Santa Maria Vecchia, 21 febbraio 2022.
Cari fratelli e sorelle,
e, in particolare, voi tutti che partecipate al cammino sinodale della nostra Chiesa diocesana, oggi celebriamo la festa di San Pier Damiani, vescovo e dottore della Chiesa.
Questo grande testimone di santità, proprio in questo luogo, ove un tempo sorgeva il convento dei benedettini, 950 anni fa, compiva il suo transito da questo mondo al Padre.
Nelle Scritture di questo giorno abbiamo sentito che San Paolo, in definitiva, formula un solo invito al suo discepolo Timoteo: «Annuncia la Parola». A quale Parola si sta riferendo san Paolo? A quale libro? Sta alludendo solo alla Sacra Scrittura? In realtà egli si riferisce ad una Persona: al Verbo di Dio incarnatosi, morto e risorto, ossia a Gesù Cristo. La Sacra Scrittura, accolta, meditata ci aiuta a comprendere, in tutte le sue sfaccettature, il Figlio di Dio che si incarna e ricapitola in sé tutte le cose.
Cristo è il Verbo che si fa carne. È il Redentore, Colui che libera e umanizza tutte le persone, tutte le relazioni, tutte le attività dell’uomo. Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, è in ogni tempo e in ogni luogo, la Persona e il punto di riferimento dell’annuncio della Chiesa e dei credenti.
È al Figlio di Dio, fattosi carne, che soprattutto nel nostro tempo, in questo cambiamento d’epoca, in mezzo ai tanti mutamenti culturali, economici, sociali, valoriali, dobbiamo guardare come ad un faro che illumina ed orienta il nostro cammino sinodale, focalizzato sull’annuncio e sulla testimonianza di Cristo.
Senza di Lui non possiamo comprendere chi siamo e verso dove siamo diretti. Come scrive l’evangelista Giovanni, senza di lui davvero non possiamo fare nulla. Saremmo come tralci tagliati, staccati dalla vite, che non vivono e non portano frutto.
In Lui, uomo nuovo, che ha dato la sua vita per noi, comprendiamo che la nostra vita, singola e comunitaria, fiorisce, acquista pienezza, giunge a compimento.
Ebbene, è proprio guardando a Cristo, Parola definitiva di Dio per l’uomo, che possiamo celebrare con più verità la figura spirituale di San Pier Damiani, grande testimone dell’amore a Cristo e alla Chiesa.
Eremita, amante della solitudine e del raccoglimento, quando la Chiesa lo ha chiamato, ha obbedito ed è sceso dall’eremo per dire ai suoi contemporanei, fossero essi vescovi, abati, presbiteri, laici, che il centro della vita e della storia è Cristo crocifisso e risorto. [Egli è il fondamento della Chiesa, la pietra angolare su cui si costruisce la comunione tra noi e il Padre, il Corpo di Cristo, composto da molte membra, unificate da un unico Spirito. Senza Cristo risorto la Chiesa cade in rovina. È nulla.
In un tempo in cui la Chiesa era lacerata da vizi, scandali finanziari, scontri politici, San Pier Damiani non ha mai smesso di annunciare, con le parole e le azioni, al momento opportuno e non opportuno, la Parola di salvezza del Vangelo.
La testimonianza e l’annuncio del Santo possono essere così sintetizzati: solo Cristo è la bussola per orientarsi e per agire nel mondo, soprattutto quando il mondo dimostra di non avere alcuna bussola.
Il Santo scrive: “Tutto ciò che si compie individualmente nelle sacre celebrazioni da parte di qualsiasi fedele, la Chiesa stessa unanimemente lo compie attraverso l’unità della fede e l’amore della carità”.
Ecco una prima indicazione concreta per noi e per il cammino sinodale: il nostro «io», un io individuale, si inserisce in un «noi» più grande. Il nostro «io» è un io relazionato, che cresce quanto più vive in comunione con gli altri e si dona. Al centro non c’è solo l’«io», ma un «noi», comunione di persone, comunione con Cristo. [Il nostro essere cresce nella sua identità relazionandosi in una comunità. Questo significa concretamente che come «noi di persone in comunione tra loro e con Cristo» e, inoltre, come «noi di persone tutte in cammino verso il compimento che è Cristo», dobbiamo essere in costante comunicazione, ossia persone che si ascoltano in profondità e in verità, con amore. Ciò è indispensabile per essere capaci di camminare insieme in maniera corresponsabile. È sulla base della comunione con Cristo e tra noi in Lui che possiamo scorgere sia ciò che può essere un capriccio individuale, come direbbe S. Paolo, sia ciò che, invece, viene dallo Spirito; sia ciò che è solo mio e sia ciò che è veramente nostro, proprio di un «noi» più grande.
San Pier Damiani ci dice chiaramente che la possibilità di dire «noi» deriva dall’avere in comune un’anima sola, Gesù Cristo. Anche l’eremita più lontano dalla città, mentre celebra la liturgia della Chiesa agisce nella/con la Chiesa, nella sua comunione plurale. Noi facciamo parte di un tutto, avente un’anima sola. Siamo una cattolicità. La Chiesa vive con un’anima sola (unanimiter), la fede, la carità, che è Gesù.
