Sant’Andrea, 30 novembre 2022.
La festività di Sant’Andrea Apostolo, fratello di Pietro, ci offre una speciale opportunità per fermarci a riflettere sulla dimensione apostolica di questa Comunità parrocchiale che da tempo immemorabile lo venera come patrono.
Nella nostra Diocesi di Faenza-Modigliana il culto di Sant’Andrea è attestato da parecchi secoli e diverse sono le chiese e le cappelle a lui dedicate, ma questa in cui oggi ci troviamo è sicuramente la più antica e più ricca di storia. Basti pensare che la prima menzione accertata risale al giugno 893, in un atto di donazione di terre poste nel «territorio faentino e nella Pieve di Sant’Andrea in Panicale». Questa è la prima attestazione conosciuta, ma è scontato che l’insediamento religioso ed abitativo esistesse molto tempo prima. Infatti, le pievi sono le prime strutture ecclesiali organizzate, connesse alla diffusione del Cristianesimo nei territori rurali e collinari, dove più a lungo erano sopravvissuti i culti pagani, e le loro origini sono pertanto antichissime. Esse fungevano, oltre che da polo di diffusione dell’annuncio del Vangelo, da fucine di una cultura cristiana, da centro di riferimento amministrativo per tutto il territorio circostante. Così fu anche per la pieve di Sant’Andrea, che viene costantemente qualificata «in Panicale». Un toponimo (Panicale) peraltro originariamente condiviso con la vicina pieve di Santo Stefano, l’attuale Cotignola, e che potrebbe alludere alla coltivazione nel territorio del panicum miliaceum, un cereale simile al miglio molto diffuso in età tardo antica e medievale.
Numerose sono le menzioni della Pieve di Sant’Andrea e dei beni posti all’interno della sua pertinenza, oggetto delle attenzioni delle diverse famiglie aristocratiche attive nella zona, come i conti di Cunio.
Il 7 dicembre 1143 il papa Celestino II assunse sotto la propria tutela la Chiesa faentina e, fra le 22 pievi e sei monasteri che componevano la nostra diocesi, vi compare la Pieve di Sant’Andrea in Panigale insieme alla cappella del castello di Cunio.
Nel primo censimento della Romagna, quello voluto dal cardinale Anglico nel 1371, la «Villa» di Sant’Andrea è abitata da 36 “focolari”, corrispondenti grosso modo agli odierni nuclei familiari. Continua, inoltre, ad essere il baricentro dell’intero territorio, con una giurisdizione decisamente maggiore dell’estensione dell’attuale parrocchia, tanto che è il rettore di Sant’Andrea a detenere il titolo di arciprete e vicario foraneo, mantenendo il primato anche sulla vicina comunità del castello di Granarolo.
Nel corso dei secoli la comunità di Sant’Andrea si è sempre più distinta per il suo dinamismo missionario e la laboriosità. E da questo punto di vista appare avere bene recepito i principi della dottrina sociale della Chiesa negli ultimi decenni del XIX secolo e nei primi del XX, ed ancora oggi eccelle nei numerosi insediamenti produttivi agricoli ed industriali.
Per esemplificare questa particolare “coesione comunitaria”, mi piace qui accennare alla pubblicazione Dramma di una comunità. 1943-1945. Ultima trincea tedesca alla destra del Senio, edita dalla Parrocchia di Sant’Andrea nel 1995 in occasione del cinquantesimo Anniversario della Liberazione e curata dai compianti mons. Giuseppe Ferretti, cappellano durante il passaggio del fronte, e Celso Tarroni. Una pubblicazione che mi ha molto colpito (in copertina c’è la facciata della chiesa divelta dalle bombe), non soltanto per la scientificità della ricostruzione storica, ma anche per l’emersione di tanta sofferenza e distruzione ed il tributo di vite umane pagato da questa comunità e per la sua volontà di ripartire con fiducia.
La Parola di Dio di questa solennità (cf Rm 10, 9-18) ci richiama alla fondamentalità della fede nella costituzione della comunità evangelizzante come questa, creatrice di una cultura nuova, di nuovi stili di vita. Si tratta di una fede che viene dall’ascolto di Cristo, accolto, vissuto, celebrato, testimoniato. Il Signore Gesù per salvare le persone deve essere annunciato. Solo così può essere invocato. Non è possibile credere in Colui del quale non si è sentito parlare. Occorre che vi sia qualcuno che lo annunci. Occorre che vi sia qualcuno che sia inviato, mandato missionario. Le pievi, come questa di santa Andrea, ove il centro religioso era la frazione del pane, svolgevano il ministero dell’annuncio, dell’invio con una missione permanente. In un contesto come il nostro in cui la fede si indebolisce e cresce l’indifferenza nei confronti di Cristo e della sua Chiesa, le pievi hanno ancora molto da insegnarci. Esse ci suggeriscono che le nostre comunità in questo territorio possono essere garanzia di evangelizzazione e di vitalità generatrice di libertà, quando si mantengano come centri vivi, radicati in Cristo e nel suo amore. Il brano del Vangelo secondo Matteo (cf Mt 4, 18-22) ci ricorda la dimensione vocazionale della nostra vita cristiana. Il Signore Gesù chiama i suoi apostoli nella ferialità, durante l’esercizio della loro professione, non in momenti eccezionali. Mentre in questo periodo di Avvento Egli torna in mezzo a noi continua a chiamare. Colpisce l’immediatezza della risposta dei quattro apostoli nella condivisione della missione di Gesù, del suo sogno. Dovremmo anche noi mantenere una tale prontezza e un simile entusiasmo.
La liturgia che celebriamo sia, dunque, l’occasione di promuovere una nuova evangelizzazione nel solco indicato dal cammino sinodale al suo secondo anno di ascolto. In questa celebrazione eucaristica ricordiamo al Signore tutti i defunti di questa comunità parrocchiale, con una particolare preghiera per gli ultimi suoi pastori, don Francesco Matteucci, Gualtiero Betti, Giuseppe Bosi, Roberto Brunato e Romano Ricci ed anche per il caro don Attilio Venieri ospite alla Casa del Clero.
Preghiamo Sant’Andrea, patrono anche delle Chiese d’Oriente, perché cessi la guerra tra Russia e Ucraina, questa ennesima inutile carneficina.
+ Mario Toso