[nov 03] Omelia – Messa conclusiva Visita Unità Pastorale “Faenza Est”

03-11-2024

Ascolta, Israele!

Questo comando (cf Dt 6, 2-6), che ci è stato consegnato dalla Parola di Dio, costituisce ancora oggi il centro della fede e della preghiera dei nostri fratelli ebrei: «Shemà Israèl», ascolta Israele.

Prima ancora di consegnarci dei contenuti, il Signore ci invita a metterci nell’atteggiamento dei discepoli, dei bisognosi, dei ricercatori: nell’atteggiamento dell’ascolto.

Fratelli e sorelle, la prima cosa che ci chiede il Signore è di udire la sua voce e di orientarci a Lui, non a noi stessi. Il primo passo per una vita spirituale cristiana autentica, che Egli ci propone, è quello di mettere in sordina – non di silenziare – la “mia” voce; è quello di non enfatizzare – non annientare – il “mio” pensiero, per meglio ascoltare la sua voce, l’insegnamento di Colui che ci precede e ci supera. Dio, in definitiva, ci chiede di non avere il pensiero e il cuore ingombri di spazzatura, di tante cose idolatrate, sebbene non essenziali, passeggere, futili. Ci propone di mettere al centro della nostra mente e del nostro cuore Gesù Cristo, il Cuore di Gesù, per riuscire meglio a discernere ciò che è bene e ciò che è valido, per evitare il male e per giungere, con san Paolo, «a vivere Cristo».

Esistono tante persone così convinte e innamorate delle proprie convinzioni personali, che pensano di avere il diritto di imporle agli altri. Gli stessi mezzi di comunicazione, come internet, i social, l’IA, sono spesso organizzati e predisposti in modo da poter convincere, anche in maniera occulta o subdola, la gente, al fine di vendere di più, di propagandare uno stile di vita consumista, accattivante, ma fragile e vuoto di senso.

L’io chiuso in sé stesso, che fa indigestione delle proprie idee, annulla il dialogo con gli altri, con Dio. Rende gli altri specchi del proprio punto di vista, del proprio “ego”. L’invito di Adonai, invece, ha la capacità di sbilanciarci, di decentrarci, di porci nella condizione del bambino, del figlio, dell’anziano: tutte persone che hanno bisogno di aiuto, che riconoscono il bisogno di molteplici relazioni di solidarietà per vivere, per crescere.

Durante la Visita pastorale ho potuto constatare che tutti dobbiamo riscoprire quell’atteggiamento spirituale che ci tiene aperti agli altri, che ci mette nella condizione continua di chiedere aiuto, il sostegno, la presenza del Signore. Senza l’aiuto di Dio, senza il suo amore, senza la sua presenza, come senza l’aiuto del nostro prossimo, siamo più fragili ed incerti nel volere e nel compiere il bene, nel vivere la fraternità, la giustizia e la pace.

Carissimi, ascoltiamo la Parola del Signore. Sappiamo metterci in discussione a partire dalla meditazione assidua della Scrittura, dalla costante e fedele celebrazione dell’Eucaristia, dall’impegno per i più poveri nel corpo, nello spirito, nella cultura. La fede nell’unico Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo -, che è Dio Trino, ci struttura in termini di relazione, di gratuità, di dono, di fraternità con tutti.

Tessere relazioni nuove, fraterne, generose, libere: questa è la sfida racchiusa nella nostra fede. Poiché il Dio che amiamo sopra ogni cosa è un «noi» di Persone in comunione tra di loro, fatte per l’Amore, siamo chiamati ad essere amore, dono reciproco, condivisione, esultanza in Dio.

A noi, compaginati come persone fatte per la comunione, per il dono reciproco, per il servizio agli altri, è chiesto, pertanto, di annunciare Dio, di celebrarlo e di testimoniarlo in una vita che si fa dono incessante, che è aperta nel servizio ai nostri fratelli, al bene comune, al bene di tutti. È il nostro essere ad immagine di Dio Trino ed uno che, in un contesto di guerre, di individualismi esasperati, di isolazionismi antropologici e sociali, ci sprona ad essere persone maggiormente capaci di sognare ad occhi aperti, come ci ha invitati a fare nei suoi appunti don Dal Pozzo, parroco a Taglio Corelli (Alfonsine), che ho citato nel mio incontro con voi. Essere, cioè, persone che coltivano sia la comunità ecclesiale sia la comunità civile, costi quel che costi, coltivando la mistica del bene comune. Nessuno può fiorire sulla tomba della propria comunità. Tutti sono chiamati, come fanno gli scout, ad alimentare il fuoco, che li riscalda e li illumina. La propria comunità e la propria associazione divengono più belle ed attrattive se ci impegniamo non solo a ricevere ma anche a dare. Per riuscire in ciò, impegniamoci a trovare maestri di spirito, disponibili ad accompagnarci per cogliere il sogno di Dio su di noi. Tutti i santi hanno ricercato e avuto guide spirituali. L’accompagnamento spirituale e la partecipazione al sacramento della riconciliazione sono il segreto per far crescere nella Chiesa vocazioni forti al matrimonio, al sacerdozio e alla vita consacrata.

