Faenza, Chiesa del Paradiso, 13 ottobre 2024.
Cari fratelli e sorelle,
il Signore chiama ciascuno di noi a vivere una vita nuova, una vita piena. Lo riconosciamo nel racconto evangelico, dove Gesù accompagna gradualmente, ma in maniera chiara e diretta, i suoi discepoli ad una comprensione nuova della giusta relazione con Dio.
Il “tale” che va incontro a Gesù e si getta in ginocchio davanti a lui non ha un nome. Rappresenta ciascuno di noi. Sia che siamo ragazzi, giovani, sia che siamo adulti o anziani tutti dobbiamo sentirci chiamati in causa davanti al Signore che fissa lo sguardo su di noi, ci ama e ci sollecita così: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri […]; e vieni! Seguimi!» (cf Mc 10, 17-30).
Come reagisce colui che con entusiasmo si era presentato al Signore e che gli fa una proposta radicale: «una cosa sola ti manca»…? L’evangelista Marco precisa che, a fronte della proposta radicale di Gesù, il volto di colui che gli era venuto incontro si fece scuro e se ne andò rattristato. Perché? Perché possedeva molti beni. Il suo cuore era legato ad essi. Non se la sentì di staccarsi dai beni a cui era affezionato, per abbracciare Gesù in maniera incondizionata. Detto diversamente, il Signore gli aveva chiesto di mettere al di sopra di tutto, al centro del suo cuore, Gesù stesso. Gli domandò di fargli spazio nella sua vita, di donarsi a Lui e di seguirlo condividendo la sua missione. Gli chiese di fare della propria vita un’esistenza con Gesù, per Lui, vivendo Lui, annunciando Lui.
È a questo punto che chi si era spinto all’incontro con Gesù non se la sentì di svuotare il suo cuore per mettere il Signore al primo posto, per dargli il primato nella sua vita. Non ebbe il coraggio di compiere il passo decisivo: quello di abbracciare Cristo, la sua vita di amore, il suo amore senza limiti. Non comprese che scegliendo Gesù Cristo entrava letteralmente nella vita eterna che gli aveva chiesto. Non capì che seguire Cristo era accogliere la vita in pienezza di Dio, una vita di gioia, senza limiti.
Noi, battezzati, cresimati, noi che partecipiamo all’Eucarestia, siamo invitati a vivere Cristo, in Lui, per Lui. Gesù il Signore ci invita a mettere Lui al centro della nostra vita.
Ci sollecita a fare una scelta fondamentale: essere suoi, essere uniti a Lui, il missionario per eccellenza. Ci ama ancora prima della scelta di seguirlo. Fissa lo sguardo su di noi, ci ama, ci chiede di fidarci solo di Lui e ci chiama a seguirlo per essere missionari come Lui.
Non ci deve sorprendere che questo invito così importante non sempre venga accettato: basare la propria vita su Cristo e la sua Pasqua, e non su noi stessi, è una sfida continua perché la cultura consumistica e utilitaristica di oggi ci spinge a mettere al primo posto il nostro io, le nostre scelte idolatriche. Mettere al centro del nostro cuore Gesù Cristo ci chiama a mettere ordine nel cuore, a posporre, rispetto a Lui, il nostro io, i nostri piccoli progetti, per fare spazio alla sua Persona, al suo Amore. Ponendo Cristo al primo posto non rinunciamo alla nostra libertà: viviamo la scelta di farci una famiglia, di vivere le nostre amicizie, di svolgere la nostra professione, di andare incontro al povero, di vivere la politica con il cuore, con l’amore di Cristo stesso. Capovolgiamo la gerarchia dei nostri beni-valori.
Nella preghiera per la Visita pastorale abbiamo pregato Gesù Cristo, come Colui che è “esigente”: questa parola può sembrare dura se non si relaziona alla serietà dell’amore. Chi ama davvero è esigente, vuole il meglio per l’altro. Così è Gesù, ci ama a tal punto che fino alla fine dona sé stesso e ci chiede di fidarci del suo amore che supera ogni peccato.
A voi, cari fratelli e sorelle, il mio invito, allora, è di fidarvi del Signore, sempre, in ogni occasione e in ogni iniziativa. Solo amando come ama Gesù potrete fare chiarezza sul vostro cammino personale e comunitario. Solo così sarà più forte il vostro senso di appartenenza a Cristo e alla sua Chiesa, quella comunità che ci accoglie, ci nutre e ci edifica cristianamente ed umanamene.
Tutti desideriamo una Chiesa giovane, accogliente, gioiosa, però sono sempre gli altri che devono realizzarla. E mentre noi demandiamo ad altri l’edificazione di una comunità rinnovata, non ci accorgiamo che sono sempre meno coloro che sono disposti a donare la propria vita per la Chiesa e il Signore.
