[nov 10] Omelia – Conclusione Visita all’Unità pastorale “Modigliana”

10-11-2024

Fratelli e sorelle,

Seguire il Signore Gesù è lo scopo della vita di ogni battezzato. Tutti siamo chiamati, fin dal battesimo, a diventare sempre più conformi al Figlio di Dio. Il cammino cristiano è un cammino di imitazione profonda del Signore Gesù.

A partire da ciò, comprendiamo meglio l’importanza delle parole del Vangelo di oggi (cf Mc 12, 38-44): la vedova getta nel tesoro del Tempio «tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Così, diventa immagine di Cristo, quel Sommo sacerdote che «una volta sola, nella pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di sé stesso» (Eb, 9, 24-28), donando tutto quello che aveva, la sua vita.

È l’offerta totale di sé, il dono gratuito di quanto siamo e abbiamo, che conta davanti a Dio. Al Signore non importa dei nostri soldi. Egli ci chiede la nostra stessa vita, tutta intera, non gli “spiccioli”, non gli avanzi, il superfluo. La vedova mette nel tesoro del Tempio tutto quanto aveva per vivere. E così facendo dona a Dio più di tutti, anche di chi aveva elargito offerte ben più consistenti della sua. Il cristiano, la cristiana sono chiamati ad essere completamente del Signore, a fare di sé stessi un dono totale. Sia che abbiano pochi soldi o ne abbiano molti, il loro cuore dev’essere tutto del Signore. Gesù loda la vedova che dà tutto quanto aveva per vivere. Lei, dona tutta sé stessa, tutto il suo cuore, tutto il suo amore per Dio. I ricchi, gli scribi, invece, danno, con grande ostentazione, il loro superfluo. Essi vogliono apparire generosi, benché la loro offerta, rispetto alle loro possibilità, sia misera. Gli scribi, secondo Gesù, amano ricevere saluti nelle piazze, avere i primi posti, ma sotto le loro apparenze solenni, pompose, nascondono falsità e ingiustizia. Mentre si pavoneggiano in pubblico, usano la loro autorità per divorare le case delle vedove (cf Mc 12,40). Pregano a lungo per farsi notare. Ecco il punto: per Gesù, il vero discepolo dev’essere come la povera vedova: umile, sincera, con un cuore pieno di amore per Dio. I suoi discepoli, i veri cristiani, non devono essere, invece, come gli scribi: superbi, avidi, ipocriti.

A questo punto, cioè rispetto alle urgenze che caratterizzano il territorio dell’Unità Pastorale – dopo le alluvioni e il terremoto, che sollecitano non solo alla riparazione delle chiese fatte di pietre e rese inagibili, ma anche ad una rinascita morale e spirituale delle nostre comunità ancora frastornate dai tragici eventi e dalle gravi calamità -, viene, allora, spontaneo porsi una domanda. Rispetto all’impegno di favorire, nel territorio dell’Unità Pastorale di Modigliana – comprensiva anche delle parrocchie di Tredozio e di Lutirano -, la ricostruzione degli edifici, delle infrastrutture, nonché la prevenzione e la messa in sicurezza dei fiumi, sono più commisurate, o adatte, le persone come l’umile vedova che dona al tempio, alla comunità, tutta se stessa e quello che possiede o sono più utili le persone quali i farisei, presentati da Gesù come superbi, avidi, ipocriti? La risposta alla domanda non è difficile da trovare. Anche i nostri giovani qui presenti, i chierichetti, sono in grado di capire la domanda e di rispondervi.

