NEL CINQUANTESIMO ANNIVERSARIO DI FONDAZIONE DEL MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI
- Cinquantesimo anniversario di fondazione: l’attualità di una missione
Celebrare il 50.mo anno di anniversario della fondazione del Movimento cristiano lavoratori rappresenta un momento importante per fare un bilancio del cammino sinora percorso e per individuare, in pari tempo, prospettive d’impegno per il futuro. Guardando agli anni trascorsi va sottolineato che il Movimento cristiano lavoratori ha realizzato con entusiasmo e determinazione la sua mission, nonché il suo itinerario apostolico in Italia e in Europa. Inoltre, ha intrapreso nuove iniziative in alcuni Paesi dell’Est europeo e in America. In un contesto in cui cambiano luoghi, tempi e spazi del lavoro a causa della quarta rivoluzione industriale non tutto avviene nel pieno rispetto dei diritti del lavoratore. I nuovi scenari del lavoro 4.0, oltre ad offrire nuove opportunità di organizzazione, esigono attenzione e tutela delle persone, della loro dignità. L’uomo è chiamato a rimanere il soggetto della tecnologia, e non a divenire un oggetto.[1] Nelle trasformazioni in atto non sono coinvolti solo i sindacati, ma anche i movimenti dei lavoratori come di quelli cristiani. Questi sono chiamati ad affrontare le sfide del lavoro 4.0, ad essere come il lievito nella massa, a tutelare e a promuovere il primato dell’uomo sul lavoro. Per gestire le nuove forme di lavoro sarà necessario, per il lavoratore, avere un equilibrio umano e spirituale solido. Il far coincidere in una casa o in un appartamento il luogo del lavoro e gli equilibri relazionali, affettivi e familiari, come si verifica nel caso dello smart working, potrebbe essere fattore di crisi. Allo stesso modo, una disordinata gestione del tempo potrebbe appiattire sul lavoro anche quei momenti di riposo mentale, di gratuità e di lucidità di cui la vita ha bisogno. Con riferimento a tutto ciò diviene fondamentale per il Movimento cristiano lavoratori attingere a quell’umanesimo integrale, trascendente di cui la Dottrina sociale della Chiesa è portatrice. Mediante esso è possibile compiere quella nuova evangelizzazione e quell’umanizzazione che annunciano e testimoniano il “Vangelo del lavoro”, la sua dignità, i suoi diritti e doveri.
Soggetti della nuova evangelizzazione del lavoro 4.0 sono sia la Chiesa sia i lavoratori stessi, missionari animati dalla loro fede, sorretti da una viva spiritualità del lavoro, nonché da una formazione aggiornata.
Il Movimento cristiano lavoratori porta, rispetto a tale campo, una sensibilità matura, dovuta alla forte nota di ecclesialità che lo contraddistingue e ad una cultura ispirata cristianamente.
- Movimento cristiano lavoratori e la crisi del mondo del lavoro oggi: un nuovo futuro
L’emergenza da Covid-19, assieme all’emergenza della guerra in corso tra Russia e Ucraina, ha messo in crisi il sistema economico-produttivo provocando chiusure e fallimenti di tante attività con evidenti ripercussioni negative per i lavoratori e le lavoratrici, per le loro famiglie, sia sotto il profilo occupazionale che della salute e della sicurezza. Basta che pensiamo alle norme emanate per disciplinare i diversi aspetti afferenti alle imprese e che hanno inevitabilmente inciso anche sulla gestione: dai cosiddetti “ristori” al blocco delle attività, dalle misure di contenimento della diffusione del virus nei luoghi di lavoro alle certificazioni necessarie per recarsi al lavoro e tanto altro ancora. Forse, non si sono ancora studiate a fondo le conseguenze provocate nel mondo del lavoro dalla guerra in corso con la lievitazione dei costi energetici e delle materie prime che hanno portato la stessa economia globale alla stagflazione e porteranno molte economie in recessione. L’inflazione non è mai stata così alta dal 1991 e gli stipendi sono più bassi di trent’anni fa, a febbraio è stato raggiunto il numero record di dipendenti precari.
