Cari fratelli e sorelle, dopo la solennità di Tutti i santi e la Commemorazione dei fedeli defunti, questa liturgia domenicale ci fa riflettere sulla misericordia trasformante di Gesù Cristo. Dopo la sua morte e risurrezione Gesù Cristo, che sbaraglia il peccato e la morte, continua a vivere nel suo popolo attraverso lo Spirito Santo. Ci conduce, attraverso i tempi, sino alla città celeste, accompagnandoci con il suo amore misericordioso. Un amore che incontriamo e ci è proposto quotidianamente come ci è detto oggi dal Vangelo secondo Luca (cf Lc 19, 1-10) che ci presenta la visita che egli compie nella casa di Zaccheo, un tipo poco raccomandabile. Gesù è venuto sulla terra per redimere, ossia per compiere una seconda creazione, dopo la prima, che vide il fallimento dell’umanità, impersonata da Adamo ed Eva. Ebbene, Gesù mentre giunge a Gerico, nel suo cammino verso Gerusalemme, attua la seconda creazione, la redenzione che sconfigge il peccato e la morte. La attua, in particolare, in Zaccheo, pubblicano che riscuoteva le tasse. È davvero istruttivo l’incontro di Gesù e Zaccheo. È, in un certo modo, paradigmatico dell’opera di redenzione e di trasfigurazione di Gesù Cristo in ogni persona, compresi noi. Tutto inizia da Gesù che si accorge che, nella ressa della folla, una persona, piuttosto piccola, sgomitava e cercava di farsi largo per raggiungere un sicomoro, per vedere meglio il Maestro. Mentre passa sotto l’albero, Gesù alza lo sguardo verso di lui, gli rivolge la parola, si autoinvita a casa sua. Zaccheo, senza se e senza ma, scende prontamente dal sicomoro su cui si era appollaiato e «pieno di gioia» accoglie Gesù. Ricordiamo bene cosa è avvenuto nella casa di Zaccheo e cosa mormoravano le solite persone perbene: «È entrato in casa di un peccatore». Il Signore non vuole distruggere il peccatore bensì il peccato. Condanna il peccato e cerca di salvare il peccatore. Per questo, piuttosto che fare una filippica e redarguire Zaccheo, cerca di conquistarne l’animo, operando in lui un cambiamento di mentalità. È questione di pochi attimi. Zaccheo si sente cercato dall’amore misericordioso di Gesù. Di fronte all’amore di Cristo, amore allo stato puro, Zaccheo si rende subito conto di quanto è meschina la sua vita tutta presa dal denaro, a costo di rubare agli altri e di ricevere il loro disprezzo. Scoprendo di essere amato, nonostante i suoi peccati, all’Amore risponde con l’amore, cambiando atteggiamento di vita, modo di vedere e di usare il denaro. Infatti, decide di dare la metà di ciò che possiede ai poveri e di restituire il quadruplo a quanti ha rubato (cf Lc 19,8).
Quali insegnamenti possiamo trarre dall’incontro di Gesù e Zaccheo? Primo: la salvezza è qualcosa di quotidiano, di domestico, che possiamo accogliere mentre esercitiamo la nostra professione o siamo in casa. Secondo: la salvezza, se noi lo vogliamo, è qualcosa che rimane in noi, nella nostra casa. Gesù dice: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza». Terzo: la permanenza della salvezza in Zaccheo e nella sua casa viene dimostrata da quello che egli fa: da avaro diviene generoso, persona aperta agli altri, ai poveri. Da ultimo, Gesù risponde ai soliti criticoni: «Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
In questa Eucaristia, ancora nell’atmosfera liturgica della Commemorazione dei fedeli defunti, ricordiamo i vescovi defunti della nostra Diocesi. Non si tratta solo di un atto di riconoscenza nei loro confronti. È anche l’occasione di riflettere sul loro ministero episcopale. Noi sappiamo che i vescovi hanno il compito di confermare la fede e di rafforzare l’unità dei fedeli con Gesù Cristo e tra di loro. In tal modo, essi non hanno la missione di fare dei credenti una massa di persone, quanto piuttosto di favorire la comunione del presbiterio e dei credenti, affinché costituiscano un popolo nuovo, il popolo di Dio, a servizio dell’annuncio di Cristo, dell’esercizio della carità e della trasfigurazione del mondo. Mentre preghiamo per loro in questa Eucaristia, ricordiamo il loro ministero nell’ammaestrare (munus docendi), nel santificare (munus sanctificandi) e nel governare (munus regendi): sono tre compiti con cui hanno tenuta compatta questa Diocesi e l’hanno fatta avanzare nel tempo, rispondendo ai segni dei tempi. Pensiamo alla loro opera pastorale, che – basti accennare a S. Ecc. Mons. Giuseppe Battaglia – non ha escluso la ricostruzione materiale di diversi luoghi di culto, di canoniche, di ambienti educativi, dopo i danni causati dalla seconda guerra mondiale. Ricordiamo anche la costruzione del grande Seminario di via Stradone: Mons. Battaglia vide la fine dei lavori ma anche l’inizio dello svuotamento. Pensiamo all’impegno coraggioso di S. Ecc. Mons. Francesco Tarcisio Bertozzi nell’indizione, nella celebrazione e nell’attuazione di un notevole Sinodo pastorale diocesano (1990-1995) che ha praticamente delineato l’ordinamento di quegli Uffici e di quei Centri che sono giunti sino a noi. Ma non vanno dimenticati i vescovi dei quali trovate un elenco sulla colonna a fianco della porta che fa accedere alla sacrestia. Cristo risorto, autore della seconda creazione, ricompensi tutti i vescovi defunti di questa Diocesi con il dono della sua Vita, pienezza di comunione con Dio.
+ Mario Toso