Author: samuelemarchi

Schede bibliche per il tempo di Pasqua 2025

Sono disponibili le schede bibliche del Tempo di Pasqua, si possono scaricare dal sito della diocesi e alcune copie cartacee si possono trovare nella libreria Cultura Nuova.
Le schede, a cura dell’Ufficio Catechistico – Settore Apostolato Biblico, sono dedicate ai salmi responsoriali della domenica dal 27 aprile all’ 8 giugno. L’introduzione alla lettura delle schede bibliche è tratta da un testo del cardinale Gianfranco Ravasi, che propone una riflessione sul brano evangelico dei discepoli di Emmaus.

Info e contatti: don Pier Paolo Nava 328 4760185; apostolatobiblico@diocesifaenza.it

Le schede da scaricare

copertina schede tempo di pasqua 2025

Testi dei Vangeli Pasqua C

Schede SL 2TPC

Schede SL 3TPC

Schede SL 4TPC

Schede SL 5TPC

Schede SL 6TPC

Schede SL 7TPC

Schede SL 8TPC

 


Messaggio del Vescovo Mario per la morte di Papa Francesco, “La Speranza prevalga sul dolore”. L’invito a tutta la Diocesi a pregare per lui

In questo momento di profondo dolore per la Chiesa universale e per l’intera umanità, la Diocesi di Faenza-Modigliana si unisce con commozione e preghiera al lutto per la scomparsa del Santo Padre, Papa Francesco. Il Vescovo monsignor Mario Toso invita tutti i fedeli, le comunità parrocchiali, le realtà ecclesiali e gli uomini e le donne di buona volontà ad accompagnare spiritualmente il Papa con la preghiera, facendo prevalere la Speranza sul dolore. «In questo passaggio così intenso e doloroso – dichiara il Vescovo – vogliamo ricordare le parole luminose che Papa Francesco ci ha lasciato nella Bolla di indizione dell’Anno Giubilare. Egli ci ha indicato nella Croce il segno vivo di una Speranza che non delude mai: è lì che si radica la nostra missione, è lì che trova senso il nostro impegno apostolico».

“La Croce, segno vivo di una Speranza che non delude mai”

“Nel corso del suo pontificato – ha aggiunto il vescovo -, Papa Francesco ha saputo parlare al cuore di milioni di persone, diventando una guida spirituale non solo per i cattolici, ma anche per i credenti di altre religioni e per tutti coloro che, nel mondo, cercano giustizia, pace e verità. Con riconoscenza profonda, custodiamo la sua testimonianza evangelica, il suo instancabile servizio alla Chiesa e la sua dedizione ai più poveri e fragili. Affidiamolo alla misericordia del Padre, certi che continuerà ad accompagnarci dal Cielo”. Il vescovo ha poi invitato tutte le comunità parrocchiali a proporre momenti di preghiera in suffragio del Santo Padre. Verrà comunicata prossimamente la data di una celebrazione eucaristica diocesana.

Gli auguri di Buona Pasqua dal Vescovo Mario

Quale gioia ci dona la Pasqua di Cristo!

Ogni anno si spalancano per noi le porte della comunione con il suo Amore e con la sua missione. La Pasqua ci costituisce popolo di Dio, inviato nel mondo. È l’occasione, ancora una volta, di pensarci insieme a Lui, nella vita, nel cammino per la gioia, che vorremmo raggiunga tutti. In una continua effusione dello Spirito che rinnova la faccia della terra.

La nostra non è la gioia di un popolo estraneo ai grandi problemi del mondo.

Tutto al contrario. È la gioia di un popolo che non si rinchiude in un cristianesimo devoto, di consolazione, di commiserazione delle nostre debolezze contingenti. È la gioia che fiorisce dalla forza di un dono che diviene completo con l’immedesimazione con il Pastore dei pastori, sulla Croce. È la gioia di una Speranza che non delude e che fa riprendere il largo della storia.

Guardiamo in avanti. Non siamo soli. Camminiamo nel mondo, fieri di essere di Cristo, pronti a seminare con Lui i semi della sua perenne giovinezza, della sua pienezza di vita.