Nel parlare di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, del diritto al lavoro per tutti, in un mondo del lavoro sottoposto a più condizionamenti prodotti dal cambiamento tecnologico, dalla pandemia e dalla guerra in atto, occorre evidenziare che il fine è il bilanciamento di più principi e valori costituzionali, quali: la salute, la libertà personale, la libertà di circolazione, la libertà di iniziativa economica privata, il diritto al lavoro e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, il diritto ad una retribuzione che assicuri un’esistenza libera e dignitosa, la libertà di associazione e dell’organizzazione sindacale.
Ma la dignità e la salute del lavoratore sono oggi messe in gioco non solo dai forti condizionamenti della pandemia e della guerra in corso. Potranno essere intaccate specie nel periodo post-pandemico e post-guerra – che speriamo giunga al più presto – con la fretta di tornare ad una maggiore attività economica, ad un consumismo cieco che assegna ancora una volta il primato al profitto a breve termine e alla tecnocrazia. Occorre, invece, che si cerchi di costruire – e a questo è convocato anche il Movimento cristiano lavoratori – una nuova democrazia (inclusiva, solidale, partecipativa) un nuovo futuro del lavoro (libero, creativo, partecipativo, solidale), fondato su condizioni decenti e dignitose, su un nuovo umanesimo trascendente ossia su un neoumanesimo. In definitiva, si tratta di riformare a fondo l’economia affinché il lavoro sia più umano, sia cioè non strumentalizzato. I danni prodotti dalla pandemia e dalla guerra non possono e non devono diventare un alibi per giustificare omissioni nella giustizia o nella sicurezza. Al contrario, la crisi odierna, crisi complessa, può essere affrontata come un’opportunità per crescere insieme nella solidarietà e nella qualità del lavoro.[2] Non si dimentichi che ciò implica alcuni traguardi imprescindibili: il rafforzamento della democrazia rappresentativa, partecipativa e deliberativa; il superamento del populismo e del sovranismo; la lotta alle diseguaglianze e alle dottrine economiche neoliberiste, che conferiscono ai mercati e alla speculazione finanziaria un’autonomia assoluta, che li rende indipendenti dai controlli pubblici.[3] La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle risorse, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo (cf Evangelii gaudium n. 204). Richiede, peraltro, adeguate politiche per la natalità. La crisi demografica nel giro di pochi anni porterà alla definitiva insostenibilità del welfare state. Nell’Italia impaurita e malinconica fotografata dal Rapporto del Censis, la scuola è tra le agenzie che più stanno soffrendo soprattutto a causa degli alti tassi di abbandono e dell’inverno demografico, di cui si è detto sopra, che svuota le aule. Soltanto negli ultimi cinque anni, gli alunni sono calati di oltre 400mila unità (403.356 per l’esattezza), passando da 8,6 a 8,2 milioni. Per il momento, la dinamica demografica negativa si riflette soprattutto sulle scuole dell’infanzia (-11,5% di iscritti nel quinquennio) e sulla primaria (-8,3%). Ma a breve si rifletterà sul mondo del lavoro che, fra l’altro, non appare in grado di valorizzare i giovani: molti tendono ad emigrare ed è evidente che, senza di loro, non ci sono prospettive per il futuro. Va detto poi che nel nostro Paese non si sono ancora trovati meccanismi rapidi di connessione tra domanda di lavoro e professionalità richieste per quella determinata mansione.
L’istruzione e il lavoro sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni sia per il raggiungimento della giustizia sociale. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio della persona e del bene comune, ossia del bene di tutti. Non ci può essere vera crescita senza lavoro per tutti.
