Cari fratelli e sorelle,
cari fratelli nel presbiterato,
le letture di questa solennità sembrano sminuire l’importanza del luogo sacro, della chiesa come spazio per la preghiera.
Infatti, abbiamo ascoltato la preghiera di Salomone a Dio, che giustamente evidenzia come «i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito!», poiché nulla può contenere Dio e la sua infinità.
Lo stesso Gesù sembra rimarcare l’insufficienza di ogni edificio per la giusta adorazione di Dio. Alla samaritana che gli chiede il luogo «in cui bisogna adorare», le risponde: «né su questo monte né a Gerusalemme […]; i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità».
«Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità» conclude l’evangelista Giovanni.
Dio è spirito, Dio è infinito e immensamente altro rispetto alla nostra finitezza: eppure il Figlio di Dio si è fatto carne, è venuto ad abitare nell’umanità, nelle dimensioni dello spazio e del tempo. Così spazio e tempo, la corporeità dell’uomo, la sua anima sono anche il luogo ove incontrare il divino. L’uomo, unità di anima e corpo, è costitutivamente “capace” di relazionarsi con l’incommensurabilità di Dio.
Questo avviene ovunque, ma anche in ciò che chiamiamo Chiesa, dimora costruita dalle mani dell’uomo, segno o sacramento del tempio edificato con pietre vive e scelte, cementate nella carità con la forza dello Spirito. La Chiesa, popolo di Dio, riunito nel tempio, tiene insieme umanità e divinità, in una relazione reale e non astratta.
Non possiamo rinunciare alla via sacramentale, al linguaggio simbolico perché è la via «che la Santissima Trinità ha scelto per raggiungerci nella carne del Verbo», ci dice Papa Francesco (DD 44). Non possiamo usare una via diversa dalla via scelta dal Signore Gesù per raggiungerci.
Ecco perché Dio si può pregare in ogni luogo, eppure abbiamo bisogno di innalzargli le Cattedrali. Dio è presente nell’amore vicendevole, eppure abbiamo bisogno di spezzare il pane dell’Eucaristia su un altare consacrato per partecipare alla sua Pasqua. Dio è in ogni fratello che cammina con noi nella sua sequela, eppure non smette di guidarci attraverso la presenza del successore di Pietro, dei vescovi, dei presbiteri, dei diaconi.
Solo a partire da queste premesse capiamo perché in ogni tempo gli uomini hanno costruito, in mezzo alle proprie case, una casa “per Dio”, un luogo familiare in cui poter vivere la relazione con Lui in modo particolare. Abbiamo bisogno di vedere, di sperimentare la vicinanza di Dio attraverso la concretezza di mura, attraverso la bellezza di chiese o cattedrali.
Mentre vediamo tanti elementi ordinati, tanti archi, tanti gradini che compongono un unico spazio, noi ci riconosciamo come quelle pietre che, ognuna al proprio posto, edificano l’unica Chiesa di Dio.
In questo luogo ci riconosciamo come un unico Popolo missionario, chiamato e spinto fuori dai soliti recinti, per annunciare ad ogni uomo la salvezza operata da Cristo. Nel Mistero eucaristico, che in ogni altare si rinnova, Gesù si fa realmente presente per attirarci tutti a sé, per assimilarci a Lui, per unirci a Lui, facendo di noi una cosa sola con Lui. Tutti insieme formiamo il suo edificio attorno alla pietra angolare scartata dai costruttori.
In questa chiesa cattedrale, madre di tutte le chiese di questa terra diocesana, riconosciamo il dono della cattedra del Vescovo che presiede nella carità e nel servizio ogni altra chiesa, luogo in cui riconosciamo il dono della successione degli Apostoli.
Grati del dono di questa magnifica Cattedrale, che ci ricorda l’importanza della via sacramentale per l’incontro con Dio, preghiamo il Signore perché ci renda sempre più capaci di riscoprirci discepoli missionari, «popolo del suo pascolo, gregge che Egli conduce» (Sal 99). Come scrive Pietro, al quale è dedicata questa cattedrale, stringiamoci attorno alla pietra viva che è Cristo. Siamo pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo (cf 1 Pt 2, 4-5). Mediante la fede, come suggerisce sant’Agostino, siamo come legni e pietre presi dai boschi e dai monti, dalle pianure, per la costruzione. Mediante il battesimo, la catechesi e la predicazione veniamo sgrossati e levigati. Siamo, però, compaginati come popolo di Dio solo dalla carità. Secondo un determinato ordine, mutuamente e strettamente giustapposti e coesi diventiamo davvero casa di Dio che non teme di crollare (cf Serm., 336).
+ Mario Toso