Author: samuelemarchi

Sinodo dei Giovani work in progress: nuovi incontri da gennaio 2023

L’area Giovani e Vocazioni della Diocesi di Faenza-Modigliana rilancia il cammino del Sinodo dei Giovani 2017-19 con nuovi eventi aperti a tutta la comunità. Gli incontri, dal taglio interattivo, saranno condotti da Riccardo Pollini, laureato in Scienze dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, che presenterà la sua tesi dedicata proprio al Sinodo dei Giovani di Faenza. Si parte lunedì 16 gennaio alle 20.45 a Modigliana, nel salone del circolo parrocchiale (piazza Battisti, 9). Il secondo incontro sarà alla parrocchia di San Michele di Bagnacavallo lunedì 30 gennaio alle 20.45, mentre lunedì 6 febbraio alle 20.45 l’incontro avrà luogo nella parrocchia del Paradiso di Faenza.

A tutti e tre gli incontri parteciperà anche il vescovo monsignor Mario Toso.


È morto il Papa Emerito Benedetto XVI. Il 3 gennaio la messa in suffragio in Cattedrale a Faenza

È morto oggi, alle 9.34 del 31 dicembre 2022 il Papa Emerito Benedetto XVI, le cui condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni. “Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano”, si legge nel comunicato della Santa Sede. Il papa emerito e 265esimo Papa della Chiesa cattolica aveva 95 anni.

Dalla mattina di lunedì 2 gennaio 2023, il corpo del Papa Emerito sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli. Con animo grato per il dono del Papa Benedetto XVI, il vescovo monsignor Mario Toso si unisce alle preghiere per il ritorno del Pontefice alla Casa del Padre e invita la comunità diocesana a partecipare alla preghiera. Martedì sera 3 gennaio alle 20,30 in Cattedrale a Faenza, sarà presieduta dal nostro vescovo una S. Messa in suffragio di Benedetto XVI.

“E’ morto serenamente” riportano dalla Santa Sede

E’ morto serenamente, nella sua stanza al primo piano del Monastero Mater Ecclesiae all’interno dei Giardini Vaticani, il Papa emerito Benedetto XVI, assistito amorevolmente dal suo segretario particolare e Prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, e dalle quattro laiche consacrate Memores Domini che erano al suo fianco già durante i suoi otto anni di pontificato, cui sono seguiti quasi sette anni di vita a servizio della Chiesa “nascosto al mondo”, come lui stesso aveva annunciato con la storica rinuncia dell’11 febbraio 2013. L’allarme per le condizioni di salute di Joseph Ratzinger, che avrebbe compiuto 96 anni il prossimo 16 aprile, era cominciato in tutto il mondo dopo le parole pronunciate da Papa Francesco, al termine dell’udienza generale del 28 dicembre: “Vorrei chiedere a tutti voi una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto, che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa. Ricordarlo: è molto malato chiedendo al Signore che lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”. “Posso confermare che nelle ultime ore si è verificato un aggravamento dovuto all’avanzare dell’età”, aveva dichiarato ai giornalisti poche ore dopo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni: “La situazione al momento resta sotto controllo, seguita costantemente dai medici. Al termine dell’udienza generale Papa Francesco si è recato al monastero Mater Ecclesiae per visitare Benedetto XVI. Ci uniamo a lui nella preghiera per il Papa emerito”. Più confortante il bollettino del portavoce vaticano relativo al giorno dopo, 29 dicembre: “Il Papa emerito è riuscito a riposare bene la notte scorsa, è assolutamente lucido e vigile e oggi, pur restando gravi le sue condizioni, la situazione al momento è stabile. Papa Francesco rinnova l’invito a pregare per lui e ad accompagnarlo in queste ore difficili”. La stampa tedesca, nello stesso giorno, aveva fatto sapere come il Papa emerito avesse rifiutato il ricovero in ospedale per poter rimanere in quella che in questi quasi dieci anni è stata la sua casa. L’ultimo bollettino medico del portavoce vaticano, prima dell’annuncio della morte di stamattina, risale a ieri alle 15: “”La scorsa notte il Papa emerito ha potuto riposare bene. Anche ieri pomeriggio ha partecipato alla celebrazione della Santa Messa nella sua camera. Allo stato attuale la sua condizione è stazionaria”.

