Sabato 8 maggio si è celebrata la Santa Messa Pontificale in Cattedrale presieduta dal vescovo Mario Toso. Durante la messa sono stati ricordati monsignor Francesco Tarcisio Bertozzi, nel XXV della morte; e il XXX di episcopato del vescovo emerito Claudio Stagni. Al termine, il vescovo Mario ha impartito la sua Benedizione alla città e alla Diocesi.
Di seguito, l’omelia pronunciata dal vescovo nel corso della celebrazione.
L’omelia del vescovo Mario
Siamo riuniti attorno alla Beata Vergine delle Grazie, Patrona della Diocesi che è in Faenza-Modigliana e della città di Faenza. In questi ultimi due anni l’abbiamo ripetutamente pregata perché proteggesse i suoi figli dalla pandemia. Abbiamo sperimentato il suo amore materno anche nei nostri lutti e nelle sofferenze delle nostre famiglie, nonché delle nostre comunità parrocchiali. Ci hanno lasciato tante persone care e sacerdoti, che sono stati buoni pastori per il popolo cristiano.
Quest’anno desideriamo festeggiare la nostra Patrona, ricordando sì i prodigi che Ella ha compiuto nei secoli passati, ma anche le grazie che ci ha donato in questi mesi di pandemia. La Madre di Dio va amata e venerata non solo perché ci libera da mali fisici, materiali, ma anche da mali spirituali. La dobbiamo ringraziare soprattutto perché con la sua maternità divina ha donato, grazie al suo Figlio, un’umanità nuova ad ogni persona. Con ciò Ella è causa costante di miracoli interiori e morali straordinari, sebbene non visibili, immediatamente eclatanti. Sono eventi che trasfigurano gli animi e i sentimenti, creano una nuova sensibilità. Producono sommovimenti culturali e accendono nuovi processi di vita nelle persone, nelle famiglie e nelle nostre città. Si tratta di doni che iniziano e consolidano stili di vita nuovi, creano atteggiamenti che capovolgono mentalità e che cambiano le stesse istituzioni. E ciò senza frastuoni e pubblicità roboanti. Ci aiuta a capire questo l’enciclica Fratelli tutti di papa Francesco. In tale enciclica la Beata Vergine Maria è considerata generatrice di quella civiltà di fraternità di cui abbiamo estremo bisogno in questo tempo di pandemia, specie per rigenerare la nostra vita e le nostre relazioni. Non possiamo pensare alla rinascita dei nostri popoli senza che il principio della fraternità diventi lievito o sale dell’esistenza personale, delle famiglie, delle imprese, dell’ethos delle città.
Proprio perché ci dona suo Figlio, il Verbo che si fa carne, Maria è la madre della nostra fraternità, sia dal momento del suo sì all’invito dell’Angelo ad essere Madre di Dio, sia allorché ricevette sotto la croce una maternità universale (cf Gv 19,26). Accogliendo Gesù Cristo, infatti, viviamo figli nel Figlio. In Lui sperimentiamo sia una Paternità trascendente sia una fraternità universale. Grazie a Gesù Cristo si incarna in noi la consapevolezza della paternità di Dio e la responsabilità fraterna di ogni uomo e di ogni donna nei confronti di tutti gli altri.
A fronte delle grandi sfide che la rinascita del nostro Paese pone è necessaria non una fraternità vaga, incapace di legami sociali forti. È indispensabile vivere una fraternità più che umana, bensì trascendente, avente la sua scaturigine dalla paternità di Dio e rafforzata dall’amore di Gesù Cristo. Non basta che in noi sia seminato l’anelito alla costruzione di una civiltà dell’amore fraterno. Purtroppo, spesso questo anelito è soffocato ed indebolito dall’inclinazione all’egoismo, dal peccato. Diventa, quindi, indispensabile chiedere ed accogliere l’amore divino o carità donatoci da Cristo dall’alto della Croce. Solo grazie all’amore di Cristo il nostro amore umano può diventare più compiuto. Solo un amore virtuoso, potenziato dall’amore sorgivo del Padre per il Figlio, nello Spirito santo, rende possibile l’amicizia sociale che non esclude nessuno e la fraternità aperta a tutti.
Detto altrimenti, abbiamo bisogno che nelle nostre vite e nelle nostre relazioni abiti l’amore di Cristo. In vista di ciò non possiamo rinunciare all’annuncio dell’amore di Cristo, affinché tutti lo possano accogliere e vivere. Proprio per questo non possiamo coltivare una visione di Chiesa stereotipa ed infantile, appiattita su visioni meramente terrene, che la riducono ad agenzia sociale. Nelle nostre comunità e nelle nostre città l’annuncio e la testimonianza di Cristo è il primo e principale fattore della fraternità di cui abbiamo bisogno. Cristo incarnato è l’universale concreto della fraternità. Egli consente a noi di diventare nelle nostre città e famiglie l’anima della civiltà della fraternità. I muri vengono abbattuti quando cresca la consapevolezza che nei nostri vicini e negli esclusi vive Gesù Cristo, il Fratello per eccellenza.
La capacità innovatrice e trasfiguratrice dei credenti trova la sua fonte nella partecipazione alla vita dell’Uomo nuovo, alfa ed omega, sorgente di una vita aperta al dono e alla fraternità. Non dimentichiamo, inoltre, che senza coltivare l’appartenenza sincera e coerente alla comunità cristiana viene meno la capacità di rigenerare quei «noi» che sono la famiglia, la scuola, la società politica, le associazioni e i movimenti.
In questa celebrazione desideriamo ricordare il XXX anniversario di episcopato del Vescovo emerito, Sua Eccellenza Mons. Claudio Stagni, e il XXV anniversario della morte di Sua Eccellenza Mons. Francesco Tarcisio Bertozzi.
Chiediamo a Maria, Beata Vergine delle Grazie, di darci la capacità di generare nel mondo Gesù Cristo, Colui che guarisce e redime il nostro amore umano.