Parlando di democrazia rappresentativa, partecipativa e deliberativa, che in questi ultimi tempi sembra abbia subito un regresso – basti pensare che il 36% degli italiani non si è recato alle urne: è la percentuale più elevata di sempre –, il Movimento cristiano dei lavoratori, proprio per il suo patrimonio culturale, la sua tradizione democratica, fortemente ispirati alla Dottrina sociale della Chiesa, che si è ampiamente aggiornata, è chiamato ad investire nella formazione dei suoi quadri perché ci possa essere, a fronte di nuovi appuntamenti elettorali, ma non solo, una selezione attenta di persone atte a rappresentare il mondo del lavoro e dei lavoratori nella politica.
La realizzazione di una democrazia sostanziale, inclusiva, solidale e partecipativa, si avvale di nuovi movimenti sociali, meno frammentati e meno rinchiusi in clan rispetto all’esistente, più disposti a collaborare con altri movimenti, ognuno secondo la propria specificità, senza perdere la propria identità.[4]
- Movimento cristiano lavoratori e movimenti globali
Con riferimento al problema della cura della casa comune papa Francesco ha esplicitamente sollecitato nella Laudato si’ (=LS) la nascita di un movimento ecologico globale (cf LS n. 14), per la ricerca di uno sviluppo sostenibile ed integrale, come esercizio di una democrazia dal basso, nonché una cittadinanza attiva, specie quando le istituzioni internazionali, governative o non governative, e gli Stati non adempiano ai loro compiti.[5] Il pontefice ha, inoltre, convocato ed ascoltato i leader dei movimenti sociali a livello mondiale, perché cosciente del valore del loro protagonismo solidale e civile, e della loro valenza democratica, che genera soluzioni innovative. Nelle sue riflessioni sui movimenti popolari papa Francesco è giunto a queste conclusioni, che possono valere per lo stesso Movimento cristiano dei lavoratori in questo momento storico: i movimenti popolari, più che occuparsi della creazione di sistemi alternativi, hanno il compito di spronare le società civili, la stessa politica, le istituzioni e le amministrazioni ai vari livelli, a superare lo status quo. Devono, quindi, stimolare tali realtà ad uscire da schemi abituali, che sembrano funzionali alla semplice gestione dell’esistente, quando non alla mera occupazione del potere, e non al rinnovamento profondo della democrazia, che dovrebbe mettere al centro i poveri, come è inscritto nel suo genoma. I movimenti popolari – e tra questi anche il Movimento cristiano lavoratori – sono chiamati a recepire le esigenze delle persone emarginate, ad interpretarle e a strutturarle, in modo da canalizzarle e orientarle, innescando processi che rivitalizzino le democrazie, allargando la base sociale e partecipativa. Mediante i movimenti popolari, possono e devono nascere nuove forme di partecipazione che, includendo coloro che sono emarginati e spesso sono considerati «scarti», con un’opportuna opera di sensibilizzazione e di educazione, diventino torrenti di nuova energia morale in una democrazia ora formale e svilita, utili alla costruzione del bene comune, che è il bene di tutti. Il nucleo della democrazia va tenuto vivo, uscendo da nominalismi e da oligarchismi, valorizzando le nuove esperienze di solidarietà che sono un modo nuovo di fare storia.