Come Cristo ha desiderato coinvolgersi nelle vicende umane, anche noi non ci rifiutiamo di essere in mezzo alle sfide della storia. È il cammino dell’immersione nell’umanità, in ogni suo aspetto, per renderla più autenticamente umana attraverso il dono della vita divina.

In un mondo pieno di tanti segni di bontà e di bellezza, ma anche di tante fragilità, divisioni, ingiustizie, diseguaglianze e guerre, non assecondiamo ciò che lo distrugge ancora di più.

Collaboriamo con gli uomini di buona volontà per renderlo sempre più casa di tutti e per tutti. Coltiviamo l’attitudine alla fraternità, al dialogo sereno, sincero, propositivo, sempre audace, che non scende a compromessi inconcludenti, che avvantaggiano i più forti e lasciano da parte, ancora una volta, i più deboli e i poveri. Siamo annunciatori e testimoni di un Vangelo integrale, mostrando che tutto è connesso: che la persona umana va custodita sia nella sua dignità individuale, inviolabile, indisponibile, che la rende soggetto di doveri e di diritti, sia nella sua vocazione relazionale, che le assegna responsabilità nei confronti della società; che proprio questa dignità porta a rispettare allo stesso modo la vita nascente e morente, come la vita degli indigenti e dei migranti; che la cura del creato vive della stessa logica della cura della famiglia e dell’educazione.

La Pasqua è per la profezia, ci dice il cammino sinodale in cui siamo impegnati da alcuni anni. Essere profeti significa non solo guardare in avanti, fiutare il vento del successo, ma essere soprattutto costruttori, con sollecitudine instancabile, con passione, di una società più fraterna, giusta e pacifica.

In questa Pasqua desidero rivolgere un augurio speciale ai giovani della nostra Diocesi. Voi siete ricchezza per il futuro della Chiesa e del mondo. Portate nel cuore sogni, aspirazioni e anche attese e domande. In un tempo segnato da incertezze e preoccupazioni, il messaggio della Risurrezione vi esorta a non perdere la speranza. Cristo risorto vi invita a guardare a lui, a essere promotori di gioia e costruttori di pace. Lasciatevi guidare dalla luce pasquale e aprite il vostro cuore a Gesù, che vi accompagna sempre, anche nelle difficoltà, incoraggiandovi a vivere con coraggio e profondità di visione. Un abbraccio a tutti, piccoli e grandi, giovani e nonni, con l’amore di Cristo risorto.

                                        + Mario Toso

 


“Chiesa e democrazia” di Mons. Mario Toso: la recensione dal prof. Stefano Zamagni

Il volume che ora viene presentato al giudizio del lettore è un bell’esempio di lavoro intellettuale nel senso attribuito a questa espressione dal card. John Newman. Con non comune maestria, Toso è riuscito a tenere insieme, in armonia, una varietà di prospettive di studio, da quella teologico-morale e quella politico-filosofica, a quella socioeconomica. Scritto in maniera esemplarmente chiara, Chiesa e Democrazia (Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Seconda edizione rivista ed ampliata, 2025 Roma) sarà certamente apprezzato da quanti amano essere stimolati a pensare in modo libero senza paraocchi. Il filo rosso che tiene uniti i vari capitoli è la crisi profonda, iniziata mezzo secolo fa, della democrazia quale modello di ordine sociale nei paesi dell’Occidente avanzato e l’apporto decisivo che la Chiesa-popolo di Dio è in grado di offrire per il suo superamento.

In quanto segue, intendo fissare l’attenzione su tre questioni specifiche che questo saggio pone alla nostra responsabile attenzione. Con ammirevole coraggio intellettuale, Toso affronta il dilemma in cui si dibatte la Chiesa di oggi: se vuole restare fedele al suo fondamento deve affermare con forza che il cristianesimo non è riducibile ad un’etica; al tempo stesso però per affermare nel mondo la sua cogente rilevanza, la Chiesa deve saper declinare il suo messaggio sul fronte dell’etica, mostrando quali implicazioni di ordine pratico discendono dall’accoglimento dei principi, sempre gli stessi, del Cristianesimo. Invero, come è stato ribadito più volte, anche alla Settimana Sociale di Trieste del luglio scorso, l’Evangelo è bensì un messaggio di speranza, ma non esclude, anzi esige che ve ne siano altri. Nello svolgere la sua missione, la Chiesa cerca e incontra la risposta di un soggetto tra le onde della storia. Come viva quest’uomo, quali siano le sue possibilità di realizzarsi non sono fatti estranei e indifferenti alla evangelizzazione, poiché da essi dipende la risposta che l’uomo darà. Ecco perché la Chiesa – insiste Toso – non può non interessarsi alla sorte dell’uomo in questo mondo e alla sua piena fioritura. È contro la ricorrente tentazione di un nichilismo generatore della sindrome, oggi dilagante, della solitudine esistenziale che l’Autore di questo libro si scaglia con decisione, riaffermando le ragioni proprie della Dottrina Sociale della Chiesa, che inizia dalla ben nota Lettera a Diogneto (II sec.) e dalla pubblicazione dell’importante saggio di Basilio di Cesarea (Sul buon uso della ricchezza, 370).