Quella di Joseph Ratzinger, dunque, è stata una morte naturale dovuta all’avanzare dell’età: un appuntamento a cui il Papa tedesco, pastore mite e forte dalla fede granitica, si era adeguatamente preparato, come aveva già confidato al suo biografo, Peeter Seewald, nel 2016, nel suo libro “Ultime conversazioni”: “Bisogna prepararsi alla morte. Non nel senso di compiere certi atti, ma di vivere preparandosi a superare l’ultimo esame di fronte a Dio. Ad abbandonare questo mondo e trovarsi davanti a Lui e ai santi, agli amici e ai nemici. A, diciamo, accettare la finitezza di questa vita e mettersi in cammino per giungere al cospetto di Dio. Cerco di farlo pensando sempre che la fine si avvicina. Cercando di prepararmi a quel momento e soprattutto tenendolo sempre presente. L’importante non è immaginarselo, ma vivere nella consapevolezza che tutta la vita tende a questo incontro”. Illuminanti, a questo proposito, sono le parole affidate alla lettera scritta all’indomani del Rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga, la sua diocesi, l’8 febbraio 2022: “Ben presto mi troverò di fronte al giudice della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi viene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte”.

A Faenza è stato presentato il volume “Caro Zaccagnini”

Più che un’operazione di archivio è il desiderio di fare incontrare Benigno Zaccagnini (1912-1989) con le generazioni del nuovo millennio. E così mettere attenzione ancora una volta alle carte di Zac. Un libro per le nuove generazioni, certo, ma ancora una volta anche per gli antichi amici con lui impegnati nei lunghi decenni del secondo dopoguerra a ricostruire il nostro Paese – nella prospettiva della nuova e antica Europa – devastato dalle ideologie (prima ancora dalle violenze fisiche), del fascismo che si era scontrato con don Giovanni Minzoni e la sua passione per i giovani ad Argenta poi in subordine al nazismo hitleriano la devastazione delle organizzazioni che i cattolici già prima della guerra avevano promosso, sulla scia di don Romolo Murri, poi ancora più lucidamente alla scuola di Alcide De Gasperi e don Luigi Sturzo. E qui in Romagna animati e incoraggiati da sacerdoti entusiasti convinti nel loro impegno pastorale di “uscire dalle chiese” e portare con coraggio il fermento del Vangelo in un’Italia che voleva delineare il proprio futuro ben oltre a dove le squadracce fasciste l’avevano colpito con il tragico avvento del fascismo al potere. Mentre anche la destra storica, laico-liberale, stava a guardare.

zaccagnini libro

Ed ecco il settimo volume, anche questo affidato alle edizioni Studium di Roma, con il titolo “Caro Zaccagnini… Lettere scelte a un credente prestato alla politica”, a cura di Aldo Preda con testi di vari autori che testimoniano la stima per l’onorevole Zaccagnini, il suo partecipare alla tessitura della democrazia repubblicana, senza pregiudizi nei confronti delle persone, ma senza cedere di fronte alle esigenze fondative della “verità”. La pubblicazione è stata possibile grazie al Centro Studi Donati, Acli, cooperativa La Pieve, Banca di credito cooperativo ravennate, forlivese, imolese. Già partecipando alla lotta messa in cantiere dall’antifascismo per la “Resistenza” alle ideologie del nazifascismo e poi per la elaborazione della Carta Costituzionale, Zac aveva preso il nome di battaglia “Tommaso Moro”. Nei precedenti volumi, ma ancora in questo che sto recensendo, echi preziosi della sua attiva partecipazione nelle file dell’Azione Cattolica a Ravenna, nella Fuci durante gli anni di università (facoltà di Medicina) dell’allora don Giovanni Battista Montini (futuro Paolo VI). Erano tempi e scelte politiche che rendevano difficile il “dialogo”.

