione e alla condivisione delle migliori pratiche; il sostegno alla realizzazione di sportelli informativi e al potenziamento degli sportelli territoriali energia.

Per l’attuazione, oltre al primo stanziamento inserito nella legge di 200 mila euro per il 2022 e di 150 mila per il 2023, la Regione ha previsto di utilizzare le nuove risorse comunitarie destinando almeno 12 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale, da affiancare alle risorse previste dal Pnrr.

Con questa legge la Regione non intende solo sostenere le tipologie di comunità energetiche coerenti con le disposizioni, ma anche contrastare la povertà energetica e favorire l’inclusione sociale mediante la concessione di contributi maggiori per la costituzione di comunità energetiche rinnovabili composte da soggetti con fragilità economica, oppure da enti del terzo settore, enti proprietari di gestione di alloggi di edilizia residenziale pubblica o sociale, o situate in aree montane e interne del territorio regionale o, in alternativa, che realizzino progetti di inclusione e solidarietà in collaborazione con gli enti del terzo settore o con gli enti locali.

  1. Rinnovo degli organi dell’IDSC

Il 31.12.2022 scadono il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei Revisori dei conti dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Pertanto, stiamo avviando le procedure per il rinnovo degli organi dell’IDSC. Ai Vicari foranei è già stato chiesto tramite mail di attivarsi per l’individuazione di candidati all’ufficio di Consigliere e di Revisore, sia presbiteri che laici esperti in materia giuridico-amministrativa ed economica. I candidati così individuati sono poi sottoposti al voto del presbiterio diocesano a cui spetta l’elezione di 3 consiglieri e di un revisore. Al vescovo spetta la nomina degli altri 4 consiglieri e degli altri 2 revisori per completare il Consiglio di amministrazione e il Collegio dei revisori dei conti.

  1. Giornata di preghiera per la Pace in Ucraina

Anche la nostra Diocesi ha aderito alla Giornata di preghiera per la Pace in Ucraina che abbiamo già celebrato con un bel gruppo di sacerdoti a Tredozio lo scorso 30 agosto. Nei giorni scorsi il testo dell’Adorazione è stato inviato anche via mail e tramite la chat Presbiterio ufficiale su WhatsApp.

Sul tema della pace si segnala il saggio, che ho pubblicato e che è fondamentale per la pastorale sociale, intitolato Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace. Il caso Ucraina. Riflessioni per il discernimento, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2022.

  1. Situazione della Collegiata e del Santuario del Monticino di Brisighella

Nei giorni scorsi a seguito di gravi lesioni, provocate dal movimento del terreno e dalla siccità, si è proceduto, in accordo con le istituzioni e le autorità competenti, a chiudere dal 1° agosto la collegiata di Brisighella. Analogamente, per problemi di sicurezza è stato chiuso anche il Santuario della Madonna del Monticino. Le varie celebrazioni della comunità parrocchiale di Brisighella, grazie all’ospitalità dei frati, sono state spostate, a tempo indeterminato, nel complesso dell’Osservanza. Le opere d’arte appartenenti alla Diocesi, con il permesso della Soprintendenza, sono state temporaneamente collocate nel Museo Diocesano.

 

                                                     + Mario Toso, Vescovo

[1] Francesco, Evangelii gaudium (=EG), Tipografia Vaticana, Città del Vaticano 2022, n. 83.

[2] Francesco, Omelia della III Domenica del Tempo Ordinario, (24 gennaio 2021).

[3] Francesco, Lettera Enciclica Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale, n. 105, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2020.

[4] Martino di braga, Esortazione all’umiltà 8, in PL (J.P. Migne), Paris 1857, 1866.

[5] Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Corinzi 3,2, (a cura di C. Tirone), Cantagalli, Siena 1962.

[6]  Benedetto xvi, Deus caritas est, (25 dicembre 2005), n. 37.

[7]  Francesco, Udienza generale sul tema della Catechesi sulla preghiera, (27 gennaio 2021).