Una seconda q uestione, strettamente collegata alla precedente, è quella che concerne l’impegno in politica dei cattolici, un tema al quale tante pagine del libro sono dedicate. (Si badi di non confondere la politica, che secondo Aristotele appartiene alla “ragion pratica”, con la partitica che nasce nel XIX secolo, al seguito dell’Illuminismo, e che appartiene alla ragion tecnica). Distinguendo tra comunità cristiana e comunità civile, in quanto appartenente ad entrambe, il credente non può eludere il problema di come armonizzare le due appartenenze, dal momento che i principi fondativi delle due comunità sono diversi e così pure le loro regole di funzionamento. Per il non credente, un tale problema non esiste. Il fatto – riconosciuto e ribadito più volte da papa Francesco – della fine della cristianità dell’epoca moderna, ci obbliga ad affrontare la questione della armonizzazione nel pieno rispetto del principio di laicità che, come noto, è creazione del Cristianesimo. (L’Illuminismo ha dato vita, d’altro canto, al principio laicista). A scanso di equivoci, conviene sempre ricordare la differenza tra Cristianesimo e cristianità: quest’ultima è l’involucro storico, e dunque transeunte, del primo.

Il teologo Henry De Lubac ha scritto che il cristiano che non si interessa di politica – non di partitica – non è fedele al Vangelo. A tale proposizione mi piace affiancare tre dichiarazioni recenti di altrettanti Pontefici. “La politica come servizio è una via della Carità: volete amare gli altri? Fate politica” (Paolo VI). “Sogno il ritorno diretto in politica dei laici cattolici”. (Benedetto XVI, corsivo aggiunto). “Un buon cattolico si immischia in politica, offrendo il meglio di sé”. (Francesco). Non v’è bisogno di commenti, se non per suggerire due conseguenze derivanti dalla non presa in considerazione di tali autorevoli ammonimenti. Per un verso, il babelismo (per usare la felice espressione di J. Maritain) del mondo cattolico; per l’altro verso, il fatto che i cattolici sono spesso percepiti come una sorta di lobby a difesa di determinati obiettivi, e non invece come una comunità di persone portatrici di un progetto di trasformazione della società che trae il suo slancio vitale dai principi della Dottrina Sociale della Chiesa. Le lobby – di “destra”, di “sinistra” o di altro ancora – se possono ottenere vantaggi nella anticamera della partitica, sono sempre perdenti a lungo termine per la semplice ragione che non sono in grado di organizzare, o non vogliono organizzare,   i canali di trasformazione degli interessi della cittadinanza verso le forze partitiche in quanto esse non perseguono l’interesse generale. Un caso di studio interessante ci viene dal nostro mondo cattolico che si è autoinflitto, nell’ultimo quarantennio, una duplice illusione: quella di poter essere il lievito che entra nella pasta delle diverse formazioni partitiche per condizionarne, almeno in parte, i programmi, pur non superando la soglia critica oltre la quale si può, essere efficaci; quella di poter esercitare con successo il potere come influenza, a prescindere dal potere come potenza. Davvero pie illusioni, come i fatti si sono poi incaricati di dimostrare.

