[feb 5] Omelia – Sant’Agata

05-02-2021

Sant’Agata, 5 febbraio 2021.

Cari fratelli e sorelle, nella nostra Diocesi, in questo tempo dell’anno liturgico, stiamo festeggiando diversi patroni e santi martiri. Basti pensare a san Potito, a san Biagio e, oggi, a sant’Agata. Diverse delle nostre comunità hanno come patrono o patrona un martire o una martire, ossia testimoni che hanno pagato con la vita il loro attaccamento al Signore Gesù Cristo, il martire per eccellenza.

Noi oggi siamo portati a dire che nella nostra Europa e nella nostra Italia il martirio è un fatto sempre più raro. E ciò non solo perché non vi sono più persecuzioni cruente, ma anche perché sembrano diminuire sempre di più i credenti che sono disposti a dare la vita per Cristo, nella fedeltà a lui, al suo Vangelo. Diminuendo il senso di appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa è più facile trovare credenti disposti a preferire gli interessi personali rispetto alla fede in Gesù Cristo. Ci sono più credenti che, per i cosiddetti «trenta denari», sono disponibili a rinunciare al loro battesimo ed anche a farsi “cancellare” dal registro dei battezzati della comunità parrocchiale. Se le persecuzioni cruente tolgono la vita, quelle che sono meno eclatanti, ma non meno pericolose, e che sussistono in varie parti della terra, compresa l’Europa e la nostra terra, finiscono per sottrarre Cristo alle persone, creando un clima di ostilità nei confronti del Signore Gesù, della libertà religiosa e della connessa opera di educazione. Le persecuzioni non sono finite. Anzi, essendo cresciuto il numero dei credenti nel mondo, sono aumentate. I martiri oggi sono ancora tanti, più che nei primi secoli del cristianesimo. Non dimentichiamo che il martirio è l’aria della vita di un cristiano. Il vero cristiano sa che la sua testimonianza non è senza prove. Accetta le sofferenze connesse ad una vita di fede autentica.

La comunità civile e religiosa di questo territorio onora come patrona una giovane, vergine e martire: sant’Agata. Ella volle consacrarsi al Signore. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla. Se ne invaghì e con un pretesto la accusò di vilipendio nei confronti della religione romana. Ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso imbastì, allora, un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agnese resistette nella fede, nell’amore a Cristo. Dopo vari supplizi venne riportata agonizzante in cella ove morì nel 251. Questa in breve la sua testimonianza di Cristo, considerato il sommo bene della sua vita, tanto da morire per Lui.

Ma ora domandiamoci: cosa può voler dire avere come patrona una giovane martire? Cosa può significare che la comunità civile e la comunità ecclesiale abbiano come punto di riferimento una santa martire, giovane e coraggiosa nella fede? Ha senz’altro un significato facilmente afferrabile. E cioè che le vostre comunità hanno inteso ed intendono credere ed investire, oltre che primariamente in Gesù Cristo, sulla fede dei giovani, sulla loro vita entusiasta e orgogliosa di appartenere a Cristo. I giovani portano in sé risorse positive. Sono come le rondoni, diceva Giorgio La Pira: annunciano la primavera, una nuova stagione della vita. In questo tempo di pandemia hanno sì mostrato propensione per la movida, ma sono stati anche disponibili a impegnarsi nella Caritas e ad aiutare le persone anziane, i nonni. In non poche occasioni hanno saputo organizzare la trasmissione della Messa via streaming. In un tempo di crescente secolarizzazione e di allontanamento dei giovani dalla comunità cristiana, la nostra Diocesi ha inteso investire sui giovani celebrando un Sinodo. Il futuro del cristianesimo in questo territorio dipenderà non poco da nuove generazioni di credenti. I giovani sono i primi missionari dei loro coetanei. Le nostre comunità parrocchiali hanno bisogno di giovani che non siano solo collaboratori ma soprattutto corresponsabili, ossia di giovani che crescono nel senso di appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Solo chi si sente di essere di Cristo, di vivere in Lui, di partecipare alla sua missione non si sente estraneo rispetto alla vita comunitaria. Si sente, invece, persona corresponsabile, che non attende di essere chiamata, ma che si presenta e che si dichiara disponibile ad assumere questo o quel ministero.

Noi riusciremo ad avere nelle nostre comunità giovani che si sentono giovani per i giovani, corresponsabili della crescita cristiana dei propri amici, quando sapremo attivare una seria pastorale vocazionale, quando le nostre comunità parrocchiali saranno così ferventi e luminose da attrarre i giovani verso una vita bella e gioiosa di impegno missionario come è quella  dei credenti convinti e credibili.

Lo stesso martirio di sant’Agata ci induce a riflettere sulla necessaria capacità delle nostre comunità di incidere sulla vita di fede, sulla relativa formazione. Non potremo avere santi come sant’Agata se  le nostre comunità saranno solo luoghi di preghiera e di culto superficiali, se non riusciranno ad accompagnare le persone e i giovani nella loro crescita spirituale. Un piano pastorale di orientamento vocazionale è ben delineato nelle parole del Vangelo di Luca che abbiamo sentito proclamare: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà»  (Lc 9, 23-24).

Il Signore e, in particolare sant’Agata, ci aiutino a rendere la nostra comunità un luogo di incontro con Gesù Cristo e di adorazione di Lui.

                                            + Mario Toso