Domenica 18 luglio il vescovo monsignor Mario Toso ha presieduto la messa per il ricordo dell’Eccidio di Crespino: 77 anni fa il parroco don Fortunato Trioschi e altri 43 civili furono uccisi dalle forze nazifasciste.
“Questa celebrazione – ha detto il vescovo nel corso dell’omelia – è l’occasione di una preghiera sentita per i caduti, con i familiari e con tutti voi qui convenuti. È, inoltre, il momento per una riflessione illuminata dalla Parola di Dio. Il profeta Geremia rimprovera i cattivi pastori che fanno del male alle pecore. Essi dovranno vedersela con Dio per aver ingannato la sua fiducia. Lui stesso prenderà direttamente in mano il gregge, lo radunerà e susciterà, nella discendenza di Davide, un pastore secondo il suo cuore (cf Ger 23, 1-6)”.
“Si tratta di un brano – prosegue monsignor Toso – che può essere applicato non solo ai pastori delle comunità religiose, ma anche ai responsabili civili e politici dei popoli. In senso lato sono pastori anche gli amministratori di una città, i genitori, i responsabili di movimenti e aggregazioni, gli educatori. Coloro che non si comportano come veri «pastori», ossia come persone che si dovrebbero prendere cura del bene comune, ma invece badano solo a se stessi, finiscono per favorire il crollo della tenuta morale dei popoli e, con ciò stesso, la crescita del degrado e della conflittualità nelle società, nonché l’indebolimento del diritto. Le guerre, con tutte le loro tristi conseguenze di morti e di distruzioni, possono sorgere per diverse ragioni, non escluse l’inosservanza del diritto e della giustizia, a cui si è appena fatto cenno. Sono normalmente combattute dagli eserciti e dai capi delle Nazioni, coinvolgendo purtroppo anche i civili, come nel caso degli eccidi che nell’ultima guerra hanno insanguinato questo territorio. Gli ammonimenti e le esigenti parole del profeta Geremia invitano coloro che sono costituiti in autorità e hanno il compito di governare i popoli ad avere cura della gente, a non disperderla, a occuparsi della loro vita, della giustizia e della pace. Ma egli allude, come già accennato, alla venuta di un discendente di Davide che regnerà da vero re, sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra”.
“San Paolo – aggiunge il vescovo – ci parla proprio di tale re (cf Ef 2, 13-18). È Gesù Cristo. Offrendo la propria vita per tutti gli uomini, affratellandoli, distrugge ciò che li divide. Questa riflessione dell’Apostolo delle genti è profonda ed importante. Ci aiuta a capire su cosa dobbiamo investire le nostre migliori energie, affinché siano prevenuti ogni guerra e ogni eccidio. Siamo chiamati a far leva, in particolare, sulla fraternità. Cristo è per noi la pace, dice l’apostolo. Muore per noi, per distruggere tutto ciò che ci divide, e così ci rende una cosa sola, un’unica famiglia. Tramite il suo Spirito, siamo condotti insieme al Padre, che ci consente di riconoscerci figli suoi e fratelli tra di noi”.