Chiudo il punto con un esempio chiarificatore. Il Cristianesimo non può considerare la democrazia liberale come l’unico ordine politico definitivo da incoraggiare, perché tale ordine contiene il rifiuto della politica delle virtù. In altro modo, le strutture della democrazia liberale sono basate sull’idea che le virtù e il dono come gratuità possono essere considerati politicamente e socialmente ridondanti. Avallare un’economia del dono significa affermare l’esigenza che la fraternità sia il test della legittimità politica e la carità il criterio della cittadinanza. Non è sostenibile la società in cui si estingue la fraternità e non c’è pubblica felicità in quella società in cui esiste solamente il “dare per avere” oppure il “dare per dovere”. Ecco perché né la visione liberal-individualista del mondo, né la visione statocentrica della società sono guide sicure per farci uscire dalle secche dell’epoca presente. È d’interesse far presente che J. Habermas, nel suo saggio del 2024, ha insistito sul fatto che le democrazie contemporanee hanno eroso il loro fondamento etico, suggerendo come cosa inevitabile il ritorno al pensiero religioso. “Il Cristianesimo, e nient’altro – ha scritto il filosofo tedesco – è l’ultimo baluardo della libertà, della coscienza dei diritti umani e della democrazia. Continuiamo ad abbeverarci a questa fonte”.

Passo, infine, alla questione che occupa un posto centrale nell’analisi del Nostro: la crisi della democrazia quale si è venuta manifestando nel corso dell’ultimo mezzo secolo. Tre le patologie all’origine del triste fenomeno: la ipertrofia della finanza globale; la concentrazione di ricchezza mai registrata nei secoli passati; il disallineamento tra mercato capitalistico e principio democratico.  A proposito del primo fattore causale, Toso non manca di sottolineare il processo di crescente finanziarizzazione dell’economia, un processo che si è imposto all’attenzione dei più, facendo credere – senza alcuna prova – che i mercati finanziari sarebbero assetti istituzionali in grado di autoregolarsi e ciò nel duplice senso di assetti capaci di darsi da sé le regole del proprio funzionamento e di farle rispettare. Il punto che merita una sottolineatura è che nelle economie di mercato di tipo capitalistico vi sono soggetti che creano valore e altri che non lo creano, ma se ne appropriano oppure si limitano a trasferirlo da un soggetto all’altro. Soprattutto la grande finanza (grandi banche, hedge funds, fondi di private equity, ecc.) mentre crea poco valore nuovo, ha la potente capacità di appropriarsi del surplus che altri agenti hanno generato: è questo il nucleo duro del rent-seeking finanziario, della ricerca della rendita che caratterizza l’attività di buona parte degli intermediari finanziari. Questo stato d’animo pressoché generalizzato ha fornito il carburante al meccanismo speculativo, il quale si è potuto avvalere di strumenti e tecniche con una “potenza di fuoco” mai vista in precedenza. Ma è evidente che una bolla speculativa dalle proporzioni di quella scoppiata nel 2007-2008 mai si sarebbe potuta verificare senza quella “bolla mentale” che ha fatto credere che fosse possibile separare la creazione di valore dal lavoro produttivo. Donde il vergognoso aumento delle diseguaglianze sociali sia tra paesi sia tra gruppi di cittadini entro un medesimo paese. Eppure, il pensiero liberale classico, (si pensi a A. Smith, A. Tocqueville, J.S. Mill, F. Hayek) sin dai suoi albori, aveva avvertito la preoccupazione che una smodata concentrazione di potere economico avrebbe finito col sottomettere al proprio volere il potere politico e dunque la democrazia.

Ciò ci introduce immediatamente al disallineamento di cui sopra. È il capitalismo oligarchico, non più quello democratico, a permettere il progresso socio-economico e la liberazione della società, perché quella democratica è una pratica politica troppo dispendiosa e troppo “wokista”. Si leggano documenti recenti quali il “Manifesto del Capitalismo Oligarchico” scritto da P. Theil nel 2009, in California, e firmato da una potente pattuglia di super ricchi quali Vance, Bezos, Musk e altri; il Programma Scientifico del Claremont Institute, uno dei più efficaci “think tank” dell’ultraconservatorismo americano; il farneticante “Manifesto Tecno-Ottimista” di M. Andreessen, co-fondatore di Netscape, dell’ottobre 2023, per rendersi conto di quanto sta accadendo in questo tempo. Il linguaggio della liberazione è divenuto preda da parte di poteri che si ammantano per l’appunto di quel linguaggio. Corruptio optimi pessima: siamo di fronte a un sistema che riproduce le parole, i propositi dei liberatori, ma in verità schiaccia le realtà percepite come fragili e vulnerabili in nome di un privilegio di “scorciatoia” in ossequio all’ideologia prestazionale.

