Bagnacavallo, 18 maggio 2021.
Cari presbiteri e diaconi, cari fratelli e sorelle, anzitutto esprimiamo il nostro grazie al Signore per averci donato don Antonio Bandini, sacerdote umile, lavoratore assiduo nella vigna del Signore. La sua vita, come quella di ogni sacerdote, è stata una grande ricchezza per le comunità cristiane che lo hanno visto come parroco e prima come vicario cooperatore e cappellano. Colui che è, in certo modo, un altro Cristo, mette a sua disposizione la propria esistenza – il proprio tempo, le proprie energie, la propria intelligenza e il proprio cuore, la propria fede – affinché il Signore Gesù sia tutto in tutti; perché i credenti spendano la loro vita con amore, realizzando una fraternità mistica. Egli prediligeva più che il comando, il silenzio laborioso, l’attesa e l’efficacia della semina, fatta con gesti generosi, carichi di speranza. Forgiava le coscienze spezzando il pane della Parola di Dio. Accompagnava e sosteneva le famiglie cristiane con una presenza costante in esse. Entusiasmava i giovani, li innamorava di Cristo. Si può dire che egli fu un valido educatore di generazioni di credenti, specie di ragazzi e giovani. Di don Antonio ricordo, in particolare, la dedizione nel suo ministero presbiterale come parroco a Villa Prati. Nonostante la malattia l’avesse preso da tempo e gli fosse una compagnia poco gioviale, egli era fedele nella cura pastorale della comunità e delle persone. Negli ultimi tempi, proprio la malattia, mi sembra l’abbia reso più naturalmente disponibile a quella conversione pastorale che noi stiamo cercando di comprendere e di realizzare, sollecitati in diversi modi da papa Francesco, che ci desidera tutti più sinodali. Don Antonio accettava volentieri di essere aiutato, di essere sostenuto nell’organizzazione delle molteplici attività richieste dalla comunità, non escluse quelle della carità, aventi come fulcro di diffusione un ex edificio scolastico, sito accanto alla chiesa parrocchiale. Ciò gli consentiva di essere presente tra i suoi con maggior paternità spirituale, trasformando la sua sofferenza in un particolare carisma di pazienza e di accoglienza delle persone. Arrivando a Bagnacavallo per le cresime o per la festa patronale, mi è capitato, più di una volta, di trovarlo in sacrestia, seduto su una poltrona, mentre confessava le persone. Era ricercato da coloro che erano desiderosi di coltivare il loro spirito. Credo che la sua malattia, se da una parte lo debilitava, dall’altra lo rendeva più atto ad essere segno credibile della misericordia del Signore.
Personalmente l’ho conosciuto nell’ultimo tratto del suo itinerario pastorale. E, quando, si è trattato di affiancarlo nel momento in cui ricercava il luogo ove ritirarsi, perché l’età avanzava e la malattia si faceva più aggressiva, ho trovato in lui una persona spiritualmente matura, lucida, docile. Era lieto di sentire il vescovo e ne desiderava, senza pretenderla, la vicinanza fraterna. Mi è dispiaciuto di non potergli essere accanto di più, a motivo della pandemia e delle norme di sicurezza. Quando ho avuto la grazia – la ritengo tale – di visitarlo, mentre era ricoverato presso Villa Agnesina, nella fase ormai terminale della sua malattia, ho sperimentato ciò che significa immedesimazione con il Cristo sofferente. Ho riflettuto sul fatto che don Antonio, in un ambiente che richiedeva l’isolamento, era giunto al punto di essere massimamente unito a Gesù, che sulla croce si offriva al Padre nella sua passione d’amore.
Cari fratelli e sorelle, la pandemia e la morte di tante persone care, come di alcuni nostri sacerdoti, ci danno l’opportunità di pensare e di sperimentare uno dei momenti più cruciali ed importanti della nostra vita. Ossia, quell’evento tragico e, peraltro, liberatore, che ci apre alla pienezza della vita di Dio. Quanta sofferenza nell’agonia, specie quando forzatamente manca la vicinanza dei propri cari. È l’occasione in cui l’offerta di noi stessi al Padre, si fa più intensa e forte. È quell’esperienza in cui ci si sente particolarmente fragili e veniamo affidati, come è stato anche nel caso di don Antonio, prevalentemente alle cure dei nostri fratelli e sorelle medici, infermieri, al loro servizio di buoni samaritani.
Per don Antonio, presbitero, non è mancato il momento della contemplazione del mistero pasquale, celebrato tante volte per il popolo di Dio ma vissuto anche come atto estremo di amore e di offerta di sé. Egli ha combattuto la buona battaglia, ha terminato la sua corsa, ha conservato la fede.
In questa Eucaristia di suffragio per don Antonio Bandini preghiamo per i suoi parenti, per le comunità di Villa Prati e di Bagnacavallo, per le famiglie che l’hanno aiutato. Ma preghiamo anche per i presbiteri della nostra Diocesi – pensiamo a Mons. Vittorio, a don Giacomo Minelli, ma non dimentichiamo don Antonio Savorani – che sono morti quest’anno. Il Signore Gesù, il Pastore dagli occhi grandi che vede al di là del tunnel buio della morte, li porti con sé, nella casa del Padre della vita e della gioia.
+ Mario Toso