[8]  Basilio di cesarea, Le regole 7, (a cura di L. Cremaschi), Qiqajon, Magnano 1993.

[9]  Giovanni paolo ii, Messaggio alla Plenaria della SCRIS del 1980, 2.

[10] Origene, Sulla prima lettera ai Corinzi 49, in Esegesi paolina. I testi frammentari, (a cura di F. Ferri), Città Nuova, Roma 2009.

[11] K. Rahner, Sull’ispirazione della Sacra Scrittura, Morcelliana, Brescia 1967, 53.

[12] Su questo si legga: M. Toso, Cattolici e politica: un binomio che fa ancora discutere, in G. Galeazzi-M.Toso, Fede e regione nel terzo millennio, Tipografia Faentina Editrice, Faenza 2022, pp. 25-31.

[13] Benedetto xvi, Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini, LEV, Città del Vaticano 2010, n. 97.

[14] Cf Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Itinerari catecumenali per la vita matrimoniale. Orientamenti pastorali per le Chiese particolari, Paoline Editoriale Libri, Milano 2022.

[15] Cf Francesco, Desiderio desideravi. Lettera apostolica sulla formazione liturgica del popolo di Dio, Paoline Editoriale Libri, Milano 2022.

Parte la raccolta fondi del Museo Diocesano per riscoprire la grande tela devozionale di Romolo Liverani

L’arte è di tutti e dovrebbe essere accessibile a tutti. A volte, abbiamo a due passi da casa opere d’arte di immenso valore ma inaccessibili e delle quali neanche sappiamo l’esistenza. Sacrum Facere è un progetto del Museo Diocesano di Faenza che intende riscoprire un’opera d’arte unica nel suo genere, una grande scenografia di Romolo Liverani,pittore faentino del XIX secolo. Questa imponente opera, pensata per mettere in scena i drammi sacri sulla passione e morte di Cristo, è stata realizzata per la Chiesa di S. Maria dell’Angelo a Faenza, luogo nel quale è custodita e nel quale sarà nuovamente esposta.

Obiettivo 6mila euro, il crowdfunding su Idea Ginger

Il presidente del Consiglio Comunale, Niccolò Bosi, il direttore del Museo Diocesano Mons. Mariano Faccani Pignatelli e Giovanni Gardini, vice direttore del Museo.

Grazie a una raccolta fondi promossa sulla piattaforma Idea Ginger (ideaginer.it) con il supporto di tutti coloro che vorranno donare un’offerta e grazie al contributo de La Bcc sarà possibile riallestirla e renderla accessibile alla comunità, ai fedeli e a tutti gli amanti dell’arte, affinché sia nuovamente sfondo di celebrazioni religiose e opere teatrali, musicali e artistiche. L’obiettivo è arrivare a 6mila euroentro il prossimo 31 ottobre. Per i donatori che sosterranno il progetto sono previsti numerosi premi che spaziano da una visita guidata alla chiesa di Santa Maria dell’Angelo per due persone a posti in prima fila per spettacoli ed eventi realizzati ad hoc per questa iniziativa, come per esempio Anastasis,opera di Nevio Spadoni. Inoltre, i nomi di tutti i donatori, anche a fronte di una piccola offerta (le offerte sono a partire da 10 euro), saranno ricordati in occasione dell’esposizione.

Tutte le informazioni su come sostenere il progetto SACRUM FACERE sono al seguente link: https://www.ideaginger.it/progetti/sacrum-facere-il-teatro-sacro-di-romolo-liverani.html

Diverse le collaborazioni che sosterranno questa iniziativa il Museo Diocesano: il Comune di Faenza, la Pro Loco, la Scuola di Musica Sarti, Ravenna Teatro, la Biblioteca Diocesana Card. Cicognani.

Il progetto

Il pittore e scenografo faentino Romolo Liverani dipinse per la chiesa di Santa Maria dell’Angelo un grandioso apparato scenografico per la rappresentazione dei drammi sacri legati alla devozione del Venerdì Santo. Questa straordinaria scenografia, imponente per le dimensioni e per la resa teatrale, restaurata ed esposta diversi anni fa, da tempo non èpiù stata ripresentata al pubblico.

