Domenica 18 febbraio la nostra Diocesi festeggia la Giornata del Seminario. Di seguito un testo del rettore, don Michele Morandi.
«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì Signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del Padre?” Dicono: “L’ultimo” E Gesù disse loro: “In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno dei cieli» (Mt. 21,28-32).
Il primo figlio accoglie subito senza alcuna incertezza e con obbedienza. In verità, come racconta il seguito, non è affatto così. È un “sì” teorico e troppo veloce, sembra che questo “sì” non costi nulla e, di fatto, non è passato attraverso il percorso naturale della lotta, per essere maturo. Ci possono dunque essere dei “sì” mostrati con estremo coraggio che poi crollano. Sono le persone di fronte alle quali nutriamo le più entusiaste speranze. Il secondo oppone un bel “no” che non lascia spazio a equivoci portando una motivazione molto attuale: “non ne ho voglia”. È sincero e con questo “no” dice una cosa importantissima: la proposta del Signore non è necessariamente corrispondente ai nostri gusti, anzi spesso li contraria, apre prospettive nuove che subito provocano paura, sembrano esagerate o incomprensibili.
Questo è ciò che accade nell’incontro tra due libertà, quella di Dio e quella dell’uomo. Senza lotta è difficile che ci sia una adesione sincera e duratura. Non è forse in questo punto che tutti un po’ ci disorientiamo e non sappiamo che pesci pigliare? Non è forse a questo punto che ci rassegniamo e lasciamo perdere? Non è forse nel momento dell’incomprensione e della lotta che dobbiamo stare a fianco e forse lottare anche con noi stessi? Non è quello forse il momento vero della fede/fiducia da riporre nel Dio della salvezza?
Mi viene da pensare a quanti ragazzi e ragazze potrebbero essere aiutati a leggere quel disagio che provano di fronte all’appello del Signore, non come segno di non-vocazione o ancor peggio di non-fede, ma come una tappa necessaria e per di più feconda. Il “no” diventa un “sì” perché nel confronto serrato con il Signore si sperimenta che se la nostra vita non si apre a Dio, nell’amore del prossimo, piomba nel vuoto del non senso. Dedichiamo tempo ai giovani e a chiunque cerchi Dio, perché la ricerca della vocazione possa incontrare adulti disponibili e attenti, testimoni di un Vangelo vero, senza sconti, perché non è avaro Colui che chiama a una vita piena.
Sono sicuramente tanti quelli che dicono: “no, non ne ho voglia!” Tra questi, che sicuramente sono chiamati al discepolato, io non so quanti siano quelli chiamati al ministero ordinato. Penso valga la pena stare dentro ogni “no” per vedere se, per caso, ci sia un “sì” ad andare a lavorare nella vigna.
don Michele Morandi, rettore