Faenza, Clinica san Pier Damiano 13 dicembre 2024.
Oggi, in prossimità del periodo natalizio e alla vigilia dell’Anno Santo, abbiamo l’opportunità di riflettere sull’esempio della fede eroica della martire santa Lucia, sul suo servizio agli infermi e sulla spiritualità di coloro che si dedicano ai fratelli e alle sorelle nelle strutture sanitarie.
Nata a Siracusa, dopo la morte del padre, visse con la madre Eutichia. Crebbe nell’amore a Gesù, tanto da consacrarsi a lui. Assistette la madre quando fu afflitta da una malattia che, nonostante il ricorso a medici e a rimedi costosi, non guariva.
Si recarono a Catania presso la tomba di sant’Agata. Qui la madre venne guarita. Mentre facevano ritorno a Siracusa, Lucia esternò alla madre la sua ferma decisione di consacrarsi a Cristo, e di elargire il suo patrimonio ai poveri. Per i successivi tre anni, visse a servizio di infermi, bisognosi e vedove. Il pretendente, vedendo la promessa sposa che si privava di tutti gli averi, definitivamente respinto da Lucia, volle vendicarsi, denunciandola come cristiana. Erano in vigore i decreti della persecuzione dei cristiani, emanati dall’imperatore Diocleziano.
Al processo che sostenne dinanzi al prefetto Pascasio, le fu imposto di fare sacrifici agli dèi romani. Ella, però, non rinnegò il suo credo. Alla minaccia di essere condotta nel disonore in un postribolo, Lucia rispose: «Il corpo si contamina solo se l’anima acconsente».
Il prefetto infuriato ordinò che la giovane venisse condotta via con la forza ma, come riportano le fonti, divenne miracolosamente immobile, tanto che né decine di uomini né la forza di funi legate a buoi riuscirono a smuoverla. Accusata di stregoneria, Lucia allora fu cosparsa di olio, posta su legna, pece e resine per essere arsa nel fuoco, ma le fiamme non la toccarono. Fu, infine, fatta inginocchiare e finire di spada; secondo le fonti latine, le fu infisso un pugnale in gola (jugulatio), il 13 dicembre dell’anno 304, all’età di ventun anni. Morì non prima di aver ricevuto l’Eucaristia, profetizzando la fine delle persecuzioni, la pace per la Chiesa con la caduta di Diocleziano e il suo patronato su Siracusa.
Risulta privo di fondamento e assente nelle molteplici narrazioni e tradizioni, almeno fino al secolo XV, l’episodio in cui Lucia si sarebbe strappata – o le avrebbero cavato – gli occhi. L’emblema degli occhi sulla coppa, o sul piatto, sarebbe da ricollegarsi, più semplicemente, alla devozione popolare che l’ha sempre invocata protettrice della vista, a motivo dell’etimologia del suo nome dal latino Lux, luce.
In questa clinica, in prossimità del Giubileo, cosa può insegnarci santa Lucia? Innanzitutto, il suo amore al Signore e agli ammalati, ai poveri nei quali Egli vive.
Sappiamo che la cura ospedaliera e domiciliare per gli ammalati, il personale degli istituti che operano nel sociosanitario, sono un patrimonio inestimabile di attenzione alle persone. Un tale insieme di strutture, di competenze e di persone va, per quanto possibile, mantenuto, sempre più qualificato.
Prendersi cura delle persone che si trovano in condizioni di malattia e di disagio richiede una professionalità e uno spirito di dedizione che non possono non attraversare momenti di stanchezza nell’esercizio della pazienza, nella molteplicità di relazioni, che vanno incessantemente costruite.
La vostra struttura medica agisce con personale qualificato e consacrato ad un’autentica promozione delle persone e della loro salute. È cosciente di operare all’interno di una rete di soggetti diversi, pubblici e privati, istituzionali e informali, sociali e sanitari, che vengono armonizzati, in un’unica responsabilità pubblica, capace di raggiungere tutti.
L’anno giubilare può essere per il personale medico, sanitario e sociosanitario l’occasione di dimostrare meglio la tenerezza di Dio agli ammalati, facendo squadra attorno alle persone bisognose di cure. Parimenti, l’anno giubilare può essere per le istituzioni amministrative, per i responsabili della politica nazionale, l’occasione per esprimere la gratitudine, offrire il sostegno, retribuire adeguatamente le persone che lavorano in istituzioni che operano con lungimiranza e concretezza in ambito sanitario e sociosanitario.
L’Anno Santo, ha sottolineato qualche giorno fa l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, può essere anche l’occasione per ricostruire nell’opinione pubblica in modo realistico la stima e la gratitudine per coloro che lavorano nel “sanitario”: «esaltati come eroi durante la pandemia, oggi si ritrovano sovraesposti, aggrediti e additati come i soli responsabili di un servizio indispensabile, di un diritto che non riesce a essere adeguato ai bisogni di tutti, tanto meno dei poveri».[1]
Una seconda cosa può insegnarci santa Lucia. Nella vostra professione, come lei si consacrò totalmente a Dio, anche voi siete chiamati a vivere una donazione piena al Signore. Chi assegna il primato a Dio nella sua vita e nella propria professione non danneggia la propria esistenza, non trascura la propria competenza e le persone. È vero il contrario. Dio, amato sopra ogni cosa, sollecita a dare il giusto valore alla nostra esistenza e a vivere il proprio lavoro trasformandolo in servizio, in preghiera e in dedizione al Signore, che vive anche nelle persone ammalate. Santa Lucia aiuti tutti voi, che operate in una struttura ospedaliera, a diversi livelli, nel donarvi ai fratelli e alle sorelle sofferenti, con tenerezza e professionalità, quali segni di dedizione a Cristo stesso. Con il suo Natale viene ad abitare in ciascuno di noi, sano o ammalato. Amiamolo rispondendo al suo Amore.
+ Mario Toso
[1] M. DELPINI, Lasciate riposare la terra. Il Giubileo 2025, tempo propizio per una società amica del futuro, Bonardi Grafiche, Milano 2024, pp. 22-23.