Albereto, 19 marzo 2022.
Cari fratelli e sorelle, qui ad Albereto, ricordiamo don Giacomo Minelli ad un anno dalla sua morte. Egli manca ai fedeli che l’hanno conosciuto, alle comunità che ha servito. Chiamato don Giacomino, nonostante la sua robusta costituzione, ci ha testimoniato, assieme ad un carattere determinato e fermo, un animo sacerdotale dolce e gentile, attento in particolare a coloro che il Vangelo definisce «piccoli». Sulle orme di don Domenico Monti, parroco di Villanova di Bagnacavallo, ove fu cappellano, ma soprattutto di don Oreste Benzi, al quale avrebbe voluto dedicare un grande ritratto nel presbiterio di questa chiesa di Albereto, incarnò in sé un eminente spirito d’amore e quel genio pastorale che accoglie e guarisce le persone ferite dalla vita e le riplasma grazie all’opera di redenzione di Cristo. Don Giacomo in questo territorio è stato sempre punto di riferimento per la sua gente perché donava anzitutto Gesù Cristo. Con la sua vita, non senza ruvidezze, come erano callose le sue mani segnate dal lavoro manuale, non ha mai mancato di essere un annunciatore della potenza trasfiguratrice dell’amore di Dio. Egli ha incarnato la pazienza di Dio, oggi rappresentato dal Vangelo di Luca da quel contadino che intercede presso il padrone della vigna perché il fico che non porta frutto non venga tagliato e gettato via (cf Lc 13, 1-9). Più di una volta don Giacomo ha compiuto quei gesti, rigeneranti vita e fecondità, che il contadino della parabola ha inteso rivolgere nei confronti del fico per farlo fruttificare: «io gli zapperò intorno e metterò il concime», disse al padrone impaziente. Vivendo umilmente e laboriosamente tra la gente, celebrando l’Eucaristia – negli ultimi anni con difficoltà, a motivo del calo della vista -, donando il perdono del Signore, visse una carità molto concreta ed efficace. Accolse a casa sua giovani e persone svantaggiate, che lo considerano un padre. Raccogliendo carta, rottami, ricavava denari per le ristrutturazioni necessarie e per aiutare i poveri. In questa plaga, tra Prada ed Albereto, che la primavera sta rivestendo di fiori e mostra il lavoro dell’uomo come un inno a Dio, la gente, piccoli e grandi, hanno ancora bisogno di incontrare Dio e il suo amore redentore. Come ci stiamo ripetendo durante il cammino sinodale, c’è bisogno di credenti che, vivendo in comunione con Cristo siano in comunione tra di loro e corresponsabili nell’annuncio del Vangelo. I credenti che abitano in questi luoghi non potranno dimenticare don Giacomo, che si è dato tutto al Signore e ai suoi fratelli. Qui egli ha trovato perfetta letizia ed ha seminato a larghe mani la Parola di Dio. Ha indicato il Verbo fatto carne come principio architettonico della civiltà della fraternità. Sono convinto che don Giacomo avrebbe condannato la guerra di aggressione che devasta l’Ucraina: una guerra terribile in cui i più deboli, specie i bambini, sono vittime innocenti della superbia degli adulti. San Giuseppe di cui oggi ricordiamo la festa ed è stato custode del Bambino Gesù ci aiuti ad accogliere coloro che sono stati costretti a fuggire dalla loro casa, dai loro affetti, dal loro cielo e dal loro territorio. Signore rendici artefici di pace, non di distruzione. Fa che siamo portatori del tuo amore e del tuo Spirito.
Caro don Giacomo, continueremo a pregare per te, come sempre ci chiedevi. Tu prega per noi, perché possiamo fiorire nell’amore del nostro Salvatore Gesù Cristo.
+ Mario Toso