Della sua capacità di dialogo sono testimonianza, fra le altre, gli scambi di lettere fra l’onorevole Nilde Jotti (Pci) presidente della Camera dei Deputati, e il presidente della Repubblica, il socialista Sandro Pertini. È doveroso qui aggiungere (senza poterli richiamare singolarmente) i nomi di amici della Dc fino al XIV Congresso del febbraio 1980 che vide (noi diremmo oggi, purtroppo) la sconfitta di Zaccagnini come segretario del partito. Dalla partecipazione all’Assemblea che darà vita alla Costituzione della Repubblica, ai suoi contenuti fondativi (oggi non sempre riconosciuti) una eco nelle pagine che raccontano e documentano l’impegno di Benigno appena terminata la guerra, per recuperare, dopo il grande silenzio, la memoria del “martirio” di don Minzoni, ad Argenta e a Ravenna, ma la conoscenza di questa memoria si diffuse rapidamente in tutto il Paese. Lo ricorda, ed è stata per me e altri una simpatica sorpresa, il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che nelle pagine introduttive non solo conferma la sua partecipazione, l’anno prossimo, al centenario del “martirio” di don Minzoni, ma scrive con ammirazione un prezioso profilo di Benigno, incontrato molte volte, lui giovane sacerdote della Comunità di Sant’Egidio a Roma, ospite a cena nella casa della sua famiglia. E ne viene per tutti noi un richiamo al “come” oggi deve farsi concretezza l’impegno politico e nelle pluriforme della vita sociale, per i credenti e quanti si mettono in ascolto della “ragione” illuminata dalla fede vissuta, seppur con tante contraddizioni, nel corso della nostra storia. Concludo queste righe di recensione invitando alla lettura della lettera che Benigno scrisse alla sua carissima Anna, dal letto dell’ospedale (giugno 1984) dove era stato ricoverato. Un congedo che è anche (e soprattutto) un arrivederci nella grande Casa comune del Paradiso.

Piero Altieri

Alla Riunione Cattolica Torricelli i saluti del vescovo e l’intervento del cardinale Gualtiero Bassetti

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La presentazione del volume, a cura del Centro Studi Donati, con Acli, Riunione Cattolica Torricelli, Mcl Faenza e con il contributo de La Bcc, si terrà venerdì 30 dicembre alle 11 nel salone della Riunione Cattolica Torricelli (via Castellani 25). L’evento sarà aperto dai saluti del vescovo, monsignor Mario Toso, del sindaco Massimo Isola e di Giacomo Severi (La Bcc). Seguiranno interventi del cardinale Gualtiero Bassetti e dell’onorevole Giuseppe Matulli. Le conclusioni sono affidate al curatore del volume Aldo Preda.


Gli auguri di Buon Natale dal Vescovo Mario

vescovo mario primo piano

Vieni Signore Gesù! Vieni con la tua giustizia e la tua pace. Abbiamo manifestato per la pace. Abbiamo pianto perché popoli cristiani, che dicono di conoscerti e di amarti, continuano a combattersi, a uccidersi. Nonostante le tragedie umane, le distruzioni insensate, la ferocia contro i propri fratelli, la guerra non sembra placarsi. Le nubi hanno fatto piovere il Giusto. Il Salvatore è già venuto e per ogni giorno della nostra vita viene sempre. Dunque, cosa deve avvenire perché l’umanità non distrugga se stessa? Quale alba deve sorgere su di noi recidivi, ribelli rispetto al dono del Signore? Non bastano i morti, le famiglie distrutte, le inaudite violenze delle torture sugli innocenti? Non bastano la ferocia e l’accanimento distruttivo che lasciano solo macerie e non aprono spiragli alla voglia del perdono, all’abbraccio fraterno? Perché il fuoco che il Signore è venuto a portare non riscalda ancora i nostri cuori e non li mobilita, con slancio e bramosità di bene, nell’opera congiunta della costruzione diuturna della pace? Forse, in noi non c’è desiderio di Dio. Il nostro cuore è pieno di tutto e non c’è posto per Lui, che viene con splendore a visitarci, per farci dono di Lui stesso amore infinito, senza tramonto. Forse, in noi non c’è conversione vera e profonda. Forse, non vogliamo che Dio abiti in noi, con noi. Il nostro io si è ingrandito a dismisura, al punto che ci riempie con tutto sé stesso e non lascia spazio per Colui che ci ama e si fa uno di noi per dirci quanto ci ama perdutamente. Perché il nostro cuore e il nostro spirito non vibrano più per Colui che è Signore-nostra-vita, Signore-nostra-giustizia, Signore-nostra-pace? Siamo, forse, impazziti? Di fronte al Signore che viene a visitarci possiamo rallegrarci solo mediante una conversione che fa ritrovare noi stessi secondo quell’immagine secondo cui siamo fatti.