Invito, pertanto, voi e tutte le varie componenti ecclesiali a cui appartenete, soprattutto quelle che si sentono staccate dalla vita parrocchiale, a vivere con più determinazione e responsabilità nella vita della comunità ecclesiale. Sembra un contro senso, ma al giovane che ha molti beni il Signore chiede di lasciare tutto, ovvero lo chiama attraverso il suo difetto, l’eccessivo attaccamento ai beni materiali. Pietro è stato chiamato attraverso le sue tre imperfette professioni di fede. Così, Paolo venne chiamato mentre perseguitava in maniera accanita Cristo nei suoi discepoli.
Penso che, per migliorare le nostre comunità, è giunta l’ora di investire di più e meglio sul nostro amore a Gesù, che tutti ci unisce in Lui nella comunione tra di noi. Investiamo maggiormente in cammini condivisi, in orizzonti comuni, in armonia con tutta la nostra comunità parrocchiale e la nostra Chiesa diocesana. Se noi notiamo distanze, anche percorsi che radunano consensi e molte persone, ma ripiegati su sé stessi, incapaci di entrare in dialogo con la parrocchia, paralleli alla vita comunitaria, dobbiamo investire maggiormente in percorsi di formazione, di accompagnamento perché più persone e più associazioni/movimenti riscoprano e partecipino alla vita comunitaria, per renderla più viva, più evangelica.
La scelta fondamentale che dobbiamo compiere non è tanto una scelta organizzativa ma di fede. Oggi, forse, siamo più disposti a credere in un Dio lontano, in un’entità che ci è superiore, ma non tanto a riconoscerlo come Gesù Cristo, il vivente, presente nella nostra storia, presente nella sua Chiesa, fatta di volti concreti e persone.
Il nostro partecipare alla comunità non deve essere immaginato o vissuto in maniera “consumistica”, come un partecipare che punta alla gratificazione individuale, senza dare il proprio contributo. Io partecipo nella misura in cui sono gratificato, così si pensa egoisticamente. La vera partecipazione è contraddistinta dalla gioia del Vangelo e della spinta missionaria verso tutti, del dono di sé stessi in maniera disinteressata, dell’amore reciproco.
Tutti noi pensiamo che sia indispensabile che nelle nostre comunità ci siano coloro che celebrano il sacrificio vivente di Cristo, rimettano i peccati nel nome del Signore, annuncino e testimonino il Vangelo, ci inviino come missionari, ci educhino alla fede, benedicano le nostre vite. Ma quanti di noi si accorgono che nei nostri territori non solo diminuiscono i matrimoni cristiani, i battesimi ma anche i sacerdoti e le persone consacrate? Come immaginiamo fra pochi anni le nostre comunità, che ora vogliamo belle, gioiose, attraenti, dinamiche, vive nella carità di Cristo, capaci di generare una nuova cultura che contrastati efficacemente le culture immanentiste e tecnocratiche? Credo che potrebbe tornarci utile l’immagine che ci viene dal mondo scout, quella del falò. Il falò crea gioia e riscalda nella notte soprattutto se ci sono giovani e persone che provvedono ad alimentarlo. Così è per le nostre comunità ecclesiali. Esse possono essere accoglienti, vicine, giovani, gioiose se vi saranno persone che, innamorate di Gesù Cristo, sapranno donarsi a Lui e ai fratelli, lasciando tutto, dedicandosi interamente al Signore, ad amarlo, ad annunciarlo e a testimoniarlo in maniera credibile. Vi auguro un buon cammino.
La maturità della comunità emerge dalla capacità di suscitare vocazioni, in particolare vocazioni di speciale consacrazione, che vanno accompagnate con costanza dal punto di vista spirituale. Sappiate, dunque, tenere acceso il fuoco d’amore per Cristo, l’unico centro di ogni attività, il centro che ci pone tutti alla stessa distanza e tutti fraternamente uniti, pur nelle differenze, nell’unica fonte di pace e gioia che è il Risorto. Lodo, quindi, e incoraggio coloro che si presenteranno davanti al Vescovo per essere istituiti Lettori e Accoliti il cui impegno è espressione di una risposta generosa nei confronti della chiamata che il Signore ha loro rivolto per il servizio alla comunità ecclesiale.
Candidati al Lettorato:
Gigliola Melandri della Parrocchia di S. Martino in Reda,
Lucia Patuelli della Parrocchia di S. Michele Arcangelo e di S. Pietro Apostolo in Bagnacavallo.
Candidati all’Accolitato
Giorgio Ceroni della Parrocchia di S. Pietro in Fognano,
Elide Cicognani della Parrocchia di S. Barnaba,
Guido Zarlenga della Parrocchia di S. Procolo alla Pieve Ponte.
+ Mario Toso