- Movimento cristiano lavoratori e le alleanze con altri movimenti in vista di una nuova visione di Paese
In Italia, i cattolici non sembrano più svolgere un ruolo trainante. Spesso vivono ed agiscono in subordine, quasi rincorrendo proposte altrui e preferendo la diaspora. Molti di essi, che si sono ricollocati in vari partiti politici plurali, si stanno interrogando sulla effettiva possibilità di esprimere le proprie convinzioni. Comunque sia, a fronte di un’irrilevanza crescente, il futuro movimento sociale dei cattolici dovrà necessariamente essere più compatto, più incisivo, più qualificato dal punto di vista culturale e politico, in vista non solo dell’elaborazione – alla luce del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa − di un progetto di società condiviso, ma anche, mediante l’opera solerte di intellettuali di alto livello e di persone competenti, di proposte di legge da sottoporre ai rappresentanti cattolici e ai parlamentari delle varie appartenenze, perché li accompagnino nel loro iter. Per poter incidere più efficacemente sulla cultura e sulle istituzioni, anche il MCL è chiamato ad allearsi con movimenti similari: in ambito economico e politico-democratico, infatti, si esercita una maggiore influenza non solo con la qualità, ma anche con la quantità numerica. A tal proposito, occorre definitivamente superare quell’analfabetismo politico in cui sembra essere precipitato il mondo cattolico, che non reputa più cogente la regola democratica del principio maggioritario, e che presume che gli avversari politici si facciano carico dei beni-valori in cui in definitiva non credono. Un nuovo movimento dei lavoratori, se non vorrà essere ininfluente, dovrà contare sull’irrobustimento delle istituzioni e delle rappresentanze sociali che più gli corrispondono – senza queste, infatti è velleitario pensare ad essere adeguatamente rappresentati in politica –, mobilitandosi, inoltre, per campagne di sensibilizzazione pubblica, al fine di stimolare e verificare la qualità dell’impegno dei parlamentari cattolici e no, e di formare nuove leve di credenti attivi in politica. Per svolgere una migliore funzione di civilizzazione, dovrà avvalersi a sua volta del previo impegno delle comunità ecclesiali e delle istituzioni culturali cattoliche, nonché dei vari luoghi di formazione, nell’educazione ad una fede adulta – che non significa staccata dalla vita della comunità ecclesiale o contrapposta ad essa − e nella sua sperimentazione, mediante buone pratiche di solidarietà e di condivisione, quali quelle che oggi sono designate come iniziative di generatività sociale. La generatività indica la via al superamento del duopolio Stato e mercato, mediante una sinergia che include un terzo polo, quello della società civile. Implica un concetto di libertà non individualistico o narcisistico, bensì aperto al dono, alla cura dell’altro. La generatività sociale è un modo per esercitare creativamente la libertà, portando il proprio originale contributo, insieme ad altri, al mondo e alla vita.
- Lavoro dignitoso e pace
Come ci ha ricordato il Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2022 il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo ove impariamo a dare il nostro contributo solidale per un mondo più vivibile e bello.
La pandemia, come già detto, ma anche le conseguenze della guerra in corso fra Russia e Ucraina, hanno aggravato la situazione del mondo del lavoro, che stava già affrontando molteplici sfide. Milioni di attività economiche e produttive sono fallite; i lavoratori precari sono sempre più vulnerabili; molti di coloro che svolgono servizi essenziali sono ancor più nascosti alla coscienza pubblica e politica; l’istruzione a distanza ha in molti casi generato una regressione nell’apprendimento e nei percorsi scolastici. Inoltre, i giovani che si affacciano al mercato professionale e gli adulti caduti nella disoccupazione affrontano oggi prospettive drammatiche.
In particolare, l’impatto della crisi sull’economia informale, sommersa, che spesso coinvolge i lavoratori migranti, è stato devastante. Molti di loro non sono riconosciuti dalle leggi nazionali, come se non esistessero; vivono in condizioni molto precarie per sé e per le loro famiglie, esposti a varie forme di schiavitù e privi di un sistema di welfare che li protegga. A ciò si aggiunga che attualmente solo un terzo della popolazione mondiale in età lavorativa gode di un sistema di protezione sociale, o può usufruirne solo in forme limitate. In molti Paesi crescono la violenza e la criminalità organizzata, che soffocano la libertà e la dignità delle persone, avvelenano l’economia e impediscono che si sviluppi il bene comune. La risposta a questa situazione non può che passare attraverso un ampliamento delle opportunità di lavoro dignitoso.
Il lavoro, infatti, è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità. Per questo, afferma papa Francesco, «non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale». Dobbiamo unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società, al bene comune.
È più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Occorre assicurare e sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere una rinnovata responsabilità sociale, perché il profitto non sia l’unico criterio-guida.