Carissimi tutti, piccoli, grandi, nonni, il vescovo che il Signore ha affidato alla vostra misericordia, vi supplica, vi prega, vi scongiura: non tenete chiuse le porte del vostro cuore a Colui che viene per donarci il Padre e lo Spirito d’amore, perché siamo davvero un’unica famiglia, che vive della sua Vita, della sua Bellezza, della sua Creatività. Il sovrabbondante dono che il Figlio ci reca è potenza di Dio che fa nuove tutte le cose, le nostre famiglie, le nostre comunità, associazioni, aggregazioni e movimenti. Accogliamo l’Amore pieno della Verità! Buon Natale e felice anno nuovo.

                                                    + Mario Toso

                                    Vescovo di Faenza-Modigliana

Pastorale della Disabilità: scarica le preghiere in CAA

In occasione del Natale la Pastorale della Disabilità della Diocesi di Faenza-Modigliana propone tre preghiere in CAA (Comunicazione aumentativa alternativa) per dare a tutti la possibilità di imparare le preghiere assieme. I testi dell’Ave Maria, Padre Nostro Gloria sono inoltre proposte in dialetto romagnolo. La Comunicazione Aumentativa Alternativa  è un approccio dai vari volti, ma dallo scopo univoco di offrire alle persone con bisogni comunicativi complessi la possibilità di comunicare tramite canali che si affiancano a quello orale.

Ave Maria

Padre Nostro

Gloria


Il 1° Gennaio la Diocesi invita tutti a partecipare alla Passeggiata per la Pace

Per riflettere sulle parole del Papa, domenica 1° gennaio, la Diocesi, propone una Passeggiata per la Pace in luoghi simbolici della città di Faenza. Il ritrovo è alle ore 16 presso il Seminario, in viale Stradone, 30. Parteciperanno al corteo ucraini e russi e fedeli di diverse religioni. In questo modo, si riprende un percorso di dialogo e riconciliazione, dallo stesso luogo in cui lo scorso 6 marzo si era tenuta la Preghiera ecumenica per la Pace, celebrata insieme a fratelli ucraini, moldavi e rumeni, di diverse confessioni cristiane.

Nel Seminario si ricorderà il Papa Giovanni XXIII, che proprio sessant’anni fa, pubblicò la sua ultima Enciclica: la “Pacem in terris” nella quale si definiva “follia” la guerra. Attraversando la strada si renderà omaggio ai sanitari impegnati in questi anni ad affrontare la pandemia. Si proseguirà per via Giovanni da Oriolo per transitare davanti alla chiesa di San Savino, in uso alla Chiesa ortodossa Moldava legata al Patriarcato di Mosca e poi davanti alla chiesa di San Vitale in uso alla Chiesa cattolica Ucraina. Si svolterà su via Paganelli e da qui, attraverso via Ugonia, si raggiungerà il Museo delle Ceramiche distrutto e poi ricostruito dopo i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Si proseguirà su viale Baccarini, costeggiando il monumento alla Resistenza e poi su viale IV novembre e viale delle Ceramiche. Qui si ricorderanno due civili uccisi per rappresaglia, nel 1944, al Ponte di Felisio, vicino a Solarolo. Si proseguirà con la visita alle famiglie di profughi ucraini ospitati presso il monastero di Santa Chiara. Le clarisse, attualmente a Monte Paolo, festeggeranno nel 2023 ottocento anni di vita. Poi, attraverso corso Garibaldi si giungerà in piazza della Libertà e quindi piazza del Popolo. Accanto alla Torre dell’Orologio, vi è la targa che ricorda i 1015 faentini civili, morti nell’ultima guerra. Nei pressi l’asta portabandiera sormontata dal simbolo della Repubblica. Alla nascita della quale hanno contribuito in modo significativo anche due figli di Faenza: Pietro Nenni e Benigno Zaccagnini. Personaggi di prima grandezza, di opposti schieramenti politici dell’epoca, furono eletti il 2 giugno 1946 alla Costituente. Qui 75 anni fa, approvarono la Costituzione il cui art. 11 ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Ritornando sui propri passi si salirà sulla scalinata del Duomo, dove si ricorderà San Nevolone, qui venerato. Francescano secolare del 1200 e pacificatore tra fazioni cittadine. Fu, probabilmente, tra coloro che, vivente San Francesco, si rifiutavano di giurare di seguire in armi il proprio Podestà in osservanza alla propria regola che vietava di giurare e usare e portare armi. Il Papa di allora li prese sotto la propria protezione. A seguito di ciò, ad essi vennero affidati servizi civili di assistenza e di manutenzione pubblica. La camminata si concluderà alle ore 18 all’interno della Cattedrale con la messa celebrata dal vescovo Mario Toso.