Restituire un’anima alla politica: è questo l’invito accorato che si trae dalla lettura di Chiesa e democrazia. Ci vogliono grandi cause, ancorché talvolta deviate dal loro alveo originale, per mobilitare le persone in gran numero. Non esiste forza politica, degna di questo nome, che non si rifaccia ad un’ispirazione. Perché mai l’ispirazione cristiana non dovrebbe avere cittadinanza nell’odierno spazio politico, al pari delle altre matrici culturali? Nella sfera della politica, la sfida per il cristiano è accorciare le distanze tra radicalità evangelica e azione pubblica.

È culturalmente attrezzato e spiritualmente preparato il nostro mondo cattolico per una tale missione? Ritengo proprio di sì, purché lo si voglia e si abbia l’onestà intellettuale di ammetterlo. Non posso terminare senza esprimere, ancora una volta, gratitudine profonda a mons. Toso per il dono di queste pagine, il cui senso ultimo è quello di contrastare la credenza, oggi di moda, secondo cui non ci si sarebbe bisogno di pensare, perché ciò che conta è fare, funzionare. Ma se l’esistenza è solo funzionamento, tanto vale affidarsi alla “macchina”, che lo farà certamente meglio. Di qui il suggerimento del Nostro rivolto al mondo cattolico a riprendere la via del pensiero pensante, considerato che di pensiero calcolante ce ne è già troppo. Ha scritto Antoine de Saint Exupery: “La perfezione non si ottiene quando non c’è più nulla da aggiungere; ma quando non c’è più nulla da togliere”.

In Chiesa e Democrazia non c’è nulla da togliere.

Stefano Zamagni


Il lavoro, un’alleanza sociale generatrice di speranza (Messaggio CEI per la Festa dei lavoratori)

La Festa dei Lavoratori, in questo Anno giubilare, vuole offrire orizzonti di speranza agli uomini e alle donne del nostro tempo, consapevoli «che il lavoro umano è una chiave, e probabilmente la chiave essenziale, di tutta la questione sociale, se cerchiamo di vederla veramente dal punto di vista del bene dell’uomo» (Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 3). La tutela, la difesa e l’impegno per la creazione di un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, costituisce uno dei segni tangibili di speranza per i nostri fratelli, come Papa Francesco ci ha indicato nella Bolla di indizione dell’Anno giubilare (cf. Francesco, Spes non confundit, 12).

L’esperienza della pandemia ci ha consegnato un modo di lavorare nel quale è possibile coniugare in molte circostanze lavoro in presenza e a distanza, aumentando la nostra capacità di conciliare vita di lavoro e vita di relazioni soprattutto nel cosiddetto smart working, ma rischiando anche di impoverire i rapporti umani tra i lavoratori e le stesse relazioni familiari. Un effetto strutturale e fondamentale lo sta esercitando la grave crisi demografica, per la quale vedremo nei prossimi anni uscire dal mercato del lavoro la generazione più consistente, sostituita progressivamente da un numero sempre più ridotto di giovani. Allo stesso tempo, accade qualcosa di paradossale, ossia lo sfruttamento di fratelli immigrati, dimenticando che la loro presenza può costituire un motivo di speranza per la nostra economia, ma solo se verranno integrati secondo parametri di giustizia. Inoltre, oggi, con quello che viene chiamato mismatch, ossia il disallineamento tra domanda e offerta, assistiamo contemporaneamente al fenomeno di posti di lavoro vacanti, che non trovano personale con le necessarie competenze, e giovani disoccupati che non hanno i requisiti adatti. Resta sullo sfondo, infine, la dura «legge di gravità» della competizione globale per la quale le imprese cercano di localizzarsi laddove i costi (quello del lavoro incluso) sono più bassi. E questo alimenta una spirale al ribasso su costo e dignità del lavoro.