In questa prospettiva vanno stimolate, accolte e sostenute le iniziative che, a tutti i livelli, sollecitano le imprese al rispetto dei diritti umani fondamentali di lavoratrici e lavoratori, sensibilizzando in tal senso non solo le istituzioni, ma anche i consumatori, la società civile e le realtà imprenditoriali. Queste ultime, quanto più sono consapevoli del loro ruolo sociale, tanto più diventano luoghi in cui si esercita la dignità umana, partecipando così a loro volta alla costruzione della pace. Su questo aspetto la politica è chiamata a svolgere un ruolo attivo, promuovendo un giusto equilibrio tra libertà economica e giustizia sociale. Tutti coloro che operano in questo campo, a partire dai lavoratori e dagli imprenditori cattolici, possono trovare sicuri orientamenti nella dottrina sociale della Chiesa.
- Il ruolo del Movimento cristiano dei lavoratori a cinquant’anni dalla nascita: impegnarsi perché tutti abbiano un lavoro dignitoso
Anche il MCL, come ogni altro movimento, non può ignorare i lavoratori e le lavoratrici, in modo particolare quelli che fanno lavori sottopagati o usuranti; coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; le vittime del lavoro; i bambini che sono costretti a lavorare e quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare… Per il MCL tutti questi lavoratori, i cui diritti sono calpestati, sono nostri fratelli e sorelle, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Ma il MCL deve pensare soprattutto a chi è senza lavoro. Come ha ricordato papa Francesco, quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: “C’è qualcosa da fare?” – “No, non c’è, …”. Quanti oggi si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano lavoro. Tornano a casa: “Hai trovato qualcosa?” – “No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane”. Ma, come ha osservato papa Francesco ciò che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas, ma questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane. Se noi non diamo alla nostra gente, ai giovani, agli uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un’unzione di dignità.[6] Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. Vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e ogni desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita.[7]
Ricordando il 50.mo del MCL dobbiamo ricordare ognuno di loro e le loro famiglie.
- A mo’ di conclusione: lavoro componente essenziale nella vita e nel cammino di santificazione
Spesso non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. Purtroppo, però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. E allora ogni componente del MCL è bene che si ponga queste domande: con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri? Infatti, il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro, ma con stile diverso.
È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe. Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità.
+ Mario Toso
[1] Cf F. OCCHETTA, Il lavoro promesso, Àncora-La Civiltà Cattolica, Milano 2017, p. 27.
[2] Cf Francesco, Udienza ai Membri dell’Associazione Italiana chimici del cuoio, sabato 29 gennaio 2022. Sul tema del lavoro nell’insegnamento sociale della Chiesa si veda: M. Toso, Dimensione sociale della fede, LAS, Roma 20222, pp. 229-287.
[3] Cf M. Toso, Il Vangelo della gioia. Implicanze pastorali, pedagogiche e progettuali per l’impegno sociale e politico dei cattolici, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2014, pp. 30-36.
[4] L’urgenza che il mondo cooperativo, a fronte dei grandi obiettivi europei, planetari, si raccordi meglio e unisca le forze per maggiormente incidere sul piano nazionale, internazionale, mondiale, non può, però, far dimenticare che la fede e l’ispirazione cristiana non sono un inciampo alla collaborazione con gli uomini di buona volontà, bensì un incentivo ad essa. Sono realtà che favoriscono la convergenza verso il vero, il bene di tutti. I valori cristiani non sono soltanto per noi, sono per condividerli! È conservando – non perdendole – la propria identità e la propria fede, che si diventa più capaci di dialogo e di collaborazione efficace sulle cose buone.
[5] Cf Aa.Vv., Laudato si’. Un aiuto alla lettura, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016, pp. 45-47.
[6] Cf anche Francesco, Discorso ai giovani del «Progetto Policoro» della Conferenza episcopale italiana (5 giugno 2021).
[7] Cf Francesco, Catechesi su «San Giuseppe il falegname» (mercoledì 12 gennaio 2022).