È in corso di pubblicazione il libro del vescovo, monsignor Mario Toso, Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace. Il caso Ucraina: riflessioni per il discernimento. Il saggio (76 pp. edito dalla Cooperativa sociale Frate Jacopa) sollecita il superamento dei pacifismi declamatori, auspicando il potenziamento della via della nonviolenza attiva e creativa. Di seguito riportiamo la prefazione al volume del professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali.
La prefazione del prof. Zamagni
Pace negativa e pace positiva
Il tema che affronta questo volume è di straordinaria e pur tragica attualità: la guerra in Ucraina che si protrae nel tempo e di cui non si riesce ancora a prevederne la fine. Il taglio espositivo del saggio è quello proprio del pensiero critico-discernente, di un pensiero cioè che non si limita ad analizzare i fenomeni indagati, ma si spinge a comprenderne le radici profonde, a praticare appunto il discernimento. È questo un antidoto efficace contro il pericolo bene descritto da C.S. Lewis con l’espressione chronological snobbery, per significare l’accettazione acritica di ciò che succede semplicemente perché parte del trend intellettuale del presente. Accade così che l’accettazione supina del factum finisce col togliere slancio al faciendum. Il caso qui trattato ne è eloquente conferma. Nel 1975, Johan Galtung – uno dei più tenaci assertori delle ragioni della pace – coniando il termine peacebuilding, introdusse la distinzione tra pace negativa e pace positiva. La prima è null’altro che il conflitto congelato, una situazione in cui tacciono le armi, ma restano i carboni accesi sotto la cenere. La seconda, invece, è la pace negoziata – un’opzione favorita dai “costruttori di pace”, come si legge nel testo evangelico. Monsignor Toso si spende a favore della pace positiva, perché persuaso che mai si potrà eliminare o scongiurare la guerra se non si distrugge il mondo della guerra, cioè quelle «forze negative, guidate da interessi perversi che mirano a fare del mondo un teatro di guerra» (Giovanni Paolo II). Alla luce di ciò, di particolare rilevanza sono le proposte che l’autore di questo saggio avanza per contrastare «le forze e gli interessi», cioè le strutture di peccato, oggi presenti più che mai sulla scena internazionale.
Sviluppo o crescita?
Lo sfondo sul quale la riflessione del vescovo Toso va inserita è quello della icastica affermazione di papa Paolo VI: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace» Populorum Progressio, 1967) – una affermazione che a distanza di oltre cinquant’anni stenta ancora ad essere correttamente compresa. Perché? La ragione è che si continua a confondere lo sviluppo con la crescita economica. Anche piante e animali crescono, ma solamente l’essere umano è capace di sviluppo. Il quale è l’esito del concorso di tre dimensioni: quella della crescita, certamente, ma pure quella socio-relazionale e quella spirituale. Ebbene, un modello di sviluppo garantisce la pace quando le tre dimensioni avanzano in armonia, senza che la dimensione della crescita fagociti le altre due – come oggi sta avvenendo. Donde lo stato di diffusa e endemica belligeranza in questa nostra epoca: e la guerra in Ucraina ne è tragica evidenza. Platone si è servito del termine thimos (riconoscimento) per indicare che bisogno primario dell’essere umano, prima ancora del nutrimento, è quello di essere riconosciuto e di riconoscere l’altro. Il riconoscimento postula la reciprocità. Due però le forme che il thimos può assumere: quella della megalothimia e quello della isothimia. Se quest’ultimo è il bisogno di essere riconosciuti come eguali agli altri, la prima è la volontà di essere riconosciuti come superiori agli altri. Ebbene è la megalothimia – una tendenza che negli ultimi decenni ha ripreso servizio anche in Occidente – uno dei principali fattori causali della guerra in corso. Si consideri, infatti, che l’odio è il più coesivo dei sentimenti politici, dato che, più di ogni altro sentimento, l’odio tiene assieme una moltitudine e ne fa una totalità obbediente. Cosa alimenta l’odio? La paura, il cui antidoto è la sicurezza. L’autocrate ha necessità di diffondere paura per potersi legittimare nei confronti della sua popolazione.
La speranza che sprona l’azione
Con saggezza monsignor Toso ci ricorda che il bene va perseguito su vie di bene. E ciò è possibile, a patto che la ricerca del bene torni a muovere le intenzioni profonde di ciascuno. È tale consapevolezza che apre alla speranza, la quale non è né il fatalismo di chi pensa che la guerra sia qualcosa di inevitabile, né l’atteggiamento misoneista di chi rinuncia a lottare, preferendo «osservare la realtà dal balcone» (papa Francesco). È la speranza che sprona all’azione, perché chi è capace di sperare è anche capace di agire per vincere la paralizzante apatia dell’esistente. Mi piace terminare con una storiella che bene interpreta lo spirito con cui è stato scritto questo saggio. È la parabola del seminatore. Un giovane entrò in un negozio nel quale il venditore era un angelo. Chiese che cosa si vendesse in quel posto e la risposta dell’angelo fu che vi poteva trovare di tutto e, certamente, cose che non potevano essere comprate altrove. Allora il giovane chiese di poter acquistare la fine delle guerre, la fraternità tra gli esseri umani, l’amore in famiglia e altro. Scusa giovane – disse il venditore – qui non vendiamo frutti, ma solo semi!
Stefano Zamagni