Se il dato statistico sulla disoccupazione, in forte calo, potrebbe spingere all’ottimismo, sappiamo invece che dietro persone formalmente occupate c’è un lavoro povero. Occorre, infine, considerare la situazione delle donne, che in alcuni ambiti vengono penalizzate non solo con una minore retribuzione, ma anche con l’assenza di garanzie nei tempi della gravidanza e della maternità. Non ci sarà piena giustizia, infine, senza sicurezza sul lavoro, la cui mancanza fa ancora tante vittime. Per dare speranza occorre invertire queste tendenze: sarà uno dei segni più rilevanti del Giubileo. Esistono tuttavia segni di speranza da alimentare per essere generativi e per far nascere e promuovere lavoro degno ma, come sempre, essi richiedono la nostra partecipazione attiva per proseguire l’opera della Creazione. Un segno di speranza è il riconoscimento nei contratti di lavoro nazionali dell’importanza della formazione permanente e della riqualificazione durante gli anni di lavoro.

È necessario valorizzare, inoltre, lo strumento degli stessi contratti per impiegare le risorse a disposizione anche in forme di welfare e di assicurazione attenti alle emergenze sanitarie e familiari. È segno di speranza la creazione di relazioni virtuose tra datori di lavoro e lavoratori, dove il dialogo, la riconoscenza, i meccanismi di partecipazione, alimentano fiducia e cooperazione mettendo in moto le motivazioni più profonde della persona e facendo crescere la forza dell’impresa e la qualità del lavoro. Come Chiesa abbiamo sentito, in questi anni, la responsabilità di impegnarci su questo fronte, non solo assicurando vicinanza e conforto a chi è in difficoltà, ma contribuendo a creare «un’alleanza sociale per la speranza che sia inclusiva e non ideologica» (Spes non confundit, 9). Lo abbiamo fatto anche con visioni che donano prospettive di speranza, come quelle dell’economia civile, e investendo in interventi generativi, volti alla creazione di una cultura del lavoro e di opportunità, come il Progetto Policoro, con il quale da trent’anni la Chiesa in Italia investe su giovani animatori di comunità formati per impegnarsi nelle loro diocesi. Negli ultimi anni essi hanno operato nel solco dell’ecologia integrale, che guarda alla sostenibilità e all’interdipendenza tra dimensione sociale ed ecosistema.

Dal Progetto Policoro sono nati frutti significativi e imprese capaci di stare sul mercato e di promuovere lavoro degno anche nelle aree del Paese più disagiate. Non ultimo, appare opportuno un appello alla responsabilità di tutti noi. L’economia e le leggi di mercato non devono passare sopra le nostre teste lasciandoci impotenti. Il mercato siamo noi: sia quando siamo imprenditori e lavoratori, sia quando promuoviamo e viviamo un consumo critico. La responsabilità sociale d’impresa è oggi un filone sempre più consolidato grazie anche agli interventi regolamentari che impongono alle aziende un bilancio sociale e prendono le distanze da comportamenti furbeschi volti solo alla speculazione. I credenti e tutti i cittadini di buona volontà sono chiamati in questo contesto propizio a stimolare le aziende a gareggiare tra loro anche sulla dignità del lavoro e a usare l’informazione sui loro comportamenti come criterio per le scelte di consumo e di risparmio. La «mano invisibile» del mercato non è sufficiente a risolvere i gravi problemi oggi sul tappeto. È la nostra mano visibile che deve completare l’opera di con-creazione di una società equa e solidale e continuare a seminare speranza. Infatti, «i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (Spes non confundit, 7).

COMMISSIONE EPISCOPALE PER I PROBLEMI SOCIALI E IL LAVORO, LA GIUSTIZIA E LA PACE

19 marzo 2025

Sussidi pastorali

Sussidio-1_C2_B0-maggio-2025-def.pdf


Settimana Santa 2025: le celebrazioni nella Cattedrale di Faenza

La Basilica Cattedrale di Faenza si prepara ad accogliere i fedeli per le celebrazioni dellaSettimana Santa 2025. Un calendario ricco di appuntamenti liturgici in cammino verso la Pasqua. Ecco il programma dettagliato delle celebrazioni:

Domenica delle Palme – 13 Aprile

  • Ore 8 – 12 : Sante Messe
  • Ore 10.30 : Benedizione dei rami e Santa Messa presieduta da S.E. Mons. Mario Toso
  • Ore 17.00 : Adorazione Eucaristica
  • Ore 17.30 : Celebrazione dei Secondi Vespri
  • Ore 18.00 : Santa Messa