Concorso Presepi nelle case il Piccolo – 3^ edizione

Dopo il bel riscontro delle scorse edizioni, il settimanale diocesano Il Piccolo ripropone anche quest’anno il Concorso Presepi nelle case. Protagonisti i presepi domestici, una tradizione da mantenere viva più che mai anche in questo Natale ancora particolare. Per partecipare inviateci le foto del presepe di casa vostra tramite mail (info@ilpiccolo.org) o Whatsapp (338 3373289), non più di 3 immagini per ogni allestimento. La Redazione assegnerà 3 abbonamenti OMAGGIO 2023 a il Piccolo, ma altri 3 saranno dati tramite voto popolare: le foto dei Presepi saranno pubblicate sulla nostra pagina Facebook e vinceranno quelle che riceveranno più ‘mi piace’. Le foto si ricevono fino al 6 gennaio 2023. E’ necessario comunicare anche un recapito telefonico, Aspettiamo le vostre foto!
Maria Bandini, vincitrice del concorso “Presepi nelle case 2022” con i voti della giuria popolare
Il presepe di Rossella Sarneri 1^ classificato al Concorso 2022 con i voti della Redazione.

Il Messaggio del Papa per la 56esima Giornata Mondiale della Pace: “Nessuno può salvarsi da solo”

Nessuno può salvarsi da solo.
Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 56.ma Giornata
Mondiale della Pace (1° gennaio 2023), 16.12.2022

«Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte» (Prima Lettera di San Paolo ai Tessalonicesi 5,1-2).

1. Con queste parole, l’Apostolo Paolo invitava la comunità di Tessalonica perché, nell’attesa dell’incontro con il Signore, restasse salda, con i piedi e il cuore ben piantati sulla terra, capace di uno sguardo attento sulla realtà e sulle vicende della storia. Perciò, anche se gli eventi della nostra esistenza appaiono così tragici e ci sentiamo spinti nel tunnel oscuro e difficile dell’ingiustizia e della sofferenza, siamo chiamati a tenere il cuore aperto alla speranza, fiduciosi in Dio che si fa presente, ci accompagna con tenerezza, ci sostiene nella fatica e, soprattutto, orienta il nostro cammino. Per questo San Paolo esorta costantemente la Comunità a vigilare, cercando il bene, la giustizia e la verità: «Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri» (5,6). È un invito a restare svegli, a non rinchiuderci nella paura, nel dolore o nella rassegnazione, a non cedere alla distrazione, a non scoraggiarci ma ad essere invece come sentinelle capaci di vegliare e di cogliere le prime luci dell’alba, soprattutto nelle ore più buie.

