Il 3 febbraio la Chiesa celebra la memoria di San Biagio. È un vescovo originario dell’Armenia, dove trascorse la sua giovinezza dedicandosi soprattutto agli studi della medicina, applicandoli poi alle persone malate, alle quali trasmetteva anche il messaggio della dottrina cristiana. Ecco qui un primo grande insegnamento per noi: vivere la nostra professione con l’amore di Cristo, come luogo in cui testimoniare Cristo, in cui annunciarlo.
Dopo essere stato ordinato ministro del culto, si era convinto ad entrare in un monastero, ma l’improvvisa morte del vescovo di Sebaste, fu l’occasione per essere chiamato a sostituirlo. Quando cominciò la persecuzione di Licinio, prima larvata, poi sempre più violenta, egli fuggì dalla città, rifugiandosi in una grotta sui monti. Licinio, uno dei colleghi di Costantino, aveva autorità sulle regioni orientali dell’Impero. Geloso della potenza del grande Imperatore, gli si mise contro, e per prima cosa divenne persecutore dei cristiani. Con ciò contravveniva all’Editto di Milano, ch’egli stesso aveva sottoscritto insieme con Costantino. La sua persecuzione fu quindi un mezzo di lotta politica, anzi una espressione della rivalità tra i due colleghi. Ma le sofferenze dei cristiani d’Oriente non furono per questo meno crudeli, finché Costantino non riportò sul rivale una completa vittoria. Pare che San Biagio, recluso volontario in una caverna, seguitasse a svolgere la sua opera di Vescovo. Non dimenticò, cioè, neanche sui monti, il gregge dei cristiani di Sebaste, lontano e minacciato. Al gregge delle persone che si recavano da lui, si aggiunse, secondo la leggenda, un seguito di animali selvatici, che visitavano il Vescovo nella caverna, recandogli il cibo. E qui possiamo scorgere un secondo insegnamento: ossia la fedeltà alla propria missione sebbene tra difficoltà ardue. E, inoltre, l’amore per il creato e gli animali che egli considerava fratelli, segni dell’amore di Dio per lui.
Venne scoperto da alcuni cacciatori. Condotto nella città, fu imprigionato, e anche in carcere operò diversi miracoli. Mentre veniva portato a morire, pare nel 316, un’autentica folla si radunò al suo passaggio e molte persone, sfidando le guardie, lo osannava e invocava la sua benedizione. In particolare una mamma con il suo bambino in braccio si presentò davanti a Biagio, implorandolo di intervenire sul figlio, che aveva ingoiato una grossa spina di pesce, che si era conficcata nella gola e gli impediva di respirare. Il vescovo si mosse a compassione e recitò una preghiera per il bambino e poi fece su di lui il segno della croce e immediatamente questo si sentì meglio, pianse e gridò per la gioia, dimostrando a tutti l’avvenuta guarigione. Giunto al cospetto del giudice, che tentò di convincerlo a rinnegare la fede cristiana, Biagio spiegò che per lui “c’e un Dio solo, eterno, creatore di ogni cosa e non molti dei”. A quelle parole il giudice si indignò e lo fece prima picchiare e quindi portare in prigione. Dopo qualche giorno fu sottoposto ad un nuovo interrogatorio, ma l’esito non cambiò e a quel punto Biagio fu sottoposto a diversi tipi di crudeli torture, sino ad essere appeso ad un albero. Il vescovo rimase fermo e inflessibile sulle proprie convinzioni e, vedendo che sopportava tutte le sofferenze corporee, fu deciso di affogarlo in un lago. Lanciato con violenza nell’acqua, Biagio nella sorpresa generale si mise a camminare sulle onde sino a raggiungere agevolmente la sponda opposta. Di nuovo imprigionato, Biagio fu sottoposto alla decapitazione. Dal martirio di san Biagio deriva a noi un altro insegnamento: Dio è amato dal cristiano a costo della vita.
Le sue reliquie sono state portate in Italia nel VIII secolo e sono custodite a Maratea, in provincia di Potenza, di cui San Biagio è patrono e al quale è dedicata la basilica posta in una località che porta il suo nome.
La venerazione nei confronti di San Biagio ha dunque origini lontane, ma è rimasta sempre molto viva preso i cristiani di tutto il mondo. La chiesa in suo onore rinnova ogni anno il rito della benedizione della gola, che si effettua con due candele incrociate e passate sotto la gola delle persone come atto per tenere lontane le malattie e malanni di questa delicata quanto importante parte del corpo.
L’ultimo dei molteplici insegnamenti a cui ho accennato e che ci offre la vita eroica di San Biagio, nonostante, così lontano nel tempo, risulta quanto mai attuale per l’ora storica in cui viviamo. Un’ora che ci sollecita a vivere come se Dio non ci fosse ed esistessimo solo noi, con i nostri punti di vista che tendiamo ad assolutizzare. Ciò diviene causa di una seria crisi valoriale, che diviene anche crisi di certezze, di senso della vita. Quando si trascura Dio si diventa preda di un politeismo che produce il culto dell’io. L’indifferenza nei confronti di Dio, della sua volontà, conduce all’individualismo, a perdere il senso della consacrazione a Lui, il senso della fraternità. Quando si dà il primato al proprio io si perde la forza di amare Dio sopra ogni cosa. Questo succede al cristiano comune, ma può succedere anche ai presbiteri, alle suore consacrate. Per chi ama Dio sopra ogni cosa non viene prima il proprio io, bensì il dono totale della propria vita a Lui. San Biagio è stato martire, ossia testimone luminoso dell’amore totale a Cristo, perché ha scelto, contro ogni interesse umano, di essere completamente di Dio, fedele al suo amore. Sull’esempio di san Biagio bisogna avere il coraggio cristiano di riconoscere il primato di Dio. Per ritrovare gli altri, per essere fedeli alla consacrazione totale della vita a Cristo occorre ritrovare Dio, riconoscerlo come Padre.
La devozione a san Biagio – uno dei santi ausiliatori, ossia di quei 14 testimoni della fede che erano invocati dal popolo cristiano in casi di particolari necessità, generalmente per guarire da particolari malattie – contiene un patrimonio prezioso di fede. Essa è l’espressione della consapevolezza che la fede e l’amore a Dio sopra ogni cosa supera la precarietà della vita e offre un orizzonte più grande delle nostre ferite, dei nostri limiti, delle nostre malattie, delle nostre piccole vedute. In questa Eucaristia chiediamo a Cristo, il più grande martire, il dono di un amore supremo per Dio, nostra Speranza. Siamo così sicuri di onorare degnamente san Biagio vescovo e martire.
+ Mario Toso