Ecco le nostre impronte di pace: in tanti alla marcia diocesana di Faenza

Colorata, intensa e ricca di testimonianze significative per incidere e lasciare un’impronta sul presente e sul futuro. Domenica 26 gennaio scorso a Faenza si è svolta la tradizionale Marcia per la pace diocesana. Dopo una mattinata piovosa, in un bel pomeriggio di sole i bambini e i ragazzi della diocesi si sono ritrovati presso il seminario diocesano dove, grazie alla collaborazione tra Azione Cattolica dei Ragazzi diocesana, Pastorale Missionaria diocesana e Comunità Cristiana Evangelica di Faenza è stato organizzato un momento a loro dedicato.

Dopo l’accoglienza e la divisione in squadre sono state svolte diverse attività, ciascuna delle quali li ha aiutati a riflettere sul tema della pace e sul tema giubileo, essere pellegrini di speranza. Hanno ascoltato le testimonianze di Giandomenico Sacchini e fra Mirko Montefiori, hanno cantato canti di gioia e speranza e si sono sfidati in giochi e in una staffetta dove al termine del percorso ogni ragazzo ha impresso una piccola impronta su un’orma più grande come proprio segno di pace. Al termine delle attività è poi partita la marcia che ha portato il corteo in cattedrale dove, insieme al corteo degli adulti, si è svolta la preghiera finale guidata dal vescovo, monsignor Mario Toso.
Durante la preghiera i ragazzi, come gesto, hanno portato in Cattedrale le orme realizzate durante la staffetta. Queste impronte rappresentano l’impegno di pace che bambini e ragazzi desiderano intraprendere assieme e averle portate ai piedi dell’altare indica il voler intraprendere il cammino di speranza sostenuti e accompagnati dal Signore.

Per quanto riguarda il corteo degli adulti, coordinato dalla Pastorale sociale e del lavoro, questo è partito dalla chiesa di Sant’Antonino in Borgo, uno dei luoghi simbolo legati all’alluvione che ha colpito il nostro territorio. L’iniziativa ha evidenziato ancora di più l’importanza di promuovere un messaggio di speranza e di pace, che deve farsi concreto e camminare con noi nella vita di tutti i giorni.

Le parole del vescovo Mario: “La speranza va annunciata e costruita”

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Di seguito riportiamo alcuni passaggi del Commento al Messaggio per la 58esima Giornata mondiale della pace redatto dal vescovo, monsignor Mario Toso e distribuito domenica scorsa al termine della celebrazione in Cattedrale. Il Commento è disponibile rivolgendosi agli uffici della Curia (viale Stradone 30).

Nella nostra esistenza terrena, contrassegnata da ingiustizie, conflitti, diseguaglianze, prevaricazioni sui più deboli, sfruttamenti delle risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, trattamenti disumani delle persone migranti, non possiamo limitarci, per conseguenza, ad aspettare. Dobbiamo annunciare, organizzare, costruire la speranza! Come pellegrini della speranza, che è Cristo Gesù, proprio per essere segni efficaci e luminosi di speranza, dobbiamo tracciare e concretizzare cammini di speranza per tutti. Tocca a tutti organizzare la speranza e tradurla nella quotidianità, nei rapporti umani, nei legami con il pianeta, nell’impegno sociale e politico. (…)

Celebrare il Giubileo, connesso con il mistero della redenzione di Cristo, significa sentirsi chiamati a rompere le catene dell’ingiustizia. Ma, prima ancora, significa riconoscere l’errore di negare di avere un unico Padre, Dio, che destina i beni della terra a tutti. Ignorare di avere un unico Padre porta a negare la fraternità tra gli uomini, la destinazione universale dei beni, la solidarietà. Porta alla mancanza sia di gratitudine nei confronti di Dio sia di responsabilità nei confronti dei propri fratelli. È spalancata la porta dello sfruttamento dei propri fratelli, della crisi del debito estero dei Paesi più poveri sulle cui spalle pesa talvolta il peso del debito ecologico dei Paesi più sviluppati. È chiedendo perdono a Dio, mediante conversione, che poniamo le condizioni per riconoscere la fraternità tra i popoli, per rimuovere le ingiustizie e le diseguaglianze. Papa Benedetto insegnava che «convertirsi significa cambiare direzione nel cammino della vita: non, però, con un piccolo aggiustamento, ma con una vera e propria inversione di marcia. Conversione è andare controcorrente, dove la “corrente” è lo stile di vita superficiale, incoerente e illusorio, che spesso ci trascina, ci domina e ci rende schiavi del male o comunque prigionieri della mediocrità morale. Con la conversione ci si affida al Vangelo vivente e personale, che è Cristo».