In questa fase storica, è necessario non solo ricostruire i muri di mattoni, gli edifici, ma è soprattutto urgente compaginare e rafforzare le comunità formate da pietre vive e scelte. Oltre ad essere tutti concordi e ad operare insieme, non possiamo dimenticare la priorità di formare persone nuove, che hanno un cuore umile, pieno di amore per Dio, come lo ebbe la vedova di cui ci ha parlato Gesù. Operiamo affinché le nuove generazioni sappiano scoprire il sogno di Dio su di loro, la loro vocazione di discepoli che sanno seguire Gesù con tutto il loro cuore. Occorre senz’altro spendersi per ristrutturare e per preservare gli edifici delle chiese e dei luoghi comunitari, nel minor tempo possibile. Ma la principale sollecitudine delle nostre comunità parrocchiali dovrà essere quella di non essere sempre più esigue, senza cristiani autentici, senza veri missionari. Oltre ai muri, bisognerà “ricostruire le persone”, far crescere le persone nella loro dimensione spirituale e morale.

Il grande impegno in questo territorio, ove le vocazioni alla famiglia, al presbiterato e alla vita religiosa erano un tempo numerose, sarà quello di continuare a crescere un Popolo nuovo, avente un cuore nuovo, trasfigurato dall’amore di Dio, che lo proietta nella missione.

In modo significativo, il recente Sinodo della Chiesa universale ha sintetizzato le priorità della parrocchia secondo queste linee:

«La comunità parrocchiale, che si incontra nella celebrazione dell’Eucaristia, è luogo privilegiato di relazioni, accoglienza, discernimento e missione. I cambiamenti nella concezione e nel modo di vivere il rapporto con il territorio chiedono di ricomprenderne la configurazione. Ciò che la caratterizza è essere una proposta di comunità su base non elettiva. Vi si radunano persone di diversa generazione, professione, provenienza geografica, classe sociale e condizione di vita. Per rispondere alle nuove esigenze della missione è chiamata ad aprirsi a forme inedite di azione pastorale che tengano conto della mobilità delle persone e del “territorio esistenziale” in cui si sviluppa la loro vita. Promuovendo in modo particolare l’Iniziazione Cristiana e offrendo accompagnamento e formazione, sarà capace di sostenere le persone nelle diverse fasi della vita e nel compimento della loro missione nel mondo. Apparirà così più chiaramente che la Parrocchia non è centrata su sé stessa, ma orientata alla missione e chiamata a sostenere l’impegno di tante persone che in modi diversi vivono e testimoniano la loro fede nella professione e nell’attività sociale, culturale, politica» (Documento finale del Sinodo, 117).

 

Ho citato questo paragrafo del Documento finale poiché sintetizza le linee programmatiche per il futuro che ho già avuto modo di ribadire nella Visita pastorale alle vostre comunità: l’importanza dell’unità, del concepirsi in rete con le altre comunità all’interno del contesto diocesano; la necessità di uno sguardo creativo ed estroverso in ordine alla missione; l’importanza di uno sviluppo continuo dei carismi laicali (che possono esprimersi anche in ministeri istituiti e nei gruppi ministeriali); l’accompagnamento spirituale delle persone, in particolare dei giovani.

Queste sono sfide che non potranno essere ignorate. Su di esse si deciderà il futuro della presenza della Chiesa anche in questo territorio.

Vorrei essere esplicito, per evitare fraintendimenti e dannosi ritardi pastorali: non possiamo aspettare che la soluzione al trend delle vocazioni cada dall’alto, che sia risolta con alcune toppe, messe in atto in maniera disordinata e saltuaria. Il futuro della presenza di una parrocchia stabile in questo territorio dipenderà dalla nostra capacità di suscitare la fede e di nutrirla con generosità e pazienza, dedicando il nostro tempo, offrendo una formazione approfondita, dando la testimonianza di una vita trasfigurata dalla celebrazione dei sacramenti e dalla carità, da cuori accesi dall’amore di Cristo.

C’è bisogno di un nuovo protagonismo da parte di ogni componente della comunità, nessuno escluso. Dal parroco all’ultimo dei battezzati, occorre sentirci tutti insieme corresponsabili della vita della parrocchia, della vita della Chiesa. Il mondo senza Vangelo è senza speranza. Senza la luce del Signore, non solo non è possibile vedere, ma non è possibile vivere e amare. «Solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (GS 22). Siamo luce del mondo con le forze vivificanti del Vangelo.

                                                  + Mario Toso