Crespino del Lamone, 18 luglio 2021.
Reverendissimo don Bruno, care autorità civili e militari, Comitato Onorcaduti, Associazioni tutte, la commemorazione dell’Eccidio di Crespino, presso questo Tempio Ossario, è l’occasione di una preghiera sentita per i caduti, con i familiari e con tutti voi qui convenuti. È, inoltre, il momento per una riflessione illuminata dalla Parola di Dio. Il profeta Geremia rimprovera i cattivi pastori che fanno del male alle pecore. Essi dovranno vedersela con Dio per aver ingannato la sua fiducia. Lui stesso prenderà direttamente in mano il gregge, lo radunerà e susciterà, nella discendenza di Davide, un pastore secondo il suo cuore (cf Ger 23, 1-6). Si tratta di un brano che può essere applicato non solo ai pastori delle comunità religiose, ma anche ai responsabili civili e politici dei popoli. In senso lato sono pastori anche gli amministratori di una città, i genitori, i responsabili di movimenti e aggregazioni, gli educatori. Coloro che non si comportano come veri «pastori», ossia come persone che si dovrebbero prendere cura del bene comune, ma invece badano solo a se stessi, finiscono per favorire il crollo della tenuta morale dei popoli e, con ciò stesso, la crescita del degrado e della conflittualità nelle società, nonché l’indebolimento del diritto. Le guerre, con tutte le loro tristi conseguenze di morti e di distruzioni, possono sorgere per diverse ragioni, non escluse l’inosservanza del diritto e della giustizia, a cui si è appena fatto cenno. Sono normalmente combattute dagli eserciti e dai capi delle Nazioni, coinvolgendo purtroppo anche i civili, come nel caso degli eccidi che nell’ultima guerra hanno insanguinato questo territorio. Gli ammonimenti e le esigenti parole del profeta Geremia invitano coloro che sono costituiti in autorità e hanno il compito di governare i popoli ad avere cura della gente, a non disperderla, ad occuparsi della loro vita, della giustizia e della pace. Ma egli allude, come già accennato, alla venuta di un discendente di Davide che regnerà da vero re, sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra. San Paolo ci parla proprio di tale re (cf Ef 2, 13-18). È Gesù Cristo. Offrendo la propria vita per tutti gli uomini, affratellandoli, distrugge ciò che li divide. Questa riflessione dell’Apostolo delle genti è profonda ed importante. Ci aiuta a capire su cosa dobbiamo investire le nostre migliori energie, affinché siano prevenuti ogni guerra e ogni eccidio. Siamo chiamati a far leva, in particolare, sulla fraternità. Cristo è per noi la pace, dice l’apostolo. Muore per noi, per distruggere tutto ciò che ci divide, e così ci rende una cosa sola, un’unica famiglia. Tramite il suo Spirito, siamo condotti insieme al Padre, che ci consente di riconoscerci figli suoi e fratelli tra di noi (cf Ef 2,13-18).
Nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, papa Francesco ci ricorda che le persone e le società che emarginano Dio e il suo Figlio, e non li riconoscono viventi in mezzo a loro, difficilmente riescono a percepirsi e a vivere come figli e figlie di uno stesso Padre, come fratelli e sorelle. Chi non riconosce Dio e il suo Figlio stenta a riconoscere la comune paternità di Dio e quella fraternità che cancella i confini naturali e storici che separano persone e popoli. La comune paternità e la fraternità creano un «noi» grande, che comprende tutta l’umanità, raccolta in una sola famiglia, ove regna l’Amore, la pace vera. Solo l’Amore più grande, ossia la Carità, può aiutarci ad attuare il bene comune mondiale. Il motivo? Eccolo: l’Amore di Dio è realista, ossia è un amore che non dimentica niente che sia necessario per una trasformazione della storia a beneficio di tutti, specie degli ultimi. Impegniamoci, allora, a costruire, con tutte le nostre forze, un’umanità fraterna, a lavorare per la pace. La fraternità, che ha la sua sorgente nel Padre e che Gesù rende attuale per noi, donandoci la sua figliolanza, è il primo e principale fattore dello sviluppo integrale, inclusivo e sostenibile, della pace. Il principio di fraternità sollecita la globalizzazione dei doveri e dei diritti, dei singoli e dei popoli, la riduzione del debito dei Paesi poveri, un’etica globale di solidarietà e di cooperazione, l’ecologia integrale. La pace deriva dall’Amore di Dio che si vive a più livelli, secondo più modalità. Infatti, ci sono più atti della carità, che spingono a creare istituzioni più sane, ordinamenti più giusti, strutture più solidali, un ordine sociale pacifico. È un atto di carità altrettanto indispensabile l’impegno finalizzato ad organizzare e a strutturare la società in modo che il prossimo non abbia a trovarsi nella miseria. È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica (cf Fratelli tutti, n. 186).
Preghiamo ora Colui che si rende bevanda e cibo per noi, affinché ci impegniamo a realizzare le condizioni della pace là ove viviamo ed operiamo.
+ Mario Toso