Maria e Giuseppe pensavano di rispettare una tradizione e una norma di legge e non sapevano certamente ciò che sarebbe accaduto nel tempio al momento di presentare il loro Figlio al Signore al compiersi dei quaranta giorni dalla sua nascita.
Non è la sorpresa il fatto singolare nel mistero che la liturgia ci fa incontrare, ma il progredire dell’opera salvifica di Cristo dentro un gesto del tutto ordinario. Quanti bambini saranno stati portati al tempio in quel giorno; eppure solo attorno a Gesù avviene ciò che sappiamo. Non siamo noi a dover operare il prodigio, ma è Dio che lo compie nei gesti che noi pensiamo siano normali, cioè secondo la legge.
È proprio la legge di Dio che diventa nuova, perché fondata sull’amore. Maria viene subito aggregata all’opera del Figlio, in forza di questa legge: ‘E anche a te una spada trafiggerà l’anima’. È il segreto della vita consacrata a Cristo per amore, perché Lui se ne serva come a Lui piace.
I nostri Vescovi nel messaggio di quest’anno per questa giornata ci invitano a guardare alla consacrazione nella prospettiva dell’educazione, rapporto di amore verso coloro che intendiamo orientare verso Cristo, e dicono: ‘La natura stessa della vita consacrata ci ricorda che il metodo fondamentale dell’educazione è caratterizzato dall’incontro con Cristo e dalla sua sequela.
Non ci si educa alla vita buona del Vangelo in astratto, ma coinvolgendosi con Cristo, lasciandosi attrarre dalla sua persona, seguendo la sua dolce presenza attraverso l’ascolto orante della Sacra Scrittura, la celebrazione dei sacramenti e la vita fraterna nella comunità ecclesiale’.
Se noi oggi andiamo al tempio con la fedeltà del vecchio Simeone e della profetessa Anna, possiamo incontrare ancora il Signore nel segni misteriosi ma reali della parola di Dio, dei sacramenti e della comunità ecclesiale. Tutto questo, se viene percepito da noi come una realtà viva, può diventare un contagio anche per coloro che forse per distrazione o perché si aspettano chissà quali prodigi non si accorgerebbero della presenza del Cristo vivo nemmeno nel tempio.
Ma noi siamo segno di Cristo sempre, in particolare nella vita fraterna delle nostre comunità. Continuano infatti i Vescovi: ‘È proprio la vita fraterna, tratto caratterizzante la consacrazione, a mostrarci l’antidoto a quell’individualismo che affligge la società e che costituisce spesso la resistenza più forte a ogni proposta educativa’. La fraternità non si spiega, ma si vive; e quanto più è sincera e cordiale, tanto più impressiona e manifesta la sua radice soprannaturale. La gente che frequenta le nostre comunità si accorge se ci vogliamo bene o se ci sopportiamo, se portiamo gli uni i pesi degli altri o se ognuno si arrangia, se perdoniamo tutto o ci critichiamo volentieri gli uni gli altri. Questo clima diventa contagioso nel bene e nel male.
Leggiamo ancora nel messaggio dei Vescovi: ‘Anche i consigli evangelici, vissuti da Gesù e proposti ai suoi discepoli, possiedono un profondo valore educativo per tutto il popolo di Dio e per la stessa società civile. Come ha affermato il venerabile Giovanni Paolo II, essi rappresentano una sfida profetica e sono una vera e propria ‘terapia spirituale’ per il nostro tempo’.
La vita consacrata, sfida profetica per il nostro tempo, è un gesto di amore e di aiuto, non certo di condanna. Siamo infatti convinti che c’è bisogno di vita consacrata per indicare la via della vera gioia per tutti. In mezzo agli inganni organizzati del nostro mondo, per attirare nella rete quanta più gente possibile, non può venir meno il ruolo guida dei cristiani sale della terra e luce del mondo.
I consigli evangelici diventano lo scandalo di cui il mondo ha bisogno, per essere richiamato sulla via di Cristo. ‘L’uomo, dicono i Vescovi, che ha un bisogno insopprimibile di essere amato e di amare, trova nella testimonianza gioiosa della castità un riferimento sicuro per imparare a ordinare gli affetti alla verità dell’amore, liberandosi dall’idolatria dell’istinto;
nella povertà evangelica, egli si educa a riconoscere in Dio la nostra vera ricchezza, che ci libera dal materialismo avido di possesso e ci fa imparare la solidarietà con chi è nel bisogno;
nell’obbedienza, la libertà viene educata a riconoscere che il proprio autentico sviluppo sta solo nell’uscire da se stessi, nella ricerca costante della verità e della volontà di Dio, che è ‘una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione’.
Non vogliamo fare confronti troppo facili con eventi dei nostri giorni, che fanno tuttavia riflettere sulla confusione che colpisce soprattutto i giovani al riguardo di ciò che è il loro vero bene, cercato nelle vie più sbagliate delle aberrazioni sessuali, del benessere inseguito a tutti i costi e della libertà diventata libertinaggio.
Invece di continuare ad illudere i nostri giovani, quanto più saggio sarebbe educarli a saper fare le scelte giuste della gioia più grande nel dare che nel ricevere, del vendere tutto per acquistare il Regno e del costruire la civiltà dell’amore.
Pensando a questo vogliamo vivere anche il nostro impegno per l’animazione vocazionale non come il tentativo di riempire i vuoti che si creano nelle nostre comunità per motivi anagrafici, ma per il desiderio di condividere la gioia da noi vissuta per il senso grande che ha avuto la nostra vita.
‘Oggi più che mai, abbiamo bisogno di educarci a comprendere la vita stessa come vocazione e come dono di Dio, così da poter discernere e orientare la chiamata di ciascuno al proprio stato di vita’. Infatti la vita è una risposta a Dio che ci ha chiamato all’esistenza e ci chiama all’amore, al servizio, all’offerta, perché ‘è dando che si riceve, perdonando che si è perdonati, morendo che si risuscita a vita eterna’.