Lunedì Santo – 14 Aprile

  • Ore 8 : Santa Messa
  • Ore 8.30 – 12 : Esposizione ed Adorazione Eucaristica
  • Ore 8.30 – 12 / 16 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 16 : Adorazione Eucaristica
  • Ore 17.45 : Celebrazione dei Vespri
  • Ore 18 : Santa Messa

Martedì Santo – 15 Aprile

  • Ore 8 : Santa Messa
  • Ore 8.30 – 12 : Esposizione ed Adorazione Eucaristica
  • Ore 8.30 – 12 / 16 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 16 : Adorazione Eucaristica
  • Ore 17.45 : Celebrazione dei Vespri
  • Ore 18 : Santa Messa

Mercoledì Santo – 16 Aprile

  • Ore 8 : Santa Messa
  • Ore 8.30 – 12 : Esposizione ed Adorazione Eucaristica
  • Ore 8.30 – 12/ 16 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 16 : Adorazione Eucaristica
  • Ore 17.45 : Celebrazione dei Vespri
  • Ore 18 : Santa Messa
  • Ore 20.30 : Via Crucis cittadina con partenza dalla Chiesa di S. Agostino

Giovedì Santo – 17 Aprile

  • Ore 8.30 – 12 / 16 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 9.30: Santa Messa Crismale presieduta da S.E. Mons. Mario Toso
  • Ore 18 : Santa Messa nella Cena del Signore presieduta da S.E. Mons. Mario Toso
  • Ore 19.30 – 20.30 : Adorazione all’altare della Reposizione

Venerdì Santo – 18 Aprile

  • Ore 8.30 : Ufficio delle Letture e Lodi
  • Ore 8.30 – 12 / 16 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 18 : Celebrazione della Passione del Signore presieduta da S.E. Mons. Mario Toso

Sabato Santo – 19 Aprile

  • Ore 8.30 : Ufficio delle Letture e Lodi
  • Ore 8 – 12.30 / 15.30 – 19.30 / 21 – 22 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 21.30 : Solenne Veglia Pasquale presieduta da S.E. Mons. Mario Toso

Domenica di Pasqua – 20 Aprile

  • Ore 8 – 12 : Sante Messe
  • Ore 8 – 12.30 / 17 – 19 : Ascolto delle confessioni
  • Ore 10.30 : Santa Messa solenne presieduta da S.E. Mons. Mario Toso
  • Ore 17.30 : Celebrazione solenne dei Secondi Vespri presiediti da Mons. Michele Morandi
  • Ore 18 : Santa Messa presieduta da Mons. Michele Morandi

Lunedì dell’Angelo – 21 Aprile

  • Ore 8 – 18 : Sante Messe

La Basilica Cattedrale di Faenza invita tutti a partecipare a questi importanti momenti di preghiera e celebrazione.

 

Era veramente uomo: settimana comunitaria uomini in Seminario dal 3 al 10 maggio

Dal 3 al 10 maggio 2025, un’opportunità unica per vivere un’esperienza di crescita spirituale e comunitaria insieme a uomini che vogliono approfondire la loro fede e la loro relazione con Gesù Cristo. La settimana si terrà al Seminario Vescovile Pio XII di Faenza, in Via degli Insorti 56, a partire dalle 16 di sabato 3 maggio fino al pranzo di sabato 10 maggio.

La Settimana Comunitaria Uomini è un’occasione di condivisione e riflessione, dove si avrà la possibilità di approfondire il mistero dell’uomo attraverso l’esempio e la vita di Gesù. Il tema centrale sarà il suo essere “veramente uomo“, come affermato dal Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes 22: “Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo“. Un invito a riscoprire il vero significato della nostra umanità nel mistero del Verbo incarnato. Questa settimana è pensata come un cammino di vita comunitaria, un’opportunità di confronto e crescita personale e spirituale. Sarà un’esperienza di Chiesa, dove insieme si cercherà di conoscere meglio l’uomo Gesù e sperimentare un incontro autentico con Lui.