La raccolta fondi serve per finanziare tre distinte fasi di lavoro con l’obiettivo di valorizzare al meglio l’immenso potenziale artistico (pittorico, scenografico, drammaturgico, religioso, culturale) dell’opera. Un primo tempo (gennaio-febbraio 2022) è dedicato alla verifica dello stato di conservazione, a una eventuale opera di consolidamento pittorico e strutturale dell’impalcatura portante.

Dopo questa prima verifica, che sarà accompagnata da un tempo di studio sull’autore e sull’opera attraverso una fase di ricerca documentaria si intende allestire la scenografia del Liverani nella sua cornice originaria (febbraio – marzo 2023), la chiesa di Santa Maria dell’Angelo.

Una terza fase del progetto consiste nella valorizzazione e fruizione dell’opera. Nella terza fase (marzo-luglio 2023), che vede l’opera allestita, si intendono organizzare conferenze, visite guidate, eventi musicali, poetici e teatrali che sappiano leggere e reinterpretare, anche in chiave contemporanea, la potenza espressiva del teatro sacro ottocentesco. Sempre in questo periodo si intendono invitare le scuole del territorio di ogni ordine e grado anche attraverso la possibilità di laboratori. L’opera del Liverani sarà inoltre messa in dialogo con opere d’arte antiche e contemporanee.


Domenica 18 settembre la Giornata nazionale per il sostentamento del clero

Ogni giorno ci offrono il loro tempo, ascoltano le nostre difficoltà e incoraggiano percorsi di ripresa: sono i nostri sacerdoti che si affidano alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti. Per richiamare l’attenzione sulla loro missione, torna domenica 18 settembre la Giornata nazionale delle offerte per il sostentamento del clero diocesano, che sarà celebrata nelle parrocchie italiane.

La Giornata – giunta alla 34esima edizione – permette di dire “grazie” ai sacerdoti, annunciatori del Vangelo in parole e opere nell’Italia di oggi, promotori di progetti anti-crisi per famiglie, anziani e giovani in cerca di occupazione, punto di riferimento per le comunità parrocchiali. Ma rappresenta anche il tradizionale appuntamento annuale di sensibilizzazione sulle offerte deducibili. «È un’occasione preziosa – sottolinea il responsabile del Servizio promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – per far comprendere ai fedeli quanto conta il loro contributo. Non è solo una domenica di gratitudine nei confronti dei sacerdoti ma un’opportunità per spiegare il valore dell’impegno dei membri della comunità nel provvedere alle loro necessità. Basta anche una piccola somma ma donata in tanti». Nonostante siano state istituite nel 1984, a seguito della revisione concordataria, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale; in molte parrocchie, però, questo non basta a garantire al parroco il necessario per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di uno strumento che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani. «Le offerte – aggiunge Monzio Compagnoni – rappresentano il segno concreto dell’appartenenza ad una stessa comunità di fedeli e costituiscono un mezzo per sostenere tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro. La Chiesa, grazie anche all’impegno dei nostri preti, è sempre al fianco dei più fragili e in prima linea per offrire risposte a chi ha bisogno». Destinate all’Istituto centrale sostentamento clero, le offerte permettono, dunque, di garantire, in modo omogeneo in tutto il territorio italiano, il sostegno all’attività pastorale dei sacerdoti diocesani. Da oltre 30 anni, infatti, questi non ricevono più uno stipendio dallo Stato, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento. Le offerte raggiungono circa 33mila sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 preti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e circa 3mila, ormai anziani o malati dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo. In occasione della Giornata del 18 settembre in ogni parrocchia i fedeli troveranno locandine e materiale informativo per le donazioni. Nel sito www.unitineldono.it è possibile effettuare una donazione ed iscriversi alla newsletter mensile per essere sempre informati sulle numerose storie di sacerdoti e comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti. Per maggiori informazioni si possono consultare i siti e i canali social: www.unitineldono.it www.facebook.com/unitineldono www.twitter.com/Uniti_nel_dono www.instagram.com/unitineldono/ www.youtube.com/unitineldono

Il Vescovo Mario ha nominato la Commissione diocesana per la costituzione delle comunità energetiche

La 49esima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si è svolta a Taranto dal 21 al 24 ottobre 2021 ha individuato 4 obiettivi concreti tra cui la costituzione di comunità energetiche.