2. Il Covid-19 ci ha fatto piombare nel cuore della notte, destabilizzando la nostra vita ordinaria, mettendo a soqquadro i nostri piani e le nostre abitudini, ribaltando l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle. Spinti nel vortice di sfide improvvise e in una situazione che non era del tutto chiara neanche dal punto di vista scientifico, il mondo della sanità si è mobilitato per lenire il dolore di tanti e per cercare di porvi rimedio; così come le Autorità politiche, che hanno dovuto adottare notevoli misure in termini di organizzazione e gestione dell’emergenza. Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà. Inoltre, non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento. Raramente gli individui e la società progrediscono in situazioni che generano un tale senso di sconfitta e amarezza: esso infatti indebolisce gli sforzi spesi per la pace e provoca conflitti sociali, frustrazioni e violenze di vario genere. In questo senso, la pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità.

3. Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”. Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori. Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo? Di certo, avendo toccato con mano la fragilità che contraddistingue la realtà umana e la nostra esistenza personale, possiamo dire che la più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo. È urgente dunque ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana. Abbiamo anche imparato che la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace. Nel nostro mondo che corre a grande velocità, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre. Mentre, da una parte, la pandemia ha fatto emergere tutto questo, abbiamo potuto, dall’altra, fare scoperte positive: un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza. Da tale esperienza è derivata più forte la consapevolezza che invita tutti, popoli e nazioni, a rimettere al centro la parola “insieme”. Infatti, è insieme, nella fraternità e nella solidarietà, che costruiamo la pace, garantiamo la giustizia, superiamo gli eventi più dolorosi. Le risposte più efficaci alla pandemia sono state, in effetti, quelle che hanno visto gruppi sociali, istituzioni pubbliche e private, organizzazioni internazionali uniti per rispondere alla sfida, lasciando da parte interessi particolari. Solo la pace che nasce dall’amore fraterno e disinteressato può aiutarci a superare le crisi personali, sociali e mondiali.

4. Al tempo stesso, nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante. Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo. Infatti, questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23).

5. Cosa, dunque, ci è chiesto di fare? Anzitutto, di lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto, di permettere cioè che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà. Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un “noi” aperto alla fraternità universale. Non possiamo perseguire solo la protezione di noi stessi, ma è l’ora di impegnarci tutti per la guarigione della nostra società e del nostro pianeta, creando le basi per un mondo più giusto e pacifico, seriamente impegnato alla ricerca di un bene che sia davvero comune. Per fare questo e vivere in modo migliore dopo l’emergenza del Covid-19, non si può ignorare un dato fondamentale: le tante crisi morali, sociali, politiche ed economiche che stiamo vivendo sono tutte interconnesse, e quelli che guardiamo come singoli problemi sono in realtà uno la causa o la conseguenza dell’altro. E allora, siamo chiamati a far fronte alle sfide del nostro mondo con responsabilità e compassione. Dobbiamo rivisitare il tema della garanzia della salute pubblica per tutti; promuovere azioni di pace per mettere fine ai conflitti e alle guerre che continuano a generare vittime e povertà; prenderci cura in maniera concertata della nostra casa comune e attuare chiare ed efficaci misure per far fronte al cambiamento climatico; combattere il virus delle disuguaglianze e garantire il cibo e un lavoro dignitoso per tutti, sostenendo quanti non hanno neppure un salario minimo e sono in grande difficoltà. Lo scandalo dei popoli affamati ci ferisce. Abbiamo bisogno di sviluppare, con politiche adeguate, l’accoglienza e l’integrazione, in particolare nei confronti dei migranti e di coloro che vivono come scartati nelle nostre società. Solo spendendoci in queste situazioni, con un desiderio altruista ispirato all’amore infinito e misericordioso di Dio, potremo costruire un mondo nuovo e contribuire a edificare il Regno di Dio, che è Regno di amore, di giustizia e di pace. Nel condividere queste riflessioni, auspico che nel nuovo anno possiamo camminare insieme facendo tesoro di quanto la storia ci può insegnare. Formulo i migliori voti ai Capi di Stato e di Governo, ai Responsabili delle Organizzazioni internazionali, ai Leaders delle diverse religioni. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà auguro di costruire giorno per giorno, come artigiani di pace, un buon anno! Maria Immacolata, Madre di Gesù e Regina della Pace, interceda per noi e per il mondo intero.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2022
FRANCESCO