[ago 15] Omelia – Solennità dell’Assunta

15-08-2024

Faenza, solennità dell’Assunta 15 agosto 2024.

La vita di Maria santissima che accoglie la proposta di Dio di divenire Madre del Figlio di Dio – e, pertanto, è sempre unita al Figlio che si incarna, muore e risorge – si conclude su questa terra in una maniera straordinaria, impensata: con la sua assunzione alla gloria celeste, in anima e corpo. Quest’ultimo non subisce corruzione. In Maria contempliamo gli effetti della Pasqua del Figlio che porta all’umanità divinità, incorruttibilità e trasfigurazione. La solennità dell’Assunta ci annuncia quanto condivideremo con la Beata Vergine, pur passando attraverso la morte e la corruzione del corpo. Al pari di Lei saremo trasfigurati e resi incorruttibili. Lei costituisce per noi un segno di sicura speranza e di consolazione.

Dobbiamo, allora, pensare alla nostra vita terrena come a un cammino che giunge ad un approdo di pienezza, in maniera intramontabile. Non finiremo nel nulla, bensì nell’abbraccio di Dio. Tutto questo ci riempie di gioia, benché sulla nostra strada incontriamo malattie, sconfitte morali, limiti che ci condizionano e ci fanno soffrire. Siamo fatti per Dio, per il suo amore eterno, per l’Infinito. Mentre siamo quaggiù siamo chiamati a partecipare alla missione del Verbo che si incarna e arricchisce ogni uomo e ogni donna della sua capacità di amare, di trasfigurare anche le croci.

L’Assunzione di Maria in cielo con un corpo glorificato ci ricorda un pilastro fondamentale della nostra fede: siamo redenti e trasfigurati in tutto il nostro essere, compresa la nostra corporeità. Questa verità, che spesso dimentichiamo, la professiamo nel Credo ove diciamo che aspettiamo la risurrezione dei morti e, quindi, anche del nostro corpo.

Cosa può voler dire per noi che viviamo su questa terra sempre come un’unità strettissima tra anima e corpo.

Noi in questo mondo non abbiamo un corpo. Siamo il nostro corpo che viviamo e con il quale operiamo, comunichiamo, esprimiamo il nostro pensiero, il nostro affetto, la nostra cura per gli altri. Se il Signore Gesù incarnandosi assume tutta la nostra umanità, in anima e corpo, e la redime, e la trasfigura, è chiaro che non dobbiamo attendere la glorificazione ultima della nostra corporeità solo alla fine del nostro pellegrinaggio terreno. La redenzione e la trasfigurazione della nostra corporeità, assieme a quella dell’anima, incomincia già su questa terra.

Come credenti in Cristo incarnato, morto e risorto siamo chiamati a percorrere la via della sua incarnazione nell’umanità, in quella corporeità che siamo e mediante la quale manifestiamo il nostro essere interiore, ci relazioniamo con gli altri, con il creato. Detto diversamente, in forza della redenzione e della trasfigurazione, iniziate dal Verbo incarnato, siamo chiamati a prenderci cura del nostro corpo, della corporeità dei nostri fratelli e sorelle, specie quando la incontriamo nella sua fragilità, nella vita nascente o nella vita al suo tramonto o segnata dalla malattia.

La solennità dell’Assunta, dunque, ci sospinge non solamente a guardare al nostro destino di quando saremo in paradiso con il Cristo Risorto che ci attende lassù, ma anche all’impegno di onorare, servire, curare la corporeità che ci costituisce in quanto esseri umani. Per noi battezzati, viventi in Cristo, è una corporeità che merita amore soprattutto perché nel Battesimo diviene la dimora del Signore Gesù e del suo Spirito, che tutta la pervade.

Questi semplici cenni, peraltro incompleti, vorrebbero sensibilizzare su un compito che tutti abbiamo e che attuiamo il più delle volte spontaneamente: realizzare un impegno di trasfigurazione del nostro corpo vivendo in noi l’amore di Cristo nelle varie attività e situazioni. Chi cammina nella Carità, nel modo in cui anche Cristo ha camminato, rende bello tutto il suo essere, e quindi anche il suo corpo. Cristo stesso sulla croce ha attirato a sé il mondo perché nel suo corpo piagato e ferito si è manifestato il suo dono a Dio e agli uomini come un’offerta allo stato puro. I nostri nonni che nella loro vecchia si incurvano e continuano a lavorare, ad accudire i nipotini con tutte le loro energie, ci mostrano un’esistenza che si consuma nel dono di sé. Come è bello vedere ed incontrare persone, genitori e nonni, che camminano e vivono nella carità con tutte le loro energie, consumandosi.

Ma è altrettanto bello vedere ed incontrare tutti coloro che lavorano con passione e competenza negli ospedali, nelle case protette e compiono prodigi d’amore nella cura delle persone ammalate, con una missione silenziosa, incessante, talora eroica, perché, come sappiamo, le condizioni non sempre sono ottimali.

In questa solennità e in questa Eucaristia preghiamo per tutti coloro che si prodigano, in un modo o nell’altro, nel sostegno di coloro che non hanno mobilità completa e necessitano di sostegno, di accompagnamento per condurre un’esistenza meno emarginata e meno amata, meno accompagnata. Ringraziamo per tutte quelle associazioni e cooperative, sorte in questi anni, che riescono, con l’aiuto di tanti volontari e delle istituzioni, ad organizzare momenti di solidarietà e di distensione al mare per giovani e persone disabili.

Come la Madonna, che apprende la sapienza dell’amore che si dona ai piedi della croce e riceve lo Spirito santo nel Cenacolo, concorre a rigenerare l’umanità donando al mondo Gesù Cristo, vivendo un’esistenza trasfigurata dall’amore del Figlio, così noi credenti diventiamo protagonisti di relazioni, di istituzioni rinnovate spiritualmente, moralmente, culturalmente. Diventiamo tutti insieme artigiani di pace e di giustizia, per sbaragliare la cultura dello scarto, che esclude dal bene comune i più fragili e i più poveri.

                                                 + Mario Toso