La scelta di costituire una comunità energetica è una scelta etica, frutto di un cammino di riflessione a partire dall’enciclica Laudato sì e fondato sulla consapevolezza che l’umanità intera è chiamata a prendersi cura della “casa comune”. Tale scelta consente, altresì, di sperimentare che l’ecologia integrale proposta dalla Chiesa si può tradurre in un impegno concreto per realizzare un nuovo modello di sviluppo umano, economicamente sostenibile, giusto e inclusivo, contribuendo alla decarbonizzazione e a garantire la sicurezza energetica del Paese.

Che cos’è una comunità energetica?

Il decreto legislativo 199/2021 che disciplina la promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, definisce la comunità energetica un soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria di persone fisiche, imprese, associazioni, enti locali, enti religiosi e che ha come obiettivo principale quello di fornire benefici ambientali, economici e sociali ai suoi membri e alle comunità locali in cui essa opera, beneficiando anche di incentivi di natura fiscale, tariffaria e finanziaria che le consentono di ridurre i costi degli investimenti necessari alla costituzione e alla operatività.

Le 5 tappe

La Settimana Sociale dei Cattolici Italiani di Taranto ha individuato 5 tappe per avviare una Comunità energetica:

1. formazione: invitare cittadini, membri della comunità ecclesiale, associazioni, enti locali, imprese ed enti ecclesiastici a vivere un percorso di formazione e discernimento orientato alla costituzione di una comunità energetica;
2. consumo condiviso: creare una impresa cooperativa o un’associazione per il consumo congiunto di energia elettrica, godendo dei benefici tariffari e fiscali previsti dalla legge;
3. fattibilità e progettazione: con il supporto di tecnici specializzati, effettuare uno studio di fattibilità e un progetto tecnico e finanziario, con possibilità di accesso a risorse del PNRR e/o di altre provvidenze pubbliche;
4. comunità energetica: creare una comunità energetica in forma di impresa cooperativa per l’autoproduzione e l’autoconsumo di energia elettrica da fonti rinnovabili;
5. finanziamento e realizzazione: accedere al credito bancario dedicato e realizzare gli impianti di produzione e di stoccaggio dell’energia elettrica.
La materia risulta, quindi, di particolare complessità perché richiede l’esame di problematiche economico-finanziarie, giuridico-fiscali, tecnico-progettuali, socio-ambientali.

Per questi motivi la Conferenza Episcopale Italiana invita a istituire nelle Diocesi gruppi ad hoc per esaminare la situazione, riunire competenze multidisciplinari, elaborare progetti che possano rappresentare per le nostre comunità ecclesiali uno stimolo alla costituzione di comunità energetiche le cui coordinate siano quelle umanistiche e comunitarie.

Le nomine del vescovo Mario

Tutto ciò premesso, con il presente atto, il vescovo Mons. Mario Toso ha nominato  la Commissione per la costituzione delle comunità energetiche che è così composta:

Ing. Massimo Alberti
Giorgio Erbacci
Don Davide Ferrini
Dott. Maurizio Ghini
Ing. Luca Ghirotti
Fabrizio Liverani
Dott. Andrea Pazzi
Dott.ssa Giovanna Randi
Dott. Flavio Venturi
Ing. Pier Luigi Zanotti.

La Commissione, che deve concludere il lavoro consegnando al Vescovo una proposta di lavoro, è costituita ad tempus e cessa dalle sue funzioni quando ha portato a termine il proprio mandato.