È in questo contesto esperienziale di vita ecclesiale che si viene a porre la Domanda fondamentale della prima parte del nostro cammino sinodale. Il nostro essere comunione con Cristo nella storia odierna ha come primo fulcro di vita e di riflessione il cammino con Gesù, la comunione con Lui. Il celebrare, la liturgia sono il fondamento reale del nostro cammino e del nostro discernimento: senza di Lui non possiamo avere un’anima sola, senza di Lui non è possibile condividere con i fratelli il cammino. La comunione con Lui ci permette di coinvolgere e rendere veramente efficace la partecipazione di tutti, soprattutto dei più lontani.
Impegniamoci, dunque, affinché il cammino sinodale che si sta svolgendo nei nostri Gruppi, sia un’autentica occasione per mettere Gesù al centro, per riscoprire la nostra unica anima, ciò che davvero vivifica le nostre persone, la nostra vita. È Lui la vite che ci permettere di portare frutto. Solo vivendo la comunione, una comunione non frantumata, bensì armoniosa, si possono costruire relazioni significative e una partecipazione corresponsabile da parte di tutti.
Un secondo aspetto che non dobbiamo dimenticare di San Pier Damiani è l’importanza che egli ha dato alla fede nella Croce. Scrive: «non ama Cristo chi non ama la croce di Cristo. Non ci sia chi si gloria del solo segno della croce, se non mostra la verità della croce nelle opere».
Molte volte si sente affermare che la Chiesa è distante dalla vita delle persone. S. Pier Damiani, però, ci ricorda che non sempre è la Chiesa ad essere distante dalla vita. È, piuttosto, la vita dei singoli che tende a rinchiudersi entro dimensioni individualistiche, vedute personali, anziché aprirsi alle prospettive e ai sentimenti di Cristo che sale sulla Croce per cambiare il cuore delle persone, per effondere su di esse il suo Spirito d’amore. La Croce di Cristo, secondo san Pier Damiani, è la sintesi perfetta tra la fede, l’abbandono del Figlio al Padre, e la vita concreta di ognuno di noi.
La Chiesa, come afferma san Paolo, non ha altro da dire o, meglio, da proclamare, se non Gesù Cristo e questi crocifisso. Con ciò l’apostolo sa di proporre una meta alta, esigente, faticosa: sì, la nostra vita non sempre è all’altezza di questa meta. A volte proprio questa fatica, il cammino in salita, ci fanno desistere e ci allontanano da questa meta esigente. Eppure noi siamo chiamati da Lui, a orientare il nostro cammino verso di Lui. Egli non ci vuole abbandonare. Mentre ci chiede di seguirlo è sempre in noi, nelle nostre ferite e nelle nostre debolezze, per sorreggerci e per amarci.
San Pier Damiani ci esorta: “affrettiamoci con incessante fatica verso la Croce che dobbiamo testimoniare per mezzo della nostra condotta e delle nostre azioni. Questa noi dobbiamo caricarci ogni giorno dietro al Signore”.
La Chiesa, pertanto, non è chiamata a rispecchiare le pretese individuali di ciascuno, ma ad ascoltare tutti e a discernere secondo lo Spirito che parla in tutti. Se ci mettiamo in testa di assecondare solo le nostre vedute personali per non fare la fatica della sequela, se ci attorniamo solo di persone che condividono i nostri pensieri e non ci mettiamo in sintonia con ciò che suggeriscono la Parola e lo Spirito santo rischiamo l’isolamento o di portare in comunità un vangelo addomesticato. Se, invece, saremo in ascolto del Signore presente tra noi, e che si dona sulla Croce, senza fuggire dal Calvario, scopriremo la nostra vera missione: annunciare e testimoniare Gesù, incarnato, morto e risorto, cuore del mondo, luce delle genti.
Impegniamoci, pertanto, affinché i Gruppi sinodali siano luoghi in cui dirsi la fede concreta in Gesù, in cui raccontarsi la bellezza e la difficoltà nel seguirlo nel cammino della Croce. È questa che dà la forza di inoltrarci tutti insieme nel cammino dell’incarnazione di Cristo nel mondo e nella storia: per portare la sua forza redentrice e trasfiguratrice, per realizzare la nuova creazione. Dallo Spirito d’amore, ricevuto da Cristo e da Lui effuso dall’alto della Croce, deriva il nostro essere luce, la luce della Chiesa, come essere comunione, partecipazione, missione.
Il mistero della morte e della risurrezione di Cristo crocifisso sia la sorgente del nostro cammino sinodale. L’Eucaristia che ne fa memoria ci immedesima in Cristo e ci invia. Ci rende tutti missionari di quel Regno che fa ascendere ciascuno di noi, l’umanità tutta, all’altezza di Dio, oceano infinito d’amore. Camminando con Cristo morto e risorto percorriamo, con fiducia e con speranza, la strada della sua incarnazione. Seguiamone il movimento, per dare compimento alla redenzione universale ed integrale di Cristo.
+ Mario Toso