Cari fratelli e sorelle,
il Tempo di Pasqua, attraverso la lettura degli Atti e del Vangelo di Giovanni, ci immerge nei racconti della prima predicazione degli Apostoli. Una predicazione vigorosa, semplice, essenziale, non impegnata a costruire sistemi di pensiero astratti, ma a presentare un avvenimento, un evento che ha cambiato il corso della vita dei discepoli.
Abbiamo ascoltato nel racconto della predicazione di Pietro nella prima lettura: «Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti», «[…] è la pietra che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.
In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4, 8-12).
Carissima comunità di Errano, Celle, Castel Raniero, ecco il centro del nostro essere Chiesa, del nostro essere Parrocchia o, meglio, Unità pastorale. Ecco la pietra sulla quale deve essere fondato ogni aspetto della nostra comunione, ogni iniziativa apostolica, ogni progetto di missione: Gesù Cristo, Colui che, incarnato, morto e risorto, dà pienezza alla nostra vita. In Lui si realizza un’umanità perfetta. Solo chi vive Cristo e costruisce una nuova umanità a partire da Lui, può accendere nuove albe nella sua famiglia, nelle associazioni, tra i giovani.
La Scrittura non presenta altre alternative. Vi si legge: «in nessun altro c’è salvezza». Nessun altro può donarci la vita vera, la libertà autentica, l’unità nella differenza propria di ciascuno. E questo perché?
Solo Lui è il pastore che ci conosce, che ci ama, fino a versare il suo sangue per noi. Riconosciamo che è il nostro Pastore perché dona la sua vita – una vita piena d’amore – liberamente per noi.
Non è costretto da nessuno: è pienamente libero nell’amore. Ama in maniera unica e traboccante noi sue pecore, senza limite. È rispondendo al suo amore che le pecore gli appartengono, diventano sue. Pastore e pecore diventano una cosa sola, come il Figlio è unito al Padre, perché accoglie la vita che gli è donata. È ascoltando la voce del Pastore e accogliendo la sua vita che i credenti, divengono una sola comunità, un solo gregge, un cuor solo e un’anima sola. Senza il Pastore, che dona a loro la vita, le pecore non possono fare nulla, non sono in grado di rispondere al suo Amore. Le pecore se desiderano portare frutto devono rispondere all’amore del Figlio e rimanere unite a Lui. È rimanendo uniti al Figlio, come i tralci alla vite, che si stabilisce l’unità della comunità, della Chiesa.
Questa è la radice dell’unità: «Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore». Non partiamo da noi stessi, ma dall’ascolto della sua Parola, della sua voce. Lui ci parla, ci chiama, per donarci unità, gioia, vita nuova. Occorre che rispondiamo al suo amore e ci offriamo a Lui.
Al primo posto ci siano, dunque: la fede, la conoscenza di Gesù Cristo, ma soprattutto l’amore a Lui, il dono di noi stessi a Lui. È così che giungiamo a riconoscerci fratelli e sorelle, uniti in un’unica comunità. Poi, tutto il resto viene di conseguenza: se abbiamo chiaro che il fine è l’amore per Gesù Cristo, la conseguenza non può che essere l’annuncio del suo Vangelo di salvezza e gioia, la celebrazione della sua Pasqua nell’Eucaristia, la vita missionaria con Lui, la vita nella carità e nella prossimità verso i più piccoli. La catechesi diventerà non un insieme di iniziative, ma un’iniziativa creativa e integrata per far «toccare», sperimentare questo amore, per rispondergli con slancio. L’accompagnamento dei giovani non sarà solo un’attività ricreativa, ma un far vivere l’esperienza spirituale dell’innamoramento di Gesù Cristo, un ardere e un consumarsi d’amore per Lui.
L’esperienza dell’evento di Cristo incarnato, morto e risorto ci farà sentire l’urgenza di una nuova pastorale d’insieme che rilancia la stessa pastorale sociale, come ci si è proposti di fare a Castel Raniero, nell’incontro con il mondo della produzione nel Centro ACLI.
Le relazioni fra di noi, se hanno Cristo come centro, cambiano gli stili di vita: dove ci sono il Signore e la sua Parola non può che esserci libertà, generosità, servizio. Come persone che vivono inserite in Cristo, a motivo del Battesimo, i credenti esprimono una vita nuova, di misericordia, di giustizia e di pace. Senza Cristo, senza l’Uomo Nuovo – mettendo, cioè, tra parentesi la propria identità cristiana, l’appartenenza al Signore Gesù –, diventiamo funzionali ai sistemi esistenti. Ci si abbassa a livelli culturali minimali, di fatto rinunciando a costruire un mondo migliore. Non ci si forma come persone libere, dotate di un pensiero pensante, di senso critico, capaci di passare dal disincanto alla speranza.
In questa Messa conclusiva della visita pastorale, vogliamo pregare e impegnarci concretamente, in modo particolare, nella maturazione e nel discernimento della chiamata del Signore. Se ci teniamo al nostro futuro non siano lasciati al caso, ma siano una priorità di tutta la nostra Chiesa e di tutte le nostre Unità pastorali. La vita con il Signore è bella. Solo rispondendo liberamente alla sua chiamata all’amore diventiamo pienamente persone responsabili!
Questa terra, madre di Santi e Beati che hanno trovato nel Signore lo scopo della vita, possa ridiventare una terra di annuncio, di accompagnamento nella fede nel Risorto, perché i giovani sperimentino che ha senso ed è bello seguire il Signore più da vicino, formandosi una famiglia cristiana o in un ministero ordinato o nella consacrazione religiosa. Vale la pena lasciare tutto e seguirlo, amarlo, conoscerlo sempre più.
La nostra Chiesa ha bisogno di giovani generosi: preghiamo perché ognuno di noi sia testimone credibile della bellezza e dell’amore del Signore.
+ Mario Toso