Campodarsego, 13 aprile 2022.
Cari fratelli e sorelle, in questa Settimana santa sta davanti a noi il grande mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo. Egli è l’evento centrale per noi tutti, per la Chiesa, per l’umanità e per la storia dell’universo. Sin dall’inizio della Settimana siamo stati invitati a vivere con Gesù che entra trionfante in Gerusalemme. Ma oltre questo momento, che ci ha visti con le palme in mano per acclamarlo re del mondo, ecco che si è aperto subito l’aspro cammino della condanna e della morte in croce. Dio condivide, nel Figlio fattosi uomo, la nostra sofferenza e la nostra morte. Il Padre stesso sperimenta la nostra sofferenza e la nostra morte. La sua incarnazione ci aiuta a vivere la nostra esistenza non come la fine di tutto, bensì come un passaggio, verso un di più di essere, verso una pienezza di vita.
Cari fratelli e sorelle, cari presbiteri, quanto diventano vere e cariche di insegnamento, in questo periodo di pandemia e di sconquasso delle relazioni internazionali per l’ingiusta guerra combattuta in Ucraina, le parole che abbiamo sentito anche la scorsa domenica delle Palme: «Il Maestro dice: il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli» (Mt 26, 14-25). Ogni anno ci sono ripetute queste parole di Gesù. Ogni anno, ogni giorno, Gesù viene a celebrare la Pasqua da noi, nella nostra umanità, nella nostra storia, nelle nostre guerre e nelle nostre morti. Egli si pone, mediante la sua incarnazione, morte e risurrezione in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, nelle guerre come principio di vita nuova, di risurrezione, di speranza. Morendo e salendo sulla croce come Figlio di Dio, che compie la volontà del Padre e si dona totalmente a Lui, genera una nuova umanità. Risorgendo si costituisce come il grande Pastore dagli occhi grandi che ci viene incontro nel tunnel buio della morte per portarci sulla sponda della vita. Mentre celebra la sua Pasqua da noi, e noi con Lui, ci offre una vita nuova, capace di vincere l’odio, di perdonare, di fare di noi un dono totale al Padre e ai fratelli, di realizzare la pace. In questi giorni con il Papa Francesco, a fronte dell’incapacità di bloccare la guerra e di fare la pace, abbiamo pregato Dio perché sia lui a donarci la Pace. Ugualmente abbiamo consacrato il mondo, la chiesa, l’umanità, l’Ucraina, la Russia al cuore immacolato di Maria. A fronte delle nostre sconfitte morali e delle nostre fragilità, le parole di Gesù «Farò la Pasqua da te» ci colmano di consolazione. Sono balsamo per i nostri cuori feriti. Sono motivo di riscatto, di rinascita, di speranza. Gesù che celebra la sua Pasqua da noi, per noi lo fa anche nel momento delle esequie dei nostri cari defunti: come ora.
Con la sua Incarnazione, Morte e Resurrezione egli diviene per noi fonte di una vita che dura per sempre. Siamo in Lui. Con lui siamo sepolti, con lui risorgiamo a vita nuova. In Lui comprendiamo meglio il senso della nostra vita e dell’esistenza dei nostri cari. Mia mamma Genoveffa, che chiamavamo comunemente Bianca, visse la sua vita in unità profonda con il Signore Gesù. Frequentando, sino a diciotto anni, l’oratorio delle suore di Camposampiero, che prestavano servizio anche presso l’ospedale, aveva appreso a vivere una spiritualità incarnata, ossia fatta di preghiera e di lavoro, di azione e di contemplazione insieme. Cosa che continuava naturalmente a casa ove dopo la morte prematura del padre era capofila di sei tra fratelli e sorelle. Non poche volte andava sul campo a falciare l’erba. Una volta sposata, la giornata di mamma Bianca incominciava al mattino presto accompagnando Giovanni, mio papà. Oltre al lavoro di casa, svolgeva, dunque, anche quello dei campi con una forza di volontà unica. Mai un lamento, come durante la malattia. Operava ed amava. Amava ed operava. Non ci vedeva molto, purtroppo, ma la sua fede la sorreggeva nei momenti di difficoltà. Era un’educatrice provetta: raramente alzava la voce e tuttavia si faceva capire ed ascoltare. Rimproverava poche volte, ma non cedeva su ciò che esigeva. Insegnava ai suoi figli a dedicarsi anche a preparare il pranzo e a sbrigare le faccende di casa, quando lei era impedita. Quando andava a vendere la frutta, portava con sé sulla bici carretto Livio, mio fratello, che nel frattempo imparava il catechismo di San Pio X. Personalmente devo ricordare che, espresso il desiderio di farmi sacerdote, ho trovato in lei un’alleata potente. Non mi faceva molti discorsi, ma tutte le volte che mi salutava mi ripeteva: «Mario, quello che hai scelto fallo sempre volentieri e vedrai che ti troverai bene». Per mamma Bianca, i preti erano un dono. Fin da piccola, ha avuto la fortuna di avere in casa uno zio sacerdote, Don Paolo Gallo, morto esemplarmente nello svolgere la sua missione sacerdotale. Da lui apprese l’eroicità della vita cristiana. Ebbe sempre un cuore mite, candido e puro. Adorava i bambini e i fiori. Fu grande testimone dell’amore di Dio per il marito Giovanni e i figli.
In questi momenti di Settimana Santa, più che le nostre parole, devono prevalere quelle di Gesù mentre affronta la sua passione e diviene per noi scaturigine di Salvezza, guarendo noi tutti dal nostro egoismo e colmando il nostro cuore del suo Spirito d’Amore. In Genoveffa ha trovato una risposta generosa, che fa ricordare persone umili ma grandi nella fede. Io sono convinto che i santi della quotidianità continuano a regalarci esempi che non possiamo dimenticare. Non posso in questo momento non ringraziare tutte le persone che hanno assistito ed aiutato mia mamma. In modo particolare: mia cognata Denia, che la considerava come una seconda mamma e mio fratello Livio, che l’ha accudita mattino e sera prima di andare a lavoro e al ritorno. Loro hanno accolto a casa la Bianca e l’hanno accudita con tanto amore e dedizione, rendendole la malattia meno gravosa, vivendo una tenerezza che, per varie ragioni, difficilmente si trova ancora nelle nostre case. Devo inoltre ringraziare la signora Maria, Franca, Adriana, Lucia, Vica, Luisa, ma anche Elide e Norella, e soprattutto le professionali operatrici e gli infermieri domiciliari del Distretto sanitario di Vigodarzere. Infine, ringrazio tutti voi, a cominciare dal vicario generale Mons. Michele Morandi, dai sacerdoti e dai seminaristi e dai laici della Diocesi di Faenza- Modigliana, per giungere ai presbiteri e ai laici di questa Diocesi di Padova, al parroco don Enrico, solerte ed amichevole, alle dilette Suore Figlie di Maria Ausiliatrice. Ringrazio tutti i parenti presenti, i confratelli salesiani e coloro che hanno inviato alla nostra famiglia le loro più sentite condoglianze. Per ultimo, ma non il meno importante, ringrazio il Signore per averci dato il grande dono della mamma Bianca, nonna e bisnonna dolcissima.
+ Mario Toso