[apr 14] Omelia – Messa conclusiva Visita pastorale Sant’Agata e Villa San Martino

14-04-2024

Carissimi fratelli e sorelle,

il tempo pasquale è tempo di risveglio della fede. Mentre ammiriamo stupiti la vitalità della natura che in questa primavera, nonostante le devastazioni della alluvione, sta riempiendo i nostri campi di una molteplicità di colori diversi, siamo condotti attraverso la liturgia a ridestare in noi la fede nel Risorto.

Il centro della nostra fede è proprio quanto abbiamo ascoltato con insistenza nelle letture di oggi: «Avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato dai morti: noi ne siamo testimoni» (At 3, 13-15, 17-19).

Gesù Cristo è morto ed è risorto, e noi tutti, battezzati in questo mistero pasquale, siamo testimoni che la sua risurrezione non è solo un simbolo rassicurante, o una speranza in un futuro prossimo ove riscattare quanto non funziona nel nostro oggi. Noi siamo testimoni che Lui è presente e vivo in mezzo a noi, adesso! Egli ci redime, ci salva, perché dà a noi sé stesso, Dono allo stato puro, per cui anche noi possiamo offrire a Dio e ai nostri fratelli tutto noi stessi.

Non dobbiamo aver paura di credere, come afferma con forza il Concilio Vaticano II. Mentre ascoltiamo le letture, il Vangelo, mentre spezziamo il pane, mentre entriamo in comunione con il mistero di amore che è Gesù Cristo, Lui non è lontano. È realmente presente. Proprio Lui che mangiamo e condividiamo ci unisce e ci rende un corpo solo, per Lui e il Padre. Un’armonia nuova deve suonare nelle nostre vene. Sboccia la meraviglia di una rinascita che in noi sa di primavera e invita a guardare alla vita con rinnovato stupore, alla metamorfosi di un nuovo inizio. All’armonia interiore nei nostri animi deve corrispondere nella comunità cristiana una pastorale d’insieme, avente al centro il dinamismo missionario proprio dell’Eucaristia. Le nostre famiglie, come il mondo sociale – lavoro, coltivazione della terra, transizione ecologica, partecipazione politica – reclamano una pastorale che investe sulla preparazione ecclesiale e culturale del laicato.

 

Non dobbiamo essere turbati di ciò che avviene in noi. Non devono sorgere dubbi nel nostro cuore. È Lui che ce lo dice: «Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24, 38-39). E, Lui che ci invita a fare esperienza della sua incarnazione, morte e risurrezione, ci invia per servire il Regno. Non c’è nessun ambiente di vita sociale nel quale al cristiano non sia richiesto di essere sale e lievito. La vita nuova del Risorto chiede di essere testimoniata in famiglia, come nel mondo della scuola e in quello del lavoro, dell’amministrazione, della giustizia; nell’ambito dell’assistenza e della sanità che sta divenendo sempre più precaria. Chi è chiamato ad essere anima del mondo è sollecitato a riflettere seriamente su quanto il pontefice più molte ci ha invitati a prendere posizione su scelte morali implicanti rispetto incondizionato della dignità umana, sulla pace, sulla tratta degli esseri umani, sulla violenza sessuale, sui femminicidi, sulla maternità surrogata, sul falso diritto all’aborto, sull’eutanasia, sulle pericolose forzature della teoria del gender come pensiero unico.

Quante volte la relazione che abbiamo con Gesù è come se fosse una relazione con un fantasma, con un’entità sfuggente e indefinita che, in definitiva, non trasforma la mia vita, non la cambia, non genera un pensiero più conforme all’altissima dignità della persona.

Ma Lui è realtà presente che opera e trasforma. Se crediamo in Lui la vita cambia, non è più la stessa. La fede in Lui, nella sua Chiesa, la vita nel suo Corpo ci pone in un’altra dimensione. Viviamo con Lui, in Lui, per Lui, in un’estasi d’amore continua.

Un segno eloquente di questa vita nuova è che siamo chiamati a vivere da fratelli, a formare un cuor solo e un’anima sola. Dobbiamo pensare di vivere insieme non solo come collaboratori, bensì come corresponsabili, uniti in una stessa comunione e missione. I collaboratori offrono alla comunità un aiuto specifico e momentaneo, non continuativo. Rispondono ad un’esigenza particolare: non si sentono parte integrante della famiglia. La corresponsabilità nasce, invece, dal percepirsi parte di un’unica famiglia, dal formare un tutto in cui ognuno è responsabile dell’altro. Si traduce in condivisione dei pesi e delle responsabilità, delle preoccupazioni e delle necessità. Non è un dare una mano “ogni tanto”, ma è essere presenti nella comunione con continuità e costanza di servizio, di dono di sé stessi.

 

Lo abbiamo vissuto nei giorni tragici dell’alluvione e lo stiamo vivendo nella ricostruzione che è lontana dall’essere conclusa. Abbiamo sperimentato la differenza fra una comunità che si sente famiglia, in cui ci si aiuta a vicenda con continuità, e l’essere un gruppo di volontari che giunge da lontano a dare una mano preziosa, ma poi lascia giustamente il campo. Abbiamo sperimentato soprattutto che le comunità sia civile sia cristiana rinascono più efficacemente quanto più le persone si impegnano in modo comunitario, operando insieme. Il cammino sinodale celebrato in questo tempo lo riconferma.

La comunità cristiana che vive in questo territorio, come quelle che vivono nella nostra Diocesi, ma non solo, non hanno alternative: o ciascuno di noi – come singolo, come famiglia, come associazione – diventa corresponsabile dell’annuncio, della celebrazione, della carità di Gesù Cristo, o le nostre comunità non avranno futuro, rimarranno prive di vocazioni forti. Lo dico in maniera particolare a voi cresimandi, che ricevendo l’amore di Gesù Cristo e del Padre, siete inviati a portarlo a tutti, a cominciare dalle vostre famiglie, dal vostro gruppo, dai giovani che frequenterete e con i quali vivrete. Siate persone che ardono di amore per Gesù e abbandonano uno stile di vita individualista, votandosi, invece, al dono continuo di sé per gli altri. Solo così la vostra persona profumerà di Cristo, solo così sarete lievito e sale della terra. Non sarete appiattiti e uniformati alla massa. Sarete, invece, visionari di un mondo nuovo.

Che lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, risvegli in voi e in noi adulti la fede e l’amore per il Signore Risorto. Non dobbiamo aver paura di essere testimoni di Lui che cammina con noi, che ci spiega il senso delle Scritture e ci insegna come vivere in pienezza l’amore di Dio. Riconosciamolo nello spezzare il pane. Solo così, riusciremo a condividere la nostra vita, ad essere samaritani. Saremo colmi di gioia e avremo una speranza senza confini! Lo Spirito santo sarà il Consolatore e il Paraclito, che ci confermerà nel suo Amore.

 

                                            + Mario Toso