San Barnaba, 20 marzo 2022.
Cari fratelli e sorelle del Rinnovamento nello Spirito Santo, in occasione della Giornata del Ringraziamento a ricordo dell’approvazione dello Statuto da parte della Conferenza Episcopale Italiana, avvenuta il 14 marzo 2002, ci troviamo qui a san Barnaba. Celebriamo la ricorrenza del Giubileo d’oro del 50° anniversario della nascita del Rinnovamento in Italia. È, poi, la terza Domenica di Quaresima, nella quale compiamo un’altra tappa del nostro cammino sinodale. Chi ha cominciato questo cammino in cui siamo tutti coinvolti? Gesù, il quale facendosi uomo, ossia nascendo in ciascuno di noi e nella nostra umanità, è venuto per mettersi come capo fila del nostro viaggio.
Per approfondire quanto detto, facciamoci aiutare dalla Parola di Dio che è stata proclamata. La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo, ci dice che tutto prende il suo inizio da Colui che si chiama «Io sono Colui che sono», Io sono (cf Es 3, 1-8a. 13-15). Vale a dire che il Padre, che ci invia il Figlio, è Colui che È, che esiste sempre: ieri, oggi e domani. Esiste con pienezza di vita ed opera con una potenza d’amore somma, avente massima efficacia di guarigione, di promozione e di divinizzazione.
Nella seconda lettura (1 Cor 10, 1-6.10-12), san Paolo ci dice che il Signore che cammina davanti a noi si dona a noi come cibo. Egli ci dona se stesso tutto intero, il suo corpo e il suo sangue, il suo Spirito, liberandoci dal peccato, per consentirci di entrare nella terra promessa e partecipare alla Pasqua eterna. Unendosi a noi, Gesù Cristo ci associa al suo essere e ci indirizza verso la meta del suo itinerario, ossia la ricapitolazione di tutte le cose in Lui, vivendole da figli di Dio, con il suo Spirito d’amore. Non siamo da soli nel nostro viaggio. C’è chi si affianca e ci accompagna e ci dona tutto ciò di cui abbiamo bisogno per non essere scoraggiati, senza speranza. Lo sconforto si vince mediante la consapevolezza che durante tutto il nostro viaggio terreno siamo radicati e fondati nell’amore di Cristo. Un tale amore ci fa più suoi, ci rende suo corpo, sua Chiesa, sua comunità di discepoli. Gesù, prima della sua passione, ha espresso il desiderio che tutti gli uomini vivano d’amore. Il cammino della comunità carismatica è organizzato proprio in maniera che tutte le attività umane siano pervase dello Spirito d’amore del Figlio, e che tutti, uomini e donne, piccoli e grandi, vivano d’amore.
Gesù, che si è unito a noi, mediante l’incarnazione, morte e risurrezione, ci insegna a leggere la nostra vita, la storia, con tutti i fatti che accadono, in vista della crescita di una civiltà avente al centro l’amore del Figlio di Dio, un amore quale vincolo sociale. Pensiamo anche solo alla guerra in Ucraina o in Siria o altrove. Gesù che si è unito a noi, mediante l’incarnazione, morte e risurrezione, ci insegna a leggere la nostra vita, la storia, con tutti i fatti che accadono. Pensiamo, ad esempio, alla guerra in Ucraina, in Siria e in altri Paesi. Attraverso la lettura della storia non dobbiamo tanto ergerci a giudici degli altri, quanto a convertirci a Lui. Non dobbiamo leggere la storia come una semplice cronaca, come un insieme di punizioni o di premi di Dio. I fatti che accadono vanno letti principalmente come un invito a cambiare mentalità, stili di vita: ossia un invito a cambiare strada, a non danneggiare l’altro, a costruire un mondo nuovo, con lo Spirito di amore di Cristo, a crescere in una civiltà di fraternità. La conversione vera sollecita ad aver cura dell’altro, del bene di tutti. Incoraggia a costruire una società più fraterna, giusta e pacifica.
Gesù ci dà il suo insegnamento sulla conversione raccontando una parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella sua vigna». Ma su tale fico non trovava mai i frutti che cercava. Allora chiede al contadino di tagliarlo, perché non occupasse inutilmente il terreno della vigna. Il contadino invita il padrone ad avere pazienza ancora per un anno (cf Lc 13, 1-9). È da notare che in questa parabola il contadino rappresenta Dio, che si mostra longanime. Il testo del Vangelo si ferma a descrivere la pazienza di Dio elencando i gesti che il contadino intende compiere per far fruttificare il fico: «io gli zapperò intorno e metterò il concime». Sono gesti di cura e di attesa che raffigurano l’agire di Dio nei nostri confronti. Dio è paziente, ci lascia ancora del tempo per cambiare vita. In sostanza, ci viene incontro perché ci convertiamo e, in tal modo, portiamo finalmente frutto, compiendo opere buone. In che senso Dio si attende che noi portiamo frutto? In questo senso: e cioè che ci volgiamo a Lui, ci poniamo maggiormente in comunione con Lui, partecipiamo più convintamente alla sua opera, ossia ci rendiamo più corresponsabili, come comunità ecclesiale, nel portare Gesù Cristo nella vita di tutti i giorni. Col 50° del vostro Rinnovamento ripartite dall’esperienza dello Spirito santo, dando corso ad una spiritualità e ad una cultura della Pentecoste generatrici di un Umanesimo cristiano. Siate un’esegesi vivente dello Spirito di Cristo che tutto ricrea e vivifica donando un cuore nuovo alle relazioni, alle istituzioni, alla famiglia, alla società, all’economia e alla cultura. Come stiamo verificando in questi giorni le nostre società stanno perdendo, in gran parte, la capacità di essere misericordiose e benevole. Preghiamo il Signore della vita perché la guerra finisca, benedica e protegga i bambini, gli uomini e le donne di oggi dalla superbia e dalla tracotanza umana.
+ Mario Toso