- Premessa
Care giovani animatrici ed animatori, benvenuti in questa Chiesa dedicata alla Madonna dei sette dolori. Questa sera riceverete un mandato, come lo ricevettero i discepoli del brano evangelico che avete ascoltato (cf Mt 28, 16-20). Sentivi, pertanto, scelti per un grande impegno: essere per gli altri, specie per i ragazzi e le ragazze che incontrerete la prossima estate nei campi dei Grest, dei Cre, ma non solo. Con essi, per essi vivrete un’esperienza di servizio. Sarete Chiesa giovane per i più piccoli, per farli divertire, pregare, rendendoli più capaci di fare il bene. Questa sera ci fermeremo a fare alcune riflessioni sulla figura dell’animatore. Dapprima tenteremo di dire cosa non è l’animatore, ossia lo definiremo per via negativa. In un secondo momento ne parleremo definendolo positivamente.
- Il profilo dell’animatore
- Partiamo da cosa non è
L’animatore non è l’animatore di un villaggio turistico, con il compito di intrattenere e coinvolgere gli ospiti in attività di gioco, di divertimento, di ginnastica, semplicemente per rendere il soggiorno più piacevole.
L’animatore non è nemmeno colui che occupa il proprio tempo in attività del tempo libero con lo scopo di raggranellare dei soldini, per vivere più dignitosamente.
Non è uno alla ricerca della propria autorealizzazione, quanto piuttosto si sente impegnato a far crescere gli altri umanamente e cristianamente.
Non è una persona spenta, sbiadita, demotivata, cupa, semmai uno che è appassionato e amante della vita, colmo di gioia che contagia.
Non è una persona che accentra tutto su di sé e considera i ragazzi e le ragazze come persone da selezionare e legare a sé, rendendole quasi una sua proprietà, funzionali alla sua felicità.
- Definizioni positive dell’animatore
L’animatore è:
- una persona che desidera donarsi, impegnarsi, perché i più piccoli possano crescere gioiosi e divenire, a loro volta, capaci di dono, gioiosi. Pertanto, è uno che sa accogliere, coinvolgere, fa giocare, organizza varie attività, responsabilizza, crea un ambiente sereno, di amicizia, famigliare.
- una persona che sa operare insieme ad altri, sa fare squadra con gli altri animatori. Tutti insieme gli animatori condividono sogni, un progetto, uno Spirito: vivono assieme il più possibile, organizzano le giornate, ne verificano lo svolgimento, si riservano momenti di preghiera e di riflessione, di incontro vero con Gesù il Signore, per offrirsi a Lui, per mettersi a sua disposizione con entusiasmo, sull’esempio di Colei che all’invito dell’angelo rispose con un «Eccomi!».
- una persona che si coltiva, si prepara, vuole essere «professionale», anche nell’organizzare un gioco, nell’arbitrare, nel comunicare. È fedele alla parola data, sa relazionarsi con le famiglie, con la parrocchia. Non ama la mediocrità, non fa sconti immotivati sull’impegno. Sa correggere in bel modo, senza offendere, senza scoraggiare, bensì spronando.
- una persona che sente di avere delle responsabilità È cosciente che gli sono affidate altre persone che devono crescere nella libertà, nella fraternità, nell’amicizia, nella fede.
- Ha il senso dell’appartenenza alla propria comunità parrocchiale e civile. Sente il dovere di agire a nome e per conto di essa.
- Sa essere persona di speranza, che ha sempre fiducia nei ragazzi, anche quelli che sembrano meno dotati per questa o quell’altra attività o disciplina. Sa scorgere le doti positive di ognuno e mette ciascuno in condizione di svilupparle.
- Non perde il contatto con Colui che lo manda, e lo ama colmando ognuno del suo amore perché ne diventi annunciatore, dispensatore.
- Coltiva il metodo educativo preventivo – si tratta di un metodo che non è repressivo, ossia che fa ricorso alle punizioni, bensì crea le condizioni affinché i ragazzi non siano attratti dal male ma dalla bellezza del bene -, come quello di don Bosco, stando in mezzo ai giovani, con simpatia, ascoltando quanto i ragazzi confidano, chiedono, impegnandoli intensamente. Non raramente i ragazzi e le ragazze che si ha l’opportunità di incontrare provengono da famiglie che non hanno sempre il tempo per l’ascolto, per dare quelle risposte che i ragazzi si attendono. L’animatore è colui che può darle, specie se è un educatore preparato.
- Si impegna a comunicare il suo affetto, con amorevolezza, senza essere appiccicaticcio. Don Bosco soleva ripetere che non basta amare i giovani. Occorre che loro si accorgano di essere amati. Il suo metodo, non a caso, poggiava sul trinomio: ragione, religione, amorevolezza. Un tale trinomio va rivalutato e reinterpretato proprio nell’attuale contesto socio-culturale che tende ad emarginare la ragione pensante. Oggi domina, infatti, la ragione calcolante, strumentale, mentre dovrebbe vigoreggiare una ragione riflessiva, sapienziale.
- Ricerca quel punto accessibile al bene che c’è in ogni ragazzo, anche il più irrequieto e monello. Facendo leva su quel punto si guadagna la fiducia dei ragazzi. Per questa via don Bosco ha saputo trasformare dei giovani sfaccendati, volgari e rissosi in giovani apostoli.
Cari giovani, molti di voi non sono alla prima esperienza. Hanno già partecipato a dei Grest o a dei Cre. Altri di voi è la prima volta che si impegnano a diventare animatori. Questo, a dire il vero, è il terzo incontro formativo. Forse, lo riconoscete anche voi, è troppo poco. Però, da qui all’estate c’è ancora tempo per continuare la preparazione, per pregare. Fatevi aiutare dai vostri formatori e anche dai vostri parroci. Il Signore Gesù vi accompagni. Sappiatelo incontrare nell’Eucaristia, nel sacramento della riconciliazione. Diventate sempre più innamorati di Gesù Cristo. Solo così riuscirete ad innamorare i vostri ragazzi di Lui.
+ Mario Toso