La presente nomina è, per sua natura, ad nutum Episcopi.

Faenza, 12 settembre 2022

+ Mario Toso, Vescovo

Tresere 2022: Annunciare donandosi. La presentazione del percorso per catechisti ed educatori

catechisti

A partire dal 19 settembre, per tre lunedì successivi, torna nei locali del Seminario diocesano, l’ormai “tradizionale” Tresere educatori, catechisti, animatori, genitori. Iniziativa promossa dal Settore catechesi della nostra diocesi di Faenza-Modigliana. Negli anni si è cercato di intercettare alcune esigenze via via emergenti nel delicato e impegnativo servizio di accompagnamento nella crescita umana e spirituale di bambini e ragazzi. Quest’anno abbiamo scelto di sottolineare la dimensione del dono di sé. Lo abbiamo fatto in collaborazione con la Caritas diocesana che ha contribuito attivamente alla scelta di relatori e argomenti delle prime due serate. Per questo motivo quest’anno l’invito a partecipare è rivolto anche agli operatori Caritas.

Il 19 e 26 febbraio al centro la catechesi della carità, con Antonio Chiusolo ed Erica Tossani

Annunciare donandosi è il titolo generale del percorso per gli “over 20”, che sarà aperto il 19 settembre dal nostro vescovo, monsignor Mario Toso, e che vuole sottolineare, nella prima serata, come non si possa annunciare Colui che si è fatto servo se non rifacendosi proprio al suo stile. Se non scegliendo come Lui la via del servizio al prossimo. Non si può fare catechesi tralasciando di iniziare bambini e ragazzi anche al dono di sé stessi perché è questa una via privilegiata di incontro con il Risorto. Un’alleanza con le Caritas parrocchiali in tal senso può essere molto utile. La seconda serata, il 26 settembre, ci aiuterà a comprendere come accompagnare i giovani a crescere nel sapersi donare. Compreso chi inizia ad affacciarsi nel servizio di aiuto catechista o di operatore Caritas. Interverranno in questo percorso due relatori: Antonio Chiusolo (il 19 settembre), formatore dei volontari della Caritas di Ravenna, ed Erica Tossani (26 settembre), referente nazionale Young Caritas. Questi primi due incontri saranno trasmessi anche sul canale Youtube della diocesi di Faenza-Modigliana..

Il 3 ottobre laboratori formativi

La terza sera del 3 ottobre prenderà la forma del laboratorio e sarà l’occasione nella quale i partecipanti potranno confrontarsi e approfondire i temi emersi nei due incontri precedenti. In parallelo, nelle stesse date, orario e luogo, si svolgerà il percorso pensato per gli “under 20”. Saranno proposti tre diversi laboratori tematici e dinamici guidati rispettivamente da don Alessandro Zavattini (diocesi di Rimini), Fabio Taroni e Laura Lo Buono.

A presto, vi aspettiamo!

équipe del Settore catechesi

Tre giorni del clero dal 13 al 15 settembre

Dal 13 al 15 settembre il clero vivrà il tradizionale momento della Tre giorni. Tra gli ospiti invitati per l’occasione il prof. Leonardo Setti (che tratterà delle comunità solari e responsabilità sociale), e mons. Ovidio Vezzoli, vescovo di Fidenza.

N.B. La terza giornata della Tre Giorni del Clero di giovedì 15 settembre si terrà nella sede della Curia diocesana al II piano del Seminario Vescovile, diversamente da quanto indicato nel volantino sottostante.  

Nel corso della giornata del 15 settembre sono in programma le Comunicazioni del Vescovo Mons. Mario Toso e le Comunicazioni del Vicario Generale don Michele Morandi sul Cammino Sinodale. Inoltre sono previste le Comunicazioni degli uffici:

  • Relazione dell’economo diocesano dott. Maurizio Ghini
  • Relazione della dott.ssa Gabriella Reggi (Pastorale della Salute)

Al termine pranzo a buffet.