Il primo segno dell’incontro e dell’unione con il Signore, il missionario per eccellenza, è la condivisione e la corresponsabilità nell’evangelizzazione. L’Unità pastorale non può rimanere una espressione vuota. Deve, invece, diventare un’effettiva unità dei cuori nel cuore di Gesù Cristo, come ci sollecita a vivere l’ultima enciclica di papa Francesco Dilexit nos. Condividiamo prospettive pastorali, risorse, gestione delle iniziative formative, in ordine all’annuncio del Vangelo da parte di tutti. Come battezzati in Cristo siamo chiamati a camminare insieme, siamo sollecitati a convergere, ad essere Paradiso gli uni degli altri: per annunciare a tutti il Vangelo di salvezza del Crocifisso e del Risorto. Specie in una situazione di estrema secolarizzazione, di crescita dell’analfabetismo religioso, di percorsi formativi talora disparati se non paralleli, bisogna unire le forze, occorre coltivare un sentire comune, occorre possedere un cuore unito: un cuore ardente e innamorato del Signore che, oltre a garantire la comunione con Gesù Cristo, promuove un’intensa ed efficace opera missionaria e di educazione alla fede, un nuovo pensiero e una nuova cultura nel nostro territorio.

Abbiamo bisogno, pertanto, di una rinnovata conversione missionaria e pastorale, da parte di tutte le nostre associazioni, di tutte le nostre strutture ecclesiali e sociali. Non possiamo negarci che oggi l’evangelizzazione e la fede sono il «caso serio» della Chiesa. Lo sono, forse e soprattutto, nelle attuali condizioni storiche di «piccolo gregge», di pronunciata indifferenza nei confronti di Dio, di nihilismo. Ma l’impegno missionario va vissuto anche nei confronti di quei cristiani che immigrano nel nostro Paese, per varie ragioni.  A fronte di non pochi immigrati e stranieri dobbiamo investire insieme, in cammini di integrazione a livello sociale, linguistico, etico, culturale, soprattutto a livello di dialogo religioso[1].

È sempre più urgente risvegliare e promuovere i molteplici carismi laicali che lo Spirito non smette di donare alle nostre comunità. Non possiamo accontentarci di laici che “collaborano” saltuariamente: abbiamo bisogno di laici corresponsabili, ossia di persone generose che sappiano fare costantemente proprie le necessità della Chiesa. Non bastano i tanti ministeri “di fatto” (a volte questa è una semplice etichetta che non richiede tanto sforzo) ma abbiamo bisogno di persone che sappiano sostenere, in maniera stabile, le attività delle comunità ecclesiali, dei gruppi, il lavoro pastorale del parroco, con l’ausilio di gruppi ministeriali, composti da persone scelte, preparate, infiammate di amore per Gesù Cristo.[2]

Ascoltando il Signore, dando tutto noi stessi a Lui, nell’annuncio, nella celebrazione, nella carità, nell’apostolato, nella catechesi, la vita dei credenti diventa più ricca di senso, più eloquente sul piano della testimonianza: abbiamo bisogno di cristiani innamorati del Signore, cattolici che hanno il “sapore” evangelico, che non sono insipidi e che non mimetizzano la propria identità.

Non dobbiamo aver paura di amare con «tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» il Signore Gesù: Egli non delude mai il desiderio profondo di Lui che abita nel nostro cuore. Vi risponde e lo incrementa rendendolo partecipe della sua offerta e del suo Sacerdozio, che non tramonta mai.

Solo se saremo capaci di ascoltare il Signore nostro Dio, ameremo. Ascolto di Dio, senso della vita e crescita nell’amore si intrecciano. Se il Cuore di Gesù vivrà in noi, nelle nostre comunità ed associazioni saremo felici e renderemo felici gli altri. Saremo paradiso gli uni degli altri. Irradieremo una vita trasfigurata, attrattiva, che proviene dal Risorto, e ci introduce sempre di più nel Regno di Dio.

                                            + Mario Toso

 

[1] Cf M. Toso, Uomini e donne in cerca di pace, Società Cooperativa Sociale Frate Jacopa, Roma 2018.

[2] Cf M. Toso, Nuova evangelizzazione: luoghi pastorali. Sussidio pastorale per l’anno 2020-2021, Tipografia Faentina 2020, pp. 15-32.