Una serata per fare memoria e guardare con più consapevolezza il presente e il futuro. Venerdì 10 dicembre la Diocesi e il Comune di Faenza hanno ricordato il sindaco Antonio Zucchini, a 50 anni dalla morte. La serata ha visto gli interventi di illustri relatori: il vescovo Mario Toso, il sindaco Massimo Isola, il professor Roberto Balzani, oltre ai familiari del sindaco (1920-23) che subì la violenza fascista, ma che non perse mai la propria coerenza. «Antonio Zucchini era convinto che il fulcro irradiante e luminoso della trasfigurazione della vita umana fosse il sacrificio del Signore Gesù, accolto, celebrato, vissuto – ha detto il vescovo -. Tutto l’impegno culturale e politico del credente gravita nella comunione con il Cristo eucaristico. È da tale comunione che scaturiscono novità di visione e di pensiero, nuove culture e nuovi umanesimi, capacità di discernimento. Al pari dei cattolici che, alla fine dell’800 e all’inizio del ‘900, si alimentarono dei contenuti e del sapere sapienziale della “Rerum novarum”, della dottrina sociale ispirata dal Vangelo, anche Antonio Zucchini colse nella matrice culturale del cristianesimo, il fondamento di una socialità e di una democrazia strutturate dai principi della libertà legata alla verità, della fraternità, dell’uguaglianza e della giustizia».
La riflessione del vescovo Mario Toso
«Grazie alla sua fede adamantina – prosegue il vescovo – divenne un democratico convinto. Come ebbe a dire con efficacia Elio Assirelli, in occasione del Convegno degli ex allievi salesiani del maggio 1971, più che per “natura” (Antonio Zucchini era di famiglia nobile) fu un democratico per vocazione, ossia per il suo essere cristiano».
«Muovendo sempre dalla prospettiva cristiana della vita e dell’impresa – ha sottolineato il vescovo – afferma convintamente il principio che l’operaio deve essere fatto socio, compartecipe della produzione e dei suoi utili. Una visione ancora oggi innovativa a fronte di imprese spesso strumentalizzate dal profitto per il profitto. Parimenti, rivendica, come elementi di un’unica concezione della morale e del diritto, sia la libertà sia il rispetto delle personalità. Non si può affermare l’una senza l’altro. Né si prescinde dall’una senza prescindere dall’altro. L’economia non è separata dalla morale, anche se non si identifica del tutto con essa. Va coniugata con il diritto e la giustizia. Don Luigi Sturzo spesso ripeteva che una economia senza morale diventa diseconomia. Più vicino a noi, papa Benedetto XVI, nella Caritas in veritate, ha espresso concetti analoghi, allorché scrisse che l’economia, in quanto attività dell’uomo e, proprio perché umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente, fraternamente. Non è estraneo alla stessa fonte ispiratrice il motto che spesso, come sindaco o come tessitore di un nuovo progetto politico per i cattolici faentini, pronunciava e che opportunamente è stato scelto come titolo dell’incontro: “niente alla violenza; molto, anzi, tutto alla giustizia”. Per Zucchini, la politica è in grado di far progredire le persone allorché è animata dalla carità, virtù teologale. In definitiva, Antonio Zucchini ha impersonato una figura di cattolico «integrale» (non integrista), che intendeva vivere la fede in tutte le dimensioni della vita e che faceva gravitare l’impegno sociale e politico nell’unità di vita con Cristo. Tale unità non consentiva separazione alcuna tra fede e politica, bensì armonia nella distinzione, il più possibile».
«In questo nostro tempo, invece – conclude – la fede religiosa non sembra più conformare, ossia non pare più riuscire a unificare i vari comportamenti dei credenti. Sicché essi tendono a vivere una netta separazione tra fede e impegno sociale-politico, tra ragione e politica. È indubbio che questo modo di pensare di non pochi cattolici pone per la Chiesa una questione teologica ed ecclesiologica, una “questione cattolica” direbbe Gianfranco Brunelli, non piccola. È indubitabile che ancora oggi, come mondo cattolico, abbiamo molto da imparare da coloro che ci hanno preceduto. I tempi sono mutati, ma non può cambiare l’amore che lega i credenti a Cristo, che è venuto per instaurare tutte le cose in Lui, compresa la politica. Questa, se vissuta con l’amore di Cristo, mantiene e fortifica la sua autonomia laicale».
Il ricordo dei famigliari e del mondo delle associazioni
Nel corso della serata il sindaco Isola ha ripercorso nel dettaglio la vita di Zucchini, «uomo contemporaneo» che non accettò compromessi col fascismo. Il professor Balzani ha poi illustrato il contesto storico difficile nel quale dovevano agire i sindaci nel periodo successivo la Grande guerra e la scelta di «un’altra strada al fascismo», coerente ai propri valori, che intraprese Zucchini.
A seguire sono intervenuti i pronipoti dell’ex sindaco. Alberto Fuschini, (presidente Anpi) ha ricordato Antonio Zucchini come una di quelle persone «che non presero le armi, ma che con il loro esempio rappresentarono e rappresentano delle figure chiave per la nostra città, per la nostra comunità. Un personaggio che fu sempre un obiettivo dei fascisti, che oltre le botte, lo minacciarono per anni e seppe resistere a tutte queste violenze e minacce, perché i faentini di allora lo vedevano come simbolo e credo che lui non si arrese mai al fascismo, proprio perché aveva la comunità al suo fianco». Francesco Zucchini è il curatore dell’archivio privato della famiglia Zucchini, principale fonte delle memorie su Antonio. «Più di venti anni fa iniziai a catalogare e studiare l’archivio – ha detto – che è ancora nello stesso studio che fu prima di Carlo e poi di Antonio. È mio auspicio che questa serata possa rilanciare l’interesse e gli studi sulle due figure di Carlo e di Antonio così diverse caratterialmente ma così simili nell’incarnare l’ideale del “cattolico integrale”». L’evento è stato arricchito dagli intermezzi musicali a cura di Paolo Frapoli. Al termine, l’omaggio degli scout con il canto Vergine di luce.