In questo sabato 25 gennaio 2020 si conclude la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Nella ricerca dell’unità quest’anno siamo invitati a mostrarne l’autenticità attraverso l’accoglienza reciproca e l’amore del prossimo bisognoso. Dimostriamo di amare più intensamente Cristo quanto più siamo uniti e raccordati con gli altri cristiani nel servizio al profugo, al migrante, al povero, agli ammalati, ai deboli, ai prigionieri. In quale contesto culturale e religioso? Quello del Regno di Dio. La Parola di Dio, scelta per l’ultimo giorno della Settimana di preghiera per l’unità – «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino» (Mt 10, 7) – ci invita, non a caso, ad essere disponibili nel vivere e nell’annunciare il Regno di Dio. Ecco l’habitat entro cui muoverci e motivarci all’azione solidale. Siamo più disponibili, abili ed efficaci, ad esempio, nell’accoglienza e in una vera integrazione dei fratelli profughi ed immigrati, se viviamo e annunciamo il Regno di Dio, che è già presente tra noi e avrà compimento al di là del tempo. Il nostro primo impegno sta, dunque, nell’accoglienza del Regno di Dio, della sua potenza spirituale e morale. Solo se viviamo la nostra esistenza in Gesù Cristo, ossia con un cuore simile al suo, con un cuore da figli di Dio che onorano il Padre e lo riconoscono presente negli altri, la nostra capacità di accoglienza e di integrazione diviene più saggia, «prudente», incisiva ed efficace. Solo se cambiamo mentalità, ossia se ci convertiamo – come ci invita a fare il Vangelo di questa 3.a domenica (cf Mt 4,17): «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino» – diventiamo umanità più fraterna, che risponde in maniera più consona ai bisogni di chi fugge da casa, subisce le umiliazioni della tratta e ricerca una vita più dignitosa. La vera accoglienza non si limita a rispondere al bisogno altrui offrendo solo un’assistenza momentanea. Si tratta solo di un primo passo importante ma insufficiente Occorre preoccuparsi di inserire il nostro fratello povero in un insieme di condizioni di sicurezza sociale sufficienti, ossia nella conoscenza, nel mondo del lavoro, accompagnandolo ad acquisire la lingua, una professione, perché possa vivere con libertà e responsabilità, a servizio del bene comune. A fronte dei grandi problemi odierni, ossia delle rovinose «tempeste» – carestie, calamità naturali, guerre fratricide, inquinamenti ed altro – che si abbattono sui popoli e sulle società, in maniera analoga alla tempesta marina che colpì Paolo di Tarso e i suoi compagni di viaggio, e che naufragarono sull’isola di Malta (At capitoli 27-28), dobbiamo rispondere soccorrendo i nostri fratelli e le nostre sorelle facendo squadra compatta tra di noi. L’obiettivo è offrire un’ospitalità cordiale e calda, simile a quella che dettero i maltesi a Paolo e ai suoi compagni di viaggio. Evidentemente, a fronte dei grandi problemi sopracitati, che colpiscono intere regioni, urge l’intervento della politica, dei popoli. Occorre, cioè, essere umanità nuova, più unita, in grado di salvare i fratelli dai vari naufragi della vita. Ciò è possibile se accogliamo e viviamo la vita che Cristo ci dona, ossia il suo Amore. Quanto più dimoriamo nella vita del Figlio, e pensiamo come Lui pensa, tanto più diventiamo solidali tra noi e con i nostri fratelli nel bisogno. Pregare per l’unità dei cristiani in Cristo significa, allora, pregare anche perché siamo più in comunione con Cristo e tra di noi, e con ciò stesso siamo più coesi e determinati nel costruire la città, nell’aiuto di tanti fratelli «naufraghi», sia dal punto di vista materiale sia dal punto di vista morale e spirituale. Quanto più l’unità dei cristiani con Cristo si affievolisce tanto più l’umanità ci perde, è meno solidale, diventa più debole nel bene, più passiva rispetto ai mali sociali. L’ecumenismo si consolida quanto più viviamo il Regno di Dio, ossia quanto più ci si converte e si crede in Dio, che è presente nell’uomo. Il Regno di Dio è venuto, è arrivato, è in mezzo a noi. Di qui scaturisce la missione dei cristiani: accogliere ed annunciare il Regno di Dio, affinché tutta la storia sia pervasa dalla signoria di Dio, ossia da un modo di vivere per cui nessuno è schiavo, anzi è più libero, e tutte le relazioni umane sono vissute con spirito di figliolanza e di fraternità. Quanto più siamo ricettivi nei confronti di Cristo tanto più siamo capaci di donare gratuitamente, di costruire società libere, fraterne, giuste e pacifiche. Per poter dare disinteressatamente, per servire il prossimo con generosità dobbiamo prima imparare a ricevere Cristo, a donare come Lui.
L’assenza dell’unità tra i cristiani impedisce a loro di essere partecipi della nuova creazione iniziata dal Verbo che si fa carne. La disarticolazione tra le comunità cristiane, le loro incomprensioni impediscono la realizzazione compiuta del Regno di Dio, mortificano il raggiungimento della pienezza umana delle persone, delle famiglie, delle società, delle comunità religiose, rallentano la costruzione del bene comune, della pace, dell’ecologia integrale. Viviamo, allora, l’ecumenismo come voglia di realizzazione piena del disegno di Dio, come ardente desiderio di una civiltà d’amore per tutte le nostre città.
La partecipazione all’Eucaristia, memoria del dono totale di Cristo a Dio e all’umanità, diventi offerta del nostro impegno alla costruzione con Lui di cieli nuovi e di terra nuova.
+ Mario Toso