[gen 06] Omelia – Epifania

06-01-2024

Faenza, cattedrale Epifania 2024.

La solennità dell’Epifania ci ricorda la manifestazione di Gesù Bambino come Salvatore per tutti. È salvatore universale. Non è venuto per salvare solo il popolo di Israele. Viene a salvare tutti i popoli, rappresentati dai Magi. Nella Lettera agli Efesini viene detto chiaramente che tutte le genti sono chiamate a condividere la redenzione in Cristo Gesù, a formarne lo stesso corpo (cf Ef 3, 5-6). Tutti i popoli sono destinati non solo a rivestirsi di Cristo, ma a vivere Cristo, per annunciarlo e testimoniarlo come Luce. È questa la visione prospettata dal profeta Isaia (cf Is 60, 1-6). La tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli. Cristo costituisce il faro che illumina gli uomini e suscita un popolo nuovo, esso stesso destinato ad essere luce per il mondo.

Nel Vangelo di Matteo (Mt 2, 1.12) si riferisce che alcuni Magi, provenienti da oriente, giungono a Gerusalemme, seguendo una stella, per adorare il re dei Giudei. Rappresentano quei popoli che sono in movimento, alla ricerca del Salvatore. Appena la voce del loro arrivo si diffonde sorge lo scompiglio nel palazzo del re Erode. Si informa presso i capi dei sacerdoti sul luogo preciso della nascita. Chiama i Magi e li invia a Betlemme, incaricandoli di trovare il Bambino, perché anche lui voleva adorarlo. Sappiamo delle intenzioni malvagie di Erode che lo voleva sopprimere. Orbene, i Magi andarono a Betlemme e trovarono il bambino con Maria sua Madre. Si prostrarono e lo adorarono (Mt 2,11). Fermiamoci subito a fare qualche riflessione su questi loro gesti.  Il traguardo della ricerca e del percorso dei Magi è l’adorazione del Bambino. Portando in dono oro incenso e mirra essi cercano Dio. Volevano vedere faccia a faccia il Signore, per amarlo e donarsi a Lui. Ecco l’obiettivo del lungo viaggio di ricerca. Proprio così deve fare la Chiesa. Così dobbiamo fare anche noi, battezzati e cresimati. La prostrazione dei Magi intendeva concludersi con l’iniziare una storia d’amore con Dio, mettendolo al primo posto nella loro vita. Non dimentichiamo che adorare è più che prostrarsi. È flettere il proprio spirito, aprirlo all’amore di Dio. È consegnargli la vita, mettere Dio al centro dei nostri progetti o piani. È farsi discepoli di Gesù e del suo Vangelo. È entrare nel movimento di incarnazione di Cristo nell’umanità per dare inizio ad una nuova creazione. È essere in uscita con Lui e diventare missionari come Lui.

Tutti gli uomini, dai più piccoli ai più grandi sono chiamati ad essere missionari. Noi tutti siamo una missione, sia per mandato di Gesù – «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Gv 20-21) –, sia perché siamo battezzati, cresimati ed eucaristizzati. Battezzati, cresimati, eucaristizzati, i credenti partecipano della vita di Cristo e della sua missione: predicare la buona novella, cioè la venuta del Regno di Dio.

Come ci raccontano gli Atti degli apostoli i primi cristiani erano animati da un desidero incomprimibile di annunciare Cristo, morto e risorto. Non trattengono per sé Gesù Cristo, come un tesoro geloso. Si muovono per incontrare i popoli della terra e portare a loro il lieto annuncio. L’Apostolo scrive: «Mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno» (1 Cor 9,22).

La Chiesa viveva il proprio mandato missionario con ardore. Non era sopraffatta da stanchezza. Trovava sempre energie nuove nell’annuncio di Cristo risorto, nonostante le persecuzioni.

Anche oggi, la Chiesa trova opposizioni, contrasti, persecuzioni. Nelle ultime due settimane, ogni diciotto ore un operatore pastorale è finito in cella in Nicaragua per un totale di diciannove. La caccia del “Natale nero” è cominciata il 20 dicembre con il fermo del vescovo di Siuna, Isidoro del Carmen Mora, catturato insieme ai due seminaristi. La “colpa” imputata è di avere menzionato nell’omelia del giorno precedente il confratello Rolando Álvarez che sconta una condanna a 26 anni per “tradimento della patria”.

Alcuni insegnamenti circa la nostra ricerca e adesione a Gesù Bambino li possiamo ricavare dalla stessa arte della pittura. Sono sospinto a dire questo perché c’è stato un nuovo allestimento nel nostro Museo diocesano. Qui potete trovare una meravigliosa rappresentazione della adorazione dei magi, opera di Marco Palmezzano, pittore ed architetto, che ha operato. Oltre che a Forlì,  anche nella nostra diocesi. Il Palmezzano offre una sua lettura di quanto ci racconta l’evangelista Matteo. Infatti, raffigura i tre re magi come rappresentanti delle tre età della vita: uno giovane, uno adulto e uno anziano. Il Magio più anziano, che più ha camminato, che più è cresciuto nella fede, è il primo che si inginocchia e, levata la corona, adora il vero Re. A contemplare l’adorazione del re Magio più anziano c’è da provare commozione. Chissà se noi più anziani lo imitiamo e siamo capaci di insegnare alle altre generazioni a adorare con la vita il Signore Gesù, rispondendo al suo amore con il nostro amore? La missione non è un momento della vita. Tutta la nostra vita dev’essere missionaria, anche quando siamo sulla sedia a rotelle come erano sulla sedia a rotella i nonni del Santa Teresa che ho incontrato nel pomeriggio di due giorni fa, qui davanti al duomo, mentre erano tra la gente e guardavano con occhi sgranati le luci e ascoltavano i canti natalizi.  Quanta tenerezza nel sentirli dire: io prego sempre per Lei, prego per i miei nipoti e i miei figli perché possano avere vita, salute e tanta fede. I nostri nonni è così che continuano il loro essere missionari.

In breve, tutte le generazioni, secondo quanto suggerisce lo stesso pittore Palmezzano, sono chiamate a prostrarsi e a adorare il Signore Gesù.  Anche i bambini. Oggi, non a caso, è la Giornata dell’infanzia missionaria. Indipendentemente da quando le singole comunità decidono di celebrarla, la Chiesa italiana, mediante Missio Ragazzi mette a disposizione il materiale per l’animazione missionaria dei più piccoli e dei preadolescenti: un manifesto, una proposta di preghiera, alcuni suggerimenti di attività per la raccolta di offerte a favore dei progetti missionari per l’infanzia nei cinque continenti. Con i salvadanai in distribuzione, i bambini possono contribuire al Fondo universale di solidarietà delle Pontificie opere missionarie (che Missio rappresenta nella Chiesa italiana). Con questa iniziativa la Chiesa intende educare anche i più giovani ad essere missionari. 

In questa Eucaristia preghiamo per tutti noi, popolo missionario, per i genitori perché non tardino a formare i figli ad amare il Signore Gesù e a divenirne missionari. Preghiamo per tutti i catechisti e le catechiste, per gli insegnanti di religione, per i nostri nonni.

Facciamoci tutto a tutti, come ha scritto san Paolo, perché i nostri fratelli e sorelle possano vivere Cristo.

                                            + Mario Toso