Info e iscrizioni

Per maggiori informazioni e per iscriversi, contattare Riccardo Donati al numero 331 2255072.”Posti limitati“, affrettatevi a riservare il vostro posto per vivere questa esperienza unica! Non mancate a questo appuntamento che promette di arricchire la vostra vita e di rafforzare la vostra fede.

Il 16 marzo a San Marco la messa in ricordo di padre Daniele Badiali, a 28 anni dalla morte

Nel pomeriggio di domenica 16 marzo, nella chiesa di San Marco di Faenza è in programma il ricordo di padre Daniele Badiali, a 28 anni dalla tragica morte. Alle 14.30 i ragazzi dell’Operazione Mato Grosso metteranno in scena una riflessione animata su qualche tratto della vita di questo sacerdote missionario, morto per annunciare Gesù, cui seguirà la celebrazione della santa messa presieduta da padre Lele.

Tre fiori per ricordare padre Daniele

L’immagine dei fiori associata a queste righe, un anno prima della sua morte, fu portata a padre Daniele da «una persona molto cara» e lui scrisse: «mi ha chiesto di offrirli tutti». Daniele ringraziò, li osservò e in una lettera fece emergere, in modo inconsapevole, quel che in quel suo ultimo anno avrebbe passato come persona. Partì dal giglio, segno di «purezza, l’anima pura, bianca offerta totalmente al Signore. Il bianco indica il martirio, la purezza è una virtù che il Signore regala attraverso una gran prova di dolore, di rinuncia, di mortificazione, e ogni giorno si deve passare per questa prova di fuoco». Viene poi la rosa rossa che «indica il sogno di don Bosco che passò attraverso un cammino pieno di spine per salvare i suoi ragazzi e portarli in Paradiso. La rosa indica l’amore, la spina il dolore, non c’è amore senza dolore. Bisogna soffrire per amare i ragazzi». Il terzo fiore è «color arancio e indica l’entusiasmo – scrive padre Daniele – la faccia con la quale ogni giorno devo vivere per dare speranza che Dio vale più di tutto quello che abbiamo».

Riguardo allo sfondo nero su cui sono adagiati quei fiori, Daniele intravide la morte, sempre vicina attraverso i nomi di persone a lui care e scomparse. «I fiori che germogliano dalla nostra vita devono essere donati in morte, così come la nostra vita deve essere donata al morire». In quel nostro estinguerci, ci riveliamo solo polvere ed emerge che «solo Dio conta». E per questo, attraverso i fiori, dobbiamo offrire tutto. «Solo la morte apre la nostra vita a Dio». I fiori ci indicano purezza, le fatiche di ogni giorno, l’entusiasmo, i colori di un cammino proiettato verso la nostra eternità al cospetto di Dio. Un cammino da “saltimbanco”, concludeva Daniele, quale lui stesso voleva essere per accompagnare «i ragazzi all’eternità».


Parte “Identikit animatori”: incontri di formazione per le attività parrocchiali estive

Un’opportunità formativa per tutti coloro che desiderano mettersi al servizio delle attività parrocchiali estive. Il percorso “Identikit Educatori” promosso dall’area Giovani e vocazioni della Diocesi in collaborazione con Anspi, si rivolge a animatori e aiuto animatori, offrendo momenti di crescita e approfondimento sul ruolo educativo. Il primo incontro, intitolato “Il cuore di esser animatori”, si terrà il 26 marzo dalle 20.40 alle 22.15, mentre il 2 aprile, alla stessa ora, il focus sarà su “Siamo animatori… con stile”Entrambi gli appuntamenti si svolgeranno al Seminario di Faenza, in via degli Insorti 56.

Il 4 maggio gli educatori riceveranno il mandato dal vescovo Mario

Il percorso culminerà il 4 maggio con una giornata speciale presso la chiesa di San Francesco a Faenza. A partire dalle 16, i partecipanti saranno coinvolti in laboratori pratici, seguiti dalla celebrazione della Messa con il mandato del vescovo monsignor Mario Toso e da un momento conviviale con la cena.

L’iniziativa, promossa in collaborazione con Anspi, rappresenta un’importante occasione di formazione e condivisione per tutti coloro che desiderano accompagnare i più giovani nelle esperienze educative estive. Per ulteriori informazioni, è possibile contattare i numeri 391 4226